Un aggettivo per questo numero? Violento. Tanto, probabilmente come non era mai accaduto prima nelle avventure di Kick-Ass. Un secondo numero (di quattro) caratterizzato dalle spregevoli performance dei cattivi, capitanati da Red Mist, che nel frattempo ha pensato bene di cambiare nickname in The Mother Fucker.
Mark Millar (testi) sfoggia tutta la sua crudeltà di sceneggiatore in un vortice intensissimo di scene d’azione, coadiuvate ovviamente dalle matite di John Romita Jr. Dopo la presentazione, nel primo numero (17361/kick-ass-2-1/), della Justice Forever (il team di supereroi buoni), questa volta tocca ai cattivi; rispunta quindi la brutta faccia mascherata di Red Mist -vecchia conoscenza di Kick-Ass e della terribile Hit-Girl - figlio dell’ex boss cittadino sconfitto proprio dal nostro eroe in tuta verde e gialla e dalla piccola ninjia. Il cattivone entra in scena accompagnato da Madre Russia, ex guardia del corpo di Vladimir Putin che ritroveremo anche nel secondo film della serie, ormai prossimo alle riprese e diretto da Jeff Wadlow. E poi… E poi c’è davvero poco altro da raccontare. Un intermezzo giustificato, necessario, che mette in subbuglio l’universo alternativo orchestrato da Millar. Niente sorprese, dunque, a parte un colpo di scena sul finale che non sveliamo.
Sul fronte tecnico perde un po’ di appeal la regia, un po’ scontata e prevedibile, statica, se paragonata allo sfavillante e intenso #1. Evitabili alcune scene. Perché, caro Millar? La criticata tavola in cui Red Mist spara in pieno volto a un gruppo di bambini ammazzandoli senza pietà è un pugno nello stomaco. Non da meno le altre vignette, punto focale di una storia che promette scontri ancora più brutali. I dialoghi rimangono brillanti e originali, anche se offuscati dalle batoste dei cattivi risaltate dalla dinamicità del tratto di Romita, sempre su ottimi livelli.
C’è qualcosa che bolle in pentola, è evidente. Sia il lettore che Kick-Ass aspettano il ritorno Mindy McCready nei panni di Hit-Girl, pronta a scatenare tutta la sua rabbia e a lasciarsi alle spalle la monotona vita da bimba ubbidiente.
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