Due fratelli affiatati, un amico per la pelle. La deliziosa moglie di uno dei tre, un mondo vasto, pieno di promesse e incognite. Un'esplosione misteriosa, poteri immensi. Un eroe... forse un atto divino, e la vita dei quattro diventa imprevedibile, strana, meravigliosa.
Qualcosa però non quadra...
In realtà è molto a non quadrare in questa miniserie firmata da John Arcudi e Peter Snejbjerg sul tema, abusatissimo, del superuomo. Infatti, dietro un titolo originale molto più suggestivo di quello italiano (A God Somewhere, “Un dio da qualche parte”) e una bella cover che riassume in modo efficace il tema principale del racconto, non resta gran che dopo una lettura piena di attese. Già anni fa qualcuno aveva scritto che il giocattolo Vertigo, così splendido agli esordi, si era usurato. Il meccanismo ormai noto ai giocatori non procurava più le sorprese degli inizi, e si andava arenando su una ricetta prevedibile, a tratti piacevole come i biscotti della nonna, ma con guizzi sempre più rari di vera originalità. Bene, questo Dio in terra sembra dirci, mestamente, che tra gli ingranaggi si è ormai accumulata troppa ruggine e il meccanismo ha preso a produrre un rumore stridente.
Pur condotto da John Arcudi in modo non spregevole e con un senso del ritmo da manuale, Dio in terra soffre (e tanto) per i molti (troppi) debiti a opere sul medesimo argomento, spesso di qualità superiore, sia pure non di moltissimo. Fa sorridere lo strillo firmato da Dennis O'Neil che accompagna il volume in quarta di copertina: «E' la nostra prima vera tragedia supereroistica...»
Peccato che prima ancora di arrivare a metà racconto, Dio in terra inizi a zoppicare, e a cannibalizzare un canovaccio ormai stantio, dando la sensazione di trovarsi davanti a un dozzinale Chronicle cinematografico (a sua volta debitore ad Akira di Otomo) e alle efferatezze superomistiche già viste (e meglio) sulla serie Powers di Brian M. Bendis e soprattutto Irredeemable di Mark Waid.
Se Mark Waid su Irredeemable (serie ormai conclusa) illustrava la graduale frustrazione, l'isolamento e la collera psicotica del suo potentissimo protagonista, nella storia firmata da John Arcudi si procede a scatti, senza vere giustificazioni né maturazione psicologica. In sostanza, quel che viene chiesto al lettore è un puro atto di fede. Fede non nello spiritato Eric, ma nel dio Fumetto, che fa e dispone (secondo alcuni), infischiandosene beatamente di tutto e tutti pur di consumare la sua mera valenza commerciale.
Una lettura che potrà magari esaltare i giovanissimi, e introdurli alla scoperta di classici del fumetto di caratura più consistente. Rivoluzioni fumettistiche, sperimentazioni e innovazioni non sono da cercare tra queste pagine.
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