Qual è il tuo genere di fantasy?
Prima di rispondere alla domanda vorrei ringraziare la redazione di Fantasy Magazine per questo spazio e salutare i lettori.
Adoro la mitologia – e non mi limito a quella greca – poi il ciclo bretone e Beowulf. Il paese dove abito ha per patrono San Giorgio, il leggendario cavaliere che sconfisse il drago, e fin dall’infanzia ho sempre avuto una mezza cotta per lui. Con un tale background, le mie aspettative in merito a storie con maghi, draghi e cavalieri sono per ovvi motivi dannatamente alte ed è difficile che mi coinvolgano, almeno nel settore della narrativa scritta. Talvolta le guardo in TV o al cinema, però devono essere proprio sconvolgenti (leggi: inaspettate) per incollarmi. Si dice che si ami leggere quel che si ama scrivere e forse è vero. Al momento mi sto interessando al fantasy contemporaneo, ma non quello da intrattenimento. Prediligo le storie capaci di accendere il mio sense of wonder e continuare ad alimentarlo anche dopo la parola FINE, spronandomi a “fantasticare” su chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Inoltre, non sono una purista a tutti i costi; ritengo che la commistione dei generi, ben fatta, possa ampliare le possibilità narrative di una storia e offrire nuove esperienze al lettore.
Cosa ti ha colpito di più del progetto "Urban Fantasy Heroes"? E perché secondo te è una saga interessante quanto vincente?
Mi ha colpito fin dal primo episodio, grazie all’idea dei demoni annidati nei dispositivi elettronici, al tono ironico che accompagna situazioni tragicamente assurde.
Fumetto o realtà?
Come ogni programmatore in forza presso le famigerate aziende “body rental”, mi è capitato di interrogarmi sulla vera natura del mio lavoro: mi sono sentita definire “maga”, ho visto clienti accogliermi con una reverenza mistica – quasi fossi la vestale di una religione sconosciuta – e, in seguito, attendere trepidanti mentre “curavo” quello che per loro era un sistema “posseduto”.
Sono aneddoti che strappano un sorriso, ma fanno pensare.
Oggi adoperiamo di continuo apparecchi facili da usare – telecomandi, cellulari, lettori DVD – senza doverci preoccupare di conoscere a menadito i complessi principi fisici su cui si basa il loro funzionamento. Siamo interessati al “cosa” e ignoriamo il “come”, ma a furia di trascurare il “come”, man mano che la tecnologia avanza, i meccanismi dietro le macchine assumono connotati più affini alla magia che alla scienza. Almeno dal punto di vista della massa.
Nei demoni di Urban Fantasy Heroes, io rivedo questa nostra paradossale alienità alla tecnologia, il disinteresse verso la scienza da parte della massa che, sollevata dall’indagare quel “come”, insegue il “perché” e si volge all’irrazionale.
Basta pensare a quante persone, anche laureate, credono alle bufale o vanno dalle cartomanti.
La caratteristica vincente, a parer mio, sono i supereroi dal volto normale. Gente ordinaria, senza maschere o mantelli, si ritrova a gestire poteri magici, ma oltre a salvare il mondo, deve barcamenarsi con i problemi quotidiani. Chi non ha mai desiderato riavere con un gesto l’amore perduto o far sparire la coda di persone allo sportello della posta?
Sono vari i prodotti, letterari e non, che seguono la stessa corrente da anni, ma il fatto che in questa saga ogni episodio sia scritto da un autore diverso e ambientato in una città diversa permette di comporre un ricco mosaico, attingendo a leggende e tradizioni, italiane e straniere, che altrimenti resterebbero sconosciute.
La tua esperienza di editing.
Tranquilla e istruttiva, sono stata diretta con competenza e gentilezza.
Uno dei motivi per cui ho voluto partecipare alla saga era proprio perché avevo letto molto bene di questa fase. Essendo anch’io editor sapevo quanto fosse importante il confronto e lo scambio reciproco, per offrire ai lettori un buon prodotto. Per dirla in breve, ero pronta a riscrivere intere scene daccapo. Per fortuna le modifiche necessarie per adattare l’episodio alla saga sono state minime e c’è sempre stata grande intesa sulle azioni da intraprendere.
Quanto incide la tecnologia nella vita di ciascuno?
Tanto, troppo. La nostra civiltà è tecno-dipendente, soprattutto dai computer e da Internet. Ci stiamo spingendo verso una società connessa ventiquattro ore al giorno. Spostandomi in treno, noto sempre più viaggiatori assorti a leggere il giornale con lo smartphone; disdegnano le quattro chiacchiere col vicino di posto, ma le scambiano con la persona aggiunta il giorno prima su Facebook, che magari abita dall’altro lato della Terra.
Dopo millenni a fare le monadi, stiamo allargando la nostra consapevolezza, esplorando l’umanità, stiamo progredendo verso quell’organismo collettivo, Gaia, di cui parlava Isaac Asimov.
Tuttavia la tecnologia che abbiamo sviluppato, intesa quale complesso delle macchine inventate dall’uomo, mi sembra drammaticamente sbagliata. Una civiltà la cui tecnologia ha come effetto collaterale l’esaurimento delle fonti di energia, il danneggiamento degli ecosistemi, l’estinzione di svariate specie, oltre alla regressione intellettiva di quella che l’ha creata, non può credere di essere sulla strada giusta.
Senza troppi spoiler, ci parli del tuo racconto?
Napoli entra nella saga con il suo carico di leggende e la sede locale della Pandora. Il protagonista, Gianluca, è un ragazzo dagli affetti precari e l’autostima sotto i piedi.
Nonostante ciò non mi ha impietosita. Da un grande potere derivano grandi responsabilità, perciò aspettatevi una storia senza esclusione di colpi, nel bene e nel male, dove se ne vedranno delle belle anche in merito alle magie che sfodereranno i personaggi.
Ad affiancare il giovane, individui variegati, alcuni legati al suo habitat sociale, altri sfuggenti. Come lei, la donna ammaliante cui si riferisce la copertina.
Date le premesse della serie, quel personaggio non poteva assolutamente mancare e sono certa che la sua insolita tecnica per realizzare gli incantesimi piacerà a molti.
La vicenda si svolge a luglio, in un momento precedente alcuni eventi della prima stagione, e si concentra in una manciata di ore, ma saranno intense e… molto calde.
Ne approfitto per tranquillizzare i lettori: chi ancora non conosce “Urban Fantasy Heroes” apprenderà insieme al ragazzo quello che serve per familiarizzare con la serie.
Da dove nasce l'idea del tuo racconto?
La città al centro della storia non poteva essere che Napoli. Ci abito vicino e il suo patrimonio di leggende offre così tanti spunti che c’era solo l’imbarazzo della scelta.
Per quanto riguarda il potere del mio supereroe, l’idea l’avevo già varata tempo fa in un racconto breve e la stavo sviluppando. Quando ho letto il primo episodio di U.F.H. ho pensato che si sposava bene con la serie.
Mi sono infine messa al lavoro, battendo il mio record di velocità, perché nonostante la vicenda fosse articolata, è venuta giù in pochi giorni, tuttavia ho atteso di leggere qualche altro episodio per capire se stavo andando nella giusta direzione e fare eventuali ritocchi.
Il tuo racconto rispecchia questioni di rilievo sociale? Se sì, ce ne parli?
Tutte le mie storie, perfino nei momenti ironici, trattano questioni serie, tra le righe. In questo caso si parla di manipolatori e incomunicabilità tra i sessi.
C’è una grande mancanza di empatia tra la gente, che porta a vedere nell’altro da sé non un essere umano dotato di diritti e sentimenti, bensì un nemico da prevaricare oppure una risorsa da manovrare con qualsiasi mezzo a disposizione, che sia il denaro, il sesso o il miraggio di un lavoro sicuro. Il potere, magico o reale, unito alla miseria, morale o economica, può sedurre e corrompere chiunque.
Quali elementi pensi di avere aggiunto alle dinamiche della saga?
Alle due fazioni della Pandora, introdotte nella prima stagione, si aggiunge il terzo incomodo, con l’arrivo di alcuni personaggi chiave. Le rivelazioni alle quali assisteremo, qualcuna scioccante, raffineranno le regole di questo universo e forniranno le risposte ad alcune domande aperte durante la prima stagione.
Chi intende partecipare alla saga troverà spunti creativi disseminati nella storia, mentre per i personaggi presentati finora si scorgerà un potenziale inquadramento nel disegno collettivo.
Quali consigli daresti a coloro che partecipano alla saga?
Innanzitutto leggere gli episodi usciti finora, questo incluso, in maniera da farsi un’idea della saga e del pubblico cui è destinata, della direzione che sta prendendo la serie.
Poi spulciare le leggende cittadine e i libri di mitologia, perché è lì che è nato il concetto di storia. Infine, cercare la magia che dorme in ogni persona o professione e tirarla fuori.
Progetti per il futuro?
Diversi all’orizzonte. Per il secondo anno consecutivo sarò presente in un’antologia di racconti su Napoli, insieme ad altri autori: si tratta di un interessante progetto che nella sua prima edizione è stato molto apprezzato e ha avuto testimonial d’eccezione, come Luciano De Crescenzo e Bud Spencer. Uscirà in autunno.
Altri progetti, nell’ambito del fantastico, sono in fase di definizione. Varie storie scalpitano per uscire; alcune sono già arrivate presso chi di dovere, altre sono in fase di stesura.
Senz’altro mi sentirete ancora.
Vi ringrazio di nuovo per la piacevole intervista e mando un grosso saluto ai lettori di Fantasy Magazine.
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