Chi è il “vampirologo” Tommaso Braccini?
Dopo essermi laureato in letteratura greca a Firenze, ho conseguito il dottorato a Siena, dove ho potuto approfondire lo studio antropologico del mondo antico grazie a Maurizio Bettini, e la conoscenza di quello bizantino con Silvia Ronchey. Da pochissimo sono entrato in servizio presso l’Università di Torino come assegnista di ricerca, sempre nell’ambito della letteratura greca.
Lingue antiche e studio dei vampiri, quali legami?
Una conoscenza del latino e del greco sicuramente è fondamentale per poter analizzare di prima mano le testimonianze più antiche su questa credenza e, cosa ancor più fondamentale, per poterle tradurre e spiegare, rendendole così accessibili anche a un pubblico ampio. Se poi si vuole spingersi ancora oltre, cercando di capire perché si sviluppano certe credenze e qual è il sistema di valori e l’ “enciclopedia culturale” nella quale prendono vita, allora è indispensabile il ricorso all’antropologia.
Come nasce Prima di Dracula?
Il libro nasce da una constatazione e da un interrogativo. La paura che i cadaveri “anomali” (che al momento dell’apertura della tomba apparivano inalterati, se non molto più floridi di quando erano in vita) in realtà non fossero affatto morti, ma la notte girassero per danneggiare e terrorizzare i vivi, compare e ricompare in molti luoghi. Per esempio, è ricordata in resoconti inglesi del XII-XIII secolo e soprattutto nelle saghe islandesi. In queste zone, però, la credenza finisce presto per scomparire, mentre in Grecia, nei Balcani e nell’area dell’Europa orientale si superano senza problemi i confini del medioevo e si arriva sin quasi ai nostri giorni. Perché questa persistenza?
Cosa ci dici?
Il punto è che, prima nell’impero bizantino, e poi nelle terre che raccolsero la sua eredità, si andò formando un vero e proprio brodo di coltura favorevole dapprima all’insorgere e poi al perpetuarsi di paure di questo tipo. La pratica di disseppellire i morti relativamente poco dopo la sepoltura, per trasferire i resti in un ossario, faceva sì che si reperissero abbastanza spesso cadaveri anomali. L’integrità di questi corpi veniva attribuita al diavolo, che li avrebbe rianimati, o alla scomunica. Per rimediare a quest’ultima, e dare così la pace al morto, erano necessarie cerimonie particolari e piuttosto costose: non meraviglia che certi ecclesiastici avessero finito, per proprio tornaconto, per soffiare sul fuoco di questo timore.
Che impressione ti ha fatto lavorare su un tema così affascinante?
Il vampiro, alla fine, risulta sempre un vero e proprio catalizzatore di interesse. In questo libro cerco di ricostruirne soprattutto “la storia” sulla base di precise testimonianze d’epoca, ma alla fine, naturalmente, emergono anche “le storie”, che spesso si rivelano quasi più affascinanti e sconvolgenti di quelle cui ci hanno abituato i romanzi. Oppure ambientate nei luoghi più inaspettati: benché in Italia non si possa parlare di vampiri veri e propri, infatti, alla fine del ‘400 c’erano diverse storie sui revenants, cadaveri che tornavano dalla tomba, incentrate intorno alla città di Siena. In particolare si raccontava di un uomo che, pochi giorni dopo essere morto, tornò dalla giovane vedova “con un aspetto bellissimo, molto più di quando era vivo”. Sembra il preambolo di una storia romantica quasi sul genere di Twilight, ma l’epilogo è molto meno gradevole: la madre del morto, accortasi di quanto stava accadendo dopo aver spiato da una fessura, pensò bene di chiamare un frate. Quest’ultimo accorse con un’ostia consacrata ed il diavolo, che rianimava il corpo del defunto, fuggì, lasciando sotto gli occhi di tutti solo una carcassa pullulante di vermi.
In proposito, pensi che ci sia un collegamento tra l’archetipo vampirico e il successo del vampiro moderno? Se sì, in cosa consiste?
In effetti oggi, più che mai, il vampiro è sulla cresta dell’onda. Certo, siamo veramente lontanissimi dalle tradizioni folkloriche che circolavano in Grecia e nei Balcani, ma in fondo è proprio la possibilità di ricreare e reinventare continuamente questa figura che ne spiega il successo ininterrotto dal 1732, il cosiddetto “anno dei vampiri”, quando tutta l’Europa fu invasa da trattati e opuscoli che trattavano questa sconvolgente novità appena giunta dalle remote frontiere orientali dell’impero asburgico. Probabilmente gli oscuri funzionari che mandarono le loro relazioni alla corte di Vienna neppure immaginavano che avrebbero innescato un processo di cui ancor oggi, dopo quasi tre secoli, si sentono le conseguenze!
Grazie a Tommaso Braccini e in bocca al lupo con Prima di Dracula.
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