Med-Fantasy o narrativa fantastica di ambientazione mediterranea? I primi fantasy mai scritti in Italia si possono ascrivere a Gianluigi Zuddas e Giuseppe Pederiali. Zuddas, autore di Amazon e Balthis l'avventuriera, porta in scena un mondo mediterraneo del passato (in Amazon) o del futuro (in Balthis l'avventuriera), nei quali i popoli si mescolano, le culture si influenzano e le caratteristiche tipiche dell'area attorno al mare nostrum danno il “la” a questi romanzi godibili in ogni pagina, dotati di una scrittura raffinata e sapiente. Questi primi romanzi fantasy italiani non sono in nulla debitori ai grandi fantasy stranieri.
Lo stesso dicasi per Pederiali, che con le sue Città del diluvio mette in campo delle storie narrate con caratteri ancor più marcatamente italiani, ambientando la sua favola culturalmente ricca in un mondo a cavallo del Po degno di grandi ricostruzioni fiabesche, quali gli attuali romanzi di un Neil Gaiman o le narrazioni metalinguistiche di Tim Burton.
Successivamente a questo exploit fantasy tutto tipicamente italiano, la via “mediterranea” è stata abbandonata per romanzi che si rifacessero di più a una narrazione storico-fantastica, o tutt'al più storica con pochi elementi fantastici.
Dopodiché, il vuoto.
Una macchina che è entrata in funzione rombando originalità e sfornando piacevoli romanzi si è velocemente esaurita in un'agonia durata una decina d'anni, salvo poi ricominciare a carburare quando Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien e Harry Potter di J.K. Rowling hanno cominciato a divenire appuntamento fisso al cinema. È stata quella l'occasione per riscoprire un genere che molto ha da donare a chi si lascia trasportare con l'intera vita nelle possibilità del simbolo e dell'immaginazione.
La rinascita c'è stata anche in Italia, seppur tardiva, e solo da tre anni a questa parte il fantasy vende e se ne parla sempre di più. Pur non mancando segnali anticipatori come i romanzi di D'Angelo e della Redivo, tuttora considerati antesignani nobili di una narrativa che si sarebbe diffusa maggiormente solo dopo, la produzione italiana non è decollata che a partire dal 2003, in buona parte grazie al fenomeno Licia Troisi. Inutile dire che il fantasy italiano si sia trovato – in questa nuova fase – totalmente separato dai suoi “avi” degli anni '70, come se fosse rinato da zero e senza considerazione per una via italiana che pure era stata indicata.
Reperito in rete un termine che poteva designare una via non solo italiana ma, più ampiamente, mediterranea,
Fabrizio Valenza ha cominciato a utilizzare la definizione di med-fantasy a partire dall'inizio del 2007, trovandola corrispondente al mondo fantastico da lui creato e basato sulle leggende della Lessinia, dell'Italia del Nord ma anche del Vicino Oriente Antico, e che ormai era vicino a proporre, prima via download tramite internet e in seguito attraverso la carta stampata, col titolo di Storia di Geshwa Olers. L'idea di poter dare una fisionomia più tipicamente italiana (con i suoi complessi rimandi a una realtà immaginifica più larga e relativa a tutto il mediterraneo) è maturata nel tempo a diversi livelli e in differenti scrittori. Antonia Romagnoli è un'altra autrice che non ha esitato a teorizzare, direttamente nella prassi tramite l'opera da lei presentata col titolo generale di La saga delle Terre, una narrazione che si riagganci a personaggi realmente esistiti in Italia e che fanno della loro muoversi nel mondo alchemico (vedi Raimondo di Sangro) la porta per entrare in un mondo fantastico tutto peculiare. Un esempio ulteriore si ha, inoltre, con un romanzo di Riccardo Coltri, quel Zeferina nel quale si presenta una storia ambientata nel Regno d'Italia e che non si vergogna di fare delle leggende italiane l'humus immaginifico nel quale si sostanziano le sue pagine. Che dire poi di Pan di Francesco Dimitri?
Tanto insistere su una “via mediterranea” al fantasy nostrano non ha lasciato indifferenti, tant'è che in breve si è cominciato a discutere in vari forum o su siti letterari particolarmente attenti al fantasy di questa possibilità narrativa. E qui nascono i primi problemi.
A ben vedere, la difficoltà che a volte è parsa insormontabile sta proprio nell'errato presupposto di dover definire a tutti i costi il contenuto di un genere, laddove il genere sarebbe il “med-fantasy” e il contenuto “qualcosa da cui non si può prescindere” se si vuol far rientrare un romanzo nel detto genere. Varie discussioni si sono fatte in più sedi, con il grosso rischio di rimanere puramente accademiche. Su cosa si intenda per “med”, se debba comprendere solo leggende italiane, o del mediterraneo settentrionale o anche del mediterraneo meridionale; se poi non corra il rischio di ridursi a un “lega nord-fantasy” nel momento in cui fa riferimento solo a racconti del nord-Italia; per approdare, poi, a confronti surreali in cui si pensa di poter includere nel fantasy italiano La Divina Commedia o La Gerusalemme Liberata!
49 commenti
Aggiungi un commentoMi trovate perfettamente d'accordo sul discorso dei generi. Per natura, io il genere non so cosa sia! Per me già suddividere tra fantasy e fantascienza è un creare suddivisioni che sono utili solo per orientare qualcuno che ha bisogno di essere orientato, e basta!
@Giuseppe D'Adamo: se ho visto polemica dove non c'era, chiedo scusa. Però non capisco che c'entri il cristianesimo con quanto si è detto nell'articolo.
Dici estrema secolarità della nostra società? Non sono poi così d'accordo. Il cristianesimo è molto più profondo di quanto non si immagini e permea il nostro modo di pensare.
C'è uno scrittore, Giuseppe Genna, che una volta mi ha detto che secondo lui addirittura il fantasy è "per definizione" nascente dal misticismo cristiano. Ora, non sono totalmente d'accordo con questa affermazione, ma in parte incontra la mia condivisione.
Fabrizio
Non sono del tutto d'accordo, Fabrizio ^__^
Una cosa è non gradire classificazioni un'altra è pensare che non esistano. Personalmente non dò molta importanza ai generi, mi piacciono le "cose" ibride, e credo che per prima venga l'ispirazione dell'autore; però a volte si usano definizioni per una necessità di comunicazione. In questo senso esistono i generi, imho, che sono peraltro schemi virtuali fatti a posteriori, e come tali devono essere considerati.
Io sostengo, rifacendomi a Mièville: "il fantastico travalica continuamente i propri confini". E, aggiungo, i confini hanno un motivo estemporaneo, e sono utili a seconda di come vengono usati.
Assolutamente condiviso dal sottoscritto.
Ma questo non contraddice in nessuna maniera lo spirito dell'articolo redatto da Fabrizio, Antonia e Francesca, né l'apprezzabile lavoro di recupero di tradizioni nostrane al servizio di un background narrativo.
Fintantoché non passa il messaggio (come non è, per chiara ammissione, nelle intenzioni degli autori) che se in Italia non va così, allora parliamo sempre e comunque di mero scopiazzamento.
Esattamente, questo è il punto fondamentale, secondo me: l'hai detto bene, schemi virtuali fatti a posteriori, e come tali devono essere considerati.
E' vero che possono servire per comunicare con maggior chiarezza, tuttavia mi sento di dire che - per esempio - i generi misti possono creare spaesamento o essere poco apprezzati proprio per questo motivo: ci si aspetta che una cosa sia così e non in altro modo, ma penso che questo possa andare a detrimento della libertà espressiva e dell'immaginazione per chi considera la immediata comprensione da parte dei lettori un punto fondamentale. In che senso? Ci sono dei lettori che non riescono ad apprezzare un romanzo o uno scritto che commistiona i generi innanzitutto perché non sono in grado di incasellarlo. Esattamente questo, secondo me, è il rischio di continuare a parlare di generi.
Il genere è utile per poter comprendere, in sede di riflessione culturale, con cosa si ha a che fare, ma se diventa un occhiale per il lettore, il più delle volte può creare problemi. E' per questo motivo che ho tenuto subito a chiarire che quando "io" parlo di "fantasy di ambientazione mediterranea" non intendo un genere (cosa peraltro assolutamente lecita e possibile per altri) ma solo una modalità espressiva che parte dal tipo di background culturale che un autore si porta dentro, per lo più in maniera consapevole.
Ovvio che un lettore ha i suoi gusti e sceglie in base ad essi. Non si può accontentare tutti, e nemmeno si deve, io credo. Un lettore deve essere libero di muoversi tra i generi. Ma nel momento stesso in cui tu dici "fantasy di ambientazione mediterranea", poni le basi di un sottogenere. Con molte limitazioni, anche, per chi legge solo la definizione e non si ferma a pensare sul suo effettivo significato. Si potrebbe intendere: ambiento a Pian del Quercione e ci metto la corte Unseelie.
Comunque, la tua scelta di puntare sull'ambientazione è più che legittima, come lo è quella di qualsiasi autore, anche se nel tuo romanzo ho trovato elementi fantasy che vanno oltre. Poi, che tu possa trovare la definizione Med fantasy troppo restrittiva, non lo discuto. Ma tu hai fatto una cosa molto simile, che imho differisce nelle parole e non nel contenuto.
Ci sarebbe anche da vedere cosa è per te esattamente l'ambientazione, ma non voglio andare troppo sul sofistico.
In ogni caso, l'ambientazione mediterranea è un'interessante via sperimentale, imho.
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