"Sei umano o disumano?" [Le Colpe dei Padri - F. Clun]
La megalopoli distopica che tutto avvolge e stritola nelle sue spire è un tema affascinante, ieri come oggi. Da Metropolis a Sin City, dalla Londra di Orwell alla New Crobuzon di Mièville - passando per lo sprawl cyberpunk e gli incubi post-apocalittici di Alan D. Altieri - la Città si rivela non solo un universo parallelo spesso interfacciato al nostro, ma soprattutto una matrice di infiniti mondi possibili.
Se metropoli è sinonimo di entità sinistra e senziente, le creature che la abitano non sono da meno, umane o ultraumane, “normali” o “diverse”: in questo, l’elemento fantastico trova un nido ideale e costruisce la nicchia specifica dell’urban fantasy.
Sanctuary è una di queste città.
Il "Progetto Sanctuary" nasce da uno schema antologico e arriva appena prima di un romanzo a episodi. Il prologo e l’epilogo di Luca Azzolini - un racconto diviso a metà - racchiudono, indirizzano e giustificano dodici storie sicuramente fantasy ma anche gothic-noir, in cui due realtà si combattono quasi sempre senza quartiere: gli accoliti di un’organizzazione chiamata Loggia, principalmente umani, contro tutto ciò che umano non è.
Streghe, vampiri, creature angelico – demoniache e antiche divinità sono l’incarnazione del monstrum vel prodigium a cui si contesta il diritto di sopravvivere. L’imput del prologo e dell’epilogo è teso verso un’immagine tutto sommato utopica: Sanctuary è un “globo senziente” dai mille volti, che decide di ristabilire un equilibrio perduto narrando storie e risvegliando nel più indifeso dei suoi figli - Raj, il ragazzo unicorno - la consapevolezza della propria identità; attraverso la simbologia evocativa di un circo – bestiario, di fate senza più ali e della magia arcana dei tarocchi il messaggio di rinascita arriva forte e chiaro. E di rinascita c’è davvero bisogno, considerando le realtà descritte nei racconti.
L’ambientazione urban fantasy lascia ampio spazio all’immaginazione degli autori, e questa libertà d’azione è alla base del progetto: torri scintillanti e inferni sotterranei, malavita e leggende metropolitane, banlieu e luoghi da sogno, esseri luminosi e creature mutanti, magia e computer. Non manca nulla.
Tuttavia, per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi, i racconti presentano nel complesso una linea ispirativa se non dominante sicuramente ben rappresentata. Il lato oscuro che presso altre culture ha reso protagonisti draghi e orchi, elfi e maghi, licantropi e vampiri, quali strade ha scelto da noi per manifestarsi? Una di queste vie passa sicuramente per Sanctuary.
Redenzione di Antonia Romagnoli rappresenta l’interpretazione più diretta del tema centrale contenuto nel Progetto Sanctuary: il “normale” contro il “diverso”, una storia di sterminio efficace e spietata, senza astuzie sottili o magie eclatanti.
I modelli del fantasy classico non mancano, anche se “modificati”: nani, draghi e streghe lavorano come schiavi in fonderie da incubo che producono leghe magico - metalliche [La fabbrica delle Leghe Perfette – Solomon Troy Cassini]; vampiri, mannari e goblin si scoprono detective in I Passi della Sera, il racconto velato d’ironia di Fabiana Redivo; divinità millenarie non disdegnano una love story con umane dedite all’introspezione [Foresta Perduta di Egle Rizzo]; un mito molto autoctono è presente nel Ditirambo di Samarat [Michele Giannone].
Eppure ciò che maggiormente affascina e ispira gli autori del novello fantasy italiano sembra essere un’immagine antica quanto la religione dominante, attuale quanto le ombre del nostro io più profondo: angeli e demoni, l’inferno e i suoi custodi, il diavolo e i suoi seguaci. Un retaggio apparentemente sepolto, ma molto vitale nel venire alla luce qualora se ne presenti l’occasione.
Punta di diamante in questo contesto è Le colpe dei Padri di Franco Clun. Costruito sulle memorie dei lager, il racconto mostra con distacco rassegnato - ma non privo di tragedia - un campo di concentramento per “diversi”, dove cento morti al giorno sono normali e la sopravvivenza viene conquistata momento per momento; dove anche gli angeli si uccidono per la disperazione e solo Lucifero riesce a volare verso la libertà.
L’urban fantasy di Sanctuary è pagano, eretico e forse demoniaco, ma non del tutto secolare.
Una Chiesa dotata dei poteri tecno-oppressivi di un Grande Fratello e sconfitta da una dea misteriosa capace di precipitare l’uomo nella condizione di semplice insetto è presente in La Casa dei Millepiedi di Pierdomenico Baccalario, mentre in Le Storie che Nascono in Questa Città, Francesco Dimitri ci presenta una struttura religiosa deviata in lotta con crudeli occultisti per la gestione della magia nera.
Streghe, invocazioni in latino e Carmina Burana sono presenti in Anobium di Francesco Falconi, dove l’atmosfera di un prodigium piuttosto adult ha sostituito un’ispirazione più young caratteristica della prima produzione dell’autore. Musica demoniaca, strumenti infestati e presenze diaboliche per l'esordiente Fabrizio Furchì nel suo Mirror Blues, nel quale gli elfi dediti a commerci illegali sono tutto sommato i meno cattivi. Ancora zolfo e incenso in Angeli e Uomini, delizioso racconto di Cecilia Randall, e in Saint Vicious di Luca Tarenzi, autore già esperto di urban fantasy: Arcangeli e Arcidiavoli, Schiere Celesti e Demoni Custodi si affrontano in queste due storie con pratiche esoteriche e scienza moderna, rituali antichi e musica Punk.
Ognuno di questi racconti meriterebbe un’analisi profonda, perché temi e caratteristiche sono molteplici e tutti degni d’interesse. Volendo esprimere una panoramica generale di giudizio, si può dire che Sanctuary offre la possibilità di leggere opere di diverso livello, chicche di genere accanto a storie non perfettamente riuscite. Il tutto si coagula comunque in un libro sicuramente interessante, capace di far riflettere. E’ bello pensare che ognuno di questi autori abbia avuto una storia nera nel proprio cassetto - reale o intellettuale - e che sia stato invogliato, in questa occasione, a tirarla fuori.
117 commenti
Aggiungi un commentoPer quanto riguarda Proxima, che ho letto oggi, il mio parere ricalca abbastanza quello di Ohdrein; forse potrei suggerire, in caso di una revisione futura, di limitare le fughe e le catture del centauro protagonista per farne pochi episodi ma più significativi; ad esempio con una più dettagliata progressione del peggiorare dell'atteggiamento umano nei confronti delle altre razze, o con qualche riferimento (prendendo ispirazione dalla storia di nativi americani, aborigeni ecc...) alla cultura e alla tradizione degli sconfitti che svanisce a poco a poco.
Bruno, ho letto il tuo racconto e mi è piaciuto, anche se non ne sono rimasto 'incantato'.
È scorrevole e, come già detto da altri, la prima parte è più introspettiva rispetto alla seconda; ma proprio a quest’ultima è lasciato il compito di movimentare la scena, di mostrare situazioni in grado di offrire più spunti di riflessione, quindi posso dire di averle apprezzate entrambe, ognuna funzionale a modo suo.
Nonostante io abbia letto due volte 'Khaibit', sul finale non ho una sensazione netta, perché se è vero che il protagonista, sfiduciato dall’umanità che lo circonda, sacrifica qualcosa di sé per accogliere un’altra anima compiendo così un tentativo di redenzione nei confronti della sua solitudine, è anche vero che l’anima in questione è quella del suo Maestro, qualcuno che ammira e di cui si fida. Tutto sommato un sacrificio ‘sicuro’, psicologicamente parlando. Come avrebbe agito se la richiesta fosse arrivata da un estraneo?
Ecco che compare Sara, vampira senz’anima che si mette contro il suo stesso gruppo per aiutare Ivan, a dimostrazione che non è il ‘diverso’ quello da temere... nonostante i mutantropi facciano pensare il contrario.
Insomma, il male, così come il bene, non fa discriminazioni di colore, pelle, o razza, ed è giusto che tu l’abbia mostrato in modo semplice. La diversità, nella sua accezione più negativa che crea 'mostri', è un concetto che appartiene a mentalità miopi e colme di pregiudizi, distante anni luce dalla semplicità che invece circonda la vita.
Forse Anita — stando alla particolare capacità di Ivan — è la diversità fatta persona (questa volta con accezione positiva) perché, cito: “la sua Anima l’avevo scrutata tante volte per la sudicia curiosità di trovarci lo stesso schifo che c’è in giro, ma lei era di una rettitudine, serietà e bontà che facevano rabbia”. Come dire più unica che rara.
Una sensazione che ho avuto è che fosse rivolto ad un pubblico di giovani. È così, magari per qualche regola del concorso?
OT: chiedo scusa se rubo spazio a Sanctuary con il commento per un 'racconto perduto di Sanctuary'.
@ By Ax: cominciamo dalla fine: il racconto non è rivolto a un pubblico di giovani, anche se la parte di pura azione certamente potrebbe risultare gradita a tale pubblico (ma io ho più di quarant'anni e le scene di azione scritte bene le leggo ancora molto volentieri, motivo per cui cerco anche di scriverne).
Quanto alla natura del dono di Ivan: si fa presto a dire che un tizio ha la facoltà di percepire quello che pensano gli altri, ma quale effetto potrebbe avere davvero un simile potere su una persona? Da questo parte tutto, e ci si ricollega anche la decisione di accogliere il proprio maestro dentro di sé. Non sono più stato solo vuol dire anche non ho mai più avuto un momento di privacy in vita mia. Siamo sicuri che sia sopportabile?
Vedere le emozioni e cogliere i pensieri degli altri vuol dire che se un amico o una fidanzata ha dei pensieri o sentimenti cattivi verso di te e te li nasconde per non ostacolare il rapporto, tu invece li conoscerai.
Ho immaginato insomma che ci sia un sacco di paranoia, dentro il dono di Ivan. E la consapevolezza non desiderabile di una delle più semplici verità, che in fondo siamo tutti soli. Anche se possono esistere persone semplici e rette, come Anita, che probabilmente è stata messa a far da custode a Ivan proprio perché lui ne ha una visione positiva.
Comunque anche della gente comune Ivan ha sì paura e disprezzo, ma ne riconosce allo stesso tempo la sofferenza quotidiana.
Quanto alle motivazioni della vampira (e del perché è una vampira) è una cosa che svilupperei e so anche come, ma non ho tempo per adesso.
Grazie della lettura e del commento, Rakanius!
In effetti sì, la trama di “Proxima” è forse un po’ frammentaria, ma mi è uscita così! anche perchè volevo raccontare un’intera vita…
Le tue osservazioni sono giuste, ma mi è venuto spontaneo focalizzarmi sul protagonista, lasciando sfumato il contesto storico e culturale della sua razza e puntando più sull’aspetto emotivo che su quello descrittivo. Certo, le possibilità di svolgimento di un racconto sono infinite, e il problema è sempre decidere come sfruttare al meglio lo spazio che abbiamo!
Ho letto con interesse le tue ultime osservazioni su “Khaibit”: l’ipotesi della persona che “sente” i pensieri degli altri, pur non essendo nuova, è sempre affascinante. Una buona materia per un romanzo!
Dal momento che l'iniziativa di raccogliere i Racconti Perduti di Sanctuary ha avuto uno spazio nelle news di Fantasy Magazine incoraggio a spostare là la discussione:
http://www.fantasymagazine.it/forum/viewtopic.php?t=13341&highlight=
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