Anno 2045. Vita sempre più grama sul nostro pianeta. Un’umanità sempre più impoverita, in un mondo sovrappolato, si rifugia nella realtà virtuale. L’immersivo sistema OASIS che consente di esplorare luoghi esistenti solo nei dati ammassati sui server, nei quali i visitatori sono in realtà controparti digitali dei veri esseri umani, chiusi nelle proprie case e collegati mediante occhiali e tute al sistema.
Wade Watts (Tye Sheridan) non è molto diverso dal resto dell’umanità. Passa anche lui più tempo collegato a OASIS che nel mondo reale. Ma ha uno scopo. Cinque anni prima dell’inizio della vicenda il defunto creatore del sistema James Halliday (Mark Rylance), lasciò in eredità un easter egg, ovvero un contenuto nascosto nei meandri del codice, proponendo a tutti gli utenti una sfida: colui che avesse trovato l’easter egg sarebbe diventato il padrone assoluto di OASIS. Questo significa diventare il padrone della prima azienda al mondo, quindi la possibilità di diventare ricco oltre ogni misura.
Ma anche la possibilità di manipolare OASIS, trasforrmarla in una trappola commerciale, piena di sponsorizzazioni alle quali Halliday si opponeva. Per questo, oltre a milioni di solitari gunter (contrazione di egg hunter) sulle tracce del “tesoro” c’è IOI (Innovative Online Industries) la seconda multinazionale al mondo, produttrice dell’hardware con il quale gli utenti si collegano a OASIS, indebitandosi oltre ogni possibilità di riscatto. Il suo CEO Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn) ha a disposizione migliaia di zelanti soldati chiamati “sixers”, un intero dipartimento di studi della vita di Halliday per indagare su tutti i possibili indizi per individuare l’easter egg. Il suo scopo è ovviamente di fare diventare la IOI la prima azienda al mondo, possedendo hardware e software.
Ma se la IOI fosse destinata al successo staremmo parlando di Ready IOI, o Ready Player Sorrento, invece questa è la storia di Wade Watts, alias Parzival su OASIS, del suo piccolo clan di gunter, formato dal suo migliore amico Aech (Lena Waithe), dalla bella e abile Art3mis (Olivia Cooke), il samurai Daito (Win Morisaki) e il ninja Sho (Philip Zhao), un gruppo che passerà alla storia come gli Altissimi Cinque.
Questa è la storia che inizia quando Parzival ha l’intuizione giusta che gli consentirà di trovare la prima di tre chiavi destinate ad aprire la porta verso l’easter egg.
Una storia tipica se vogliamo, il viaggio di un eroe verso il suo destino.
Tye Sheridan, da anonimo Player One, inizia il suo percorso di consapevolezza, quando entra in classifica. Perché nei videogiochi arcade degli anni '80 se non entravi nel tabellone non eri nessuno.
Come spesso accade, la differenza non è in quello che viene raccontato, ma nel come. Adattamento dell’omonimo romanzo di successo di Ernest Cline, qui co-sceneggiatore insieme a Zak Penn, Ready Player One diretto da Spielberg è un viaggio dell’eroe misto a storia di formazione, canonico nella struttura narrativa. La trama non presenta sorprese quindi nel suo epilogo. Sappiamo che Wade Watts è l’eroe che deve arrivare al tesoro, conquistare l’amore della ragazza, il rispetto degli amici e il suo posto nel mondo. Ma i passaggi che portano a questi obiettivi fanno la differenza, insieme alla suggestiva ambientazione.
OASIS è un omaggio alla cultura popolare degli anni ‘80. Un contenitore che mescola cinema, videogioco, manga, anime, comics e letteratura. Un parco di divertimenti anche per noi che guardiamo il film, nel quale interagiscono come in una immensa scatola dei balocchi personaggi che provengono dai più disparati immaginari.
La vicenda riesce a mescolare tutto in modo logico e coerente, strizzando evidentemente l’occhio a quelle generazioni che su quell’immaginario si sono formati, ma anche a costruire una vicenda capace di appassionare anche oggi proprio perché appoggiata al più universale dei canovacci.
Spielberg, che del romanzo di Cline è esplicitamente una fonte, riesce a evitare l’autocitazionismo, preferendo attingere a fonti affini ma non identiche, dimostrando di saper padroneggiare il linguaggio cinematografico delle moderne tecnologie. Una capacità di stare sulla breccia non da poco per l’ultrasettantenne regista, capace quindi sul fronte visivo di alzare la sua stessa asticella.
Il citazionismo non è fine a se stesso perché, a differenza di alcuni pur pregevoli prodotti di questi anni, Spielberg inserisce l’immaginario anni ‘80 in un action girato come si fa oggi, e non come si faceva ieri, come allo stesso modo ha fatto George Miller con il suo recente Mad Max.
A contribuire inoltre alla costruzione della giusta atmosfera sono le musiche di Alan Silvestri, anche queste non banali rimasticature di temi d’epoca ma funzionali al racconto odierno, sia pure completate da inside joke per cultori.
Tanto altro si potrebbe dire sulla messa in scena, come lodare per esempio la fotografia che trasporta all’istante dal piano del mondo reale a quello di un mondo virtuale, la strabiliante precisione del motion capture, ma da una produzione di questo budget diretta da Spielberg non ci si poteva aspettare di meno.
In conclusione, Ready Player One è un film di fantascienza young adult stratificato e non banale, che non perde mai la bussola del divertimento, assicurando oltre due ore e mezzo con pochissime soste che scorrono in un lampo.
5 commenti
Aggiungi un commentoFaccio una domanda magari Emanuele lo sa... a parte che con la frase finale "è un film di fantascienza young adult" mi hai un pò demoralizzato... volevo sapere, dai trailer compaiono una marei di personaggi o riferimenti a decine di altre opere che variano dai film ai videogames ecc... ma l'autore di questo film deve pagare qualche royalties?
Il fatto che i protagonisti siano YA non deve demoralizzare imho. Se una storia è ben scritta non importa l'età dei personaggi.
Per quanto riguarda la faccenda royalties, sulla quale mi posi il dubbio anni fa nella mia recensione del libro (già all'uscita i diritti sul romanzo furono opzionati), la risposta si trova in un precedente articolo, nel quale il produttore ha spiegato come è stato risolto il problema.
http://www.fantasymagazine.it/25018/ready-player-one-e-un-film-perfetto-per-steven-spielberg
Grazie... letto i due articoli precedenti. Immagino comunque che il nome Steven Spielberg abbai aperto porte ad altri precluse.
Film carino, "di maniera" si diceva una volta. A parte una scena, se avete visto il film capite subito quale, Spielberg si limita al compitino.
Avendo letto il libro capisco perché abbiano dovuto sfoltire il plot, ma si è perso tutto ciò che lo rendeva caratteristico. Il libro trasuda nostalgia per tutto ciò che caratterizzava gli anni '80, è sia ciò che sostiene la trama, sia quello che vivono i protagonisti, non un allestimento scenico: che è quello che riesce a essere portato in scena benissimo da Stranger Things. Una nostalgia funzionale alla trama che nel film manca totalmente.
Visto ieri sera.
Io mi sono divertita da pazzi e penso che adesso prenderò il libro
Concordo sul fatto che S. abbia limitato l’autocitazionismo, si sente fortissima la mancanza del caro dottor Jones.
Trovo adorabile, anche se credo sia del tutto involontaria, le forti citazioni di Star Trek e la presenza del mio Scotty preferito, Simon Pegg
DiVega anche E.T. era un film di fantascienza young adult e che vogliamo dire dei Goonies? Il fatto che noi invecchiamo non significa che il prodotto sia peggiore
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