«Una catena di efferati omicidi sconvolge le Terre. Le vittime sono i maghi naturali, i pochi eletti in grado di utilizzare la magia in tutta la sua potenza. Mentre nelle regioni del Sud dilaga una misteriosa nebbia, che cela nelle sue profondità un segreto di distruzione e morte, Ester, insegnante di magia, e Nimeon, principe delle Colline, vengono investiti del Mandato che li condurrà a svelare una verità incredibile e inattesa. Accompagnati dal giovane matematico Van e da un gruppo di valorosi cavalieri, i due affronteranno la delicata indagine sulle tracce del temibile e astuto nemico, tra enigmi insoluti, incantesimi, intrighi e inquietanti scoperte.»
«Quale segreto lega Ester all’assassino e all’antica leggenda custodita dai Reali delle Colline? E cosa nascondono le nebbie incantate che lentamente invadono le Terre? Un’avventura al confine tra due mondi. La storia di una donna in lotta contro se stessa. Un fantasy che sfuma nelle tinte moderne del giallo.»
È un romanzo solido, quello di Antonia Romagnoli. Un esordio poderoso e molto ben calibrato, forse uno dei migliori fantasy italiani che ci sia capitato di leggere ultimamente (e sono tanti). Il Segreto dell’Alchimista ha in sé le qualità del fantasy, la forza del giallo e il vibrante sentimento di un romanzo rosa. Non è per niente facile gestire tutti questi elementi in un volume unico, spesso si può correre il rischio di scadere in un pastrocchio senza arte né parte, capace addirittura di infastidire il lettore. Questo tuttavia non accade col romanzo della Romagnoli. Anche se un’opera prima, di un’autrice relativamente giovane, sono pochissime le sbavature all’interno del testo e il volume si propone come un romanzo dal fascino unico.
Le Terre, il mondo fantasy in cui si svolge parte della storia, in concomitanza con il mondo reale (l’Italia e le città di Piacenza e Napoli a noi contemporanee), è un mondo dettagliatissimo: usi, costumi, leggende, modi di dire e di pensare. Vi si scorge uno studio che non è nato dal caso. Se non ci si sofferma sulla storia, e si guarda oltre, all’entroterra culturale che caratterizza questo romanzo, è evidente come l’autrice abbia messo una cura quasi maniacale nel dettaglio. Non è un mondo stinto, o privo di colore, o dipinto in modo affrettato e grossolano: ma un mondo con tutte le sue caratteristiche presentate al momento giusto, e tutte necessarie. Un mondo in cui si muovono personaggi (persone, verrebbe da dire) credibili, con un cuore e un’anima.
Su tutte spicca Ester – La Maga Naturale, L’Emissaria, La Magistra –, vero punto di forza e chiave di volta di un romanzo che non esisterebbe senza di lei. L’autrice instilla in questo personaggio una femminilità contrastata, grazie a un bagaglio culturale e a un passato davvero ingombranti (ancora una volta curati fin nel minimo dettaglio). Ed ecco che emerge un personaggio alla Jane Austen, una donna tormentata ma forte, capace e colta, ma dilaniata dai tormenti di un’esistenza che la fanno sentire estranea a qualsiasi luogo, persona, o sentimento, possano mettersi sulla sua strada. Un personaggio d’altri tempi, forse. Un personaggio che, probabilmente, interesserà tutti coloro che cercano un fantasy adulto, con tematiche necessariamente adeguate a questa caratterizzazione. Ma il volume, Il Segreto dell’Alchimista, non si regge solo su Ester. Il parterre dei personaggi trabocca di personalità altrettanto finemente narrate.
Van, il matematico, dal futuro tanto importante quanto imprevedibile; Nimeon, principe e cavaliere tormentato, capace di far breccia nel cuore della Magistra ma solo a prezzo di 600 pagine piene di scontri e battaglie verbali tra i due; Dert anziano mago naturale straordinariamente simpatico, fuori dagli schemi, impertinente, imprevedibile e frizzante; e Lexon, giovanissimo fratello del principe Nimeon che vedrà mutare il proprio destino, passando da apprendista cavaliere a mago naturale. Infine, senza rivelarne il nome, “L’ammazzamaghi”.
La Romagnoli non perde spessore nemmeno in questo personaggio, nemmeno nel dover descrivere le efferatezze delle quali si macchia. Anzi, più si rivela brutale, atroce, crudo, più l’autrice pare rendere reale a chi legge il personaggio, vivo e vitale. Una nota violenta e cupa che Antonia Romagnoli gestisce con altrettanta precisione.
Ma veniamo anche ai lati negativi del testo. Sebbene il romanzo abbia due fronti d’azione – le Terre e il nostro mondo –, e sebbene questo permetta di variare scenari e situazioni, come anche modi di pensare e di agire, tenendo sempre desta l'attenzione del lettore, ci è parso che poco prima del salto verso la nostra realtà (e cioè l’Italia del nostro tempo) il romanzo ambientato nelle Terre rallentasse un po’ troppo il suo brio.
Solo un paio di capitoli su 604 pagine, è vero, ma tuttavia, forse, sfoltire certi scenari che procedono a rilento avrebbe permesso non solo di vivacizzare ancora di più il romanzo, ma di abbassare il prezzo di copertina che è senza dubbio il vero, grande problema di questo libro. Un romanzo che meriterebbe la pubblicazione in versione economica, senza ombra di dubbio, per il respiro della storia e dei suoi protagonisti, e perché si caratterizza come uno dei miglior fantasy italiani degli ultimi anni.
Piacevole, ancora, è l’incursione storica nel volume: il famoso alchimista Raimondo di Sangro, che assume qui un fascino particolare, che il romanzo non omette (grazie anche a una accurata ricostruzione storica di un personaggio poco noto, ma realmente esistito). Queste sono probabilmente la pagine più emozionanti, almeno per noi, del volume, assieme all’inattesa parte finale che si legge in un soffio. Splendida la Magistra, avvincente l’intreccio, tremendo “L’ammazzamaghi” e la “sua verità”.
In definitiva, il romanzo di Antonia Romagnoli è uno dei più piacevoli volumi fantasy italiani di sempre. Un volume conlcusivo in se stesso, ma di cui attendiamo un seguito viste le potenzialità di questo romanzo. Un romanzo che sa fondere abilmente, senza timori, senza tentennamenti, come di rado accade, epicità, contaminazione fra generi diversi, e mondo moderno.
E se dovessimo riassumere in una frase questa recensione, il succo del discorso sarebbe: Antonia Romagnoli scrive dannatamente bene!
18 commenti
Aggiungi un commentoE' bello trovare compagnucci di ambasce.
No, scherzo, e' che sono alle prese con problemi identici, per il libro che sto scrivendo, un seguito del Dominio della Regola. Problemi di lunghezza, di tagli, di opportunita' . Che mi portano a considerazioni molto simili a quelle espresse da Negrore: per ragioni editoriali ho dovuto tagliare il primo romanzo piu' di quanto volessi e la cosa mi ha lasciato qualche rimpianto.
Con questo e' abbastanza difficile: tanti personaggi, diverse storie. Per ora scrivo, in seguito vedro' che fare. Ma sono riluttante a tagliare di nuovo, piuttosto cerco di trattenermi un po' in sede compositiva.
@Negròre: ho capito quello che volevi dire, tranquillo!
Nella mia risposta ho mescolato un po' della mia esperienza e quella di una cara amica, un'autrice che stimo moltissimo e che ha subito pesanti critiche proprio per tagli e divisioni.
Quando si parla di queste scelte, non posso fare a meno di pensare al suo romanzo, che continuo a considerare, nonostante le politiche editoriali che lo hanno ridotto drasticamente, un vero e proprio gioiello.
Con alchi sono stata fortunata: ho trovato un editore che ha creduto nel mio lavoro, mi ha proposto modifiche che ho condiviso appieno e che, soprattutto, non sono state invasive; ho lavorato con un'editor con cui mi sono sentita subito in sintonia e con la quale correggere le bozze è stato perfino divertente.
L'unico "ma" è stato il prezzo: 24 euro sono veramente tanti.
Adesso, col senno di poi, quando scrivo o elaboro trame cerco di contenermi anch'io, ma il secondo episodio era già lì, attaccato al primo come un gemello siamese... e di tutti e due mi sento una mamma gelosa.
Proprio perchè sono affezionata a quello che ho scritto ho preferito pensare a una divisione, piuttosto che rischiare tagli all'interno del romanzo. Sono pur sempre un'esordiente alle prime armi e anche l'editore più pazzo del mondo non potrebbe mandar fuori un libro di 800 pagine col mio nome sopra. Dividerlo mi ha permesso di mantenere le idee originali intatte, senza eliminare spunti a cui tenevo.
E' vero che i lettori sono pochi ma buoni, ed è vero che nel nostro piccolo instauriamo un rapporto di fiducia con loro. Forse proprio perchè scriviamo fantasy diventiamo "compagni di viaggio", nei mondi che creiamo con la penna e nella nostra avventura letteraria. Confido che comprendano questa mia scelta.
Commento estemporaneo: certo però che stiam sempre a camminare sulle uova!!!! Mi sa che si fa meno fatica coi romanzi rosa!!!!!!!!!!!!
Eh già, si cammina senza requie sulle uova... bisognerebbe imparare a levitare, si risolverebbero un mucchio di problemi...
Durante la stesura della 'Trilogia di Lothar Basler', non mi sono mai posto il problema di ridurre quel che scrivevo in funzione della pubblicazione. Sapevo di complicarmi la vita ma lo scopo del mio scrivere era un altro, e ad esso rendevo conto semplicemente guardandomi allo specchio. La Trilogia è cominciata quando ha avuto bisogno di cominciare e si è conclusa quando ha deciso d'avere raccontato tutto quel che aveva da raccontare. In quanto autore ho avuto poco peso in questo, crederci o meno, e quello della pubblicazione era l'ultimo dei miei pensieri.
Recentemente, al momento di lavorare all'editing del secondo volume ('Il Sangue della Terra', di prossima uscita), è saltato fuori che, col suo milione e mezzo di battute, il manoscritto era ben più ponderante del primo... Ora, 'La Lama del Dolore' supera le 700 pagine, ma è stata stampata con un font e un'interlinea piuttosto 'comodi', per gli standard. Quindi il margine c'era, tuttavia ci si è posti il problema dei tagli. Lascio immaginare l'angoscia dell'autore, che tutto vorrebbe vedere tranne che la propria opera tranciata da qualcun altro (tagli in fase di revisione, se supportati dalla certezza di migliorare l'opera, il suddetto autore ha molti meno problemi ad attuarli ). Alla resa dei conti, per buona sorte, l'editor s'è resa conto del fatto che, pur stilata col mio stile a volte tutt'altro che sintetico, la storia necessitava di ognuno dei suoi passaggi, fortemente funzionali al suo sviluppo. Ho tirato un sospiro di sollievo ed ho approvato le altre soluzioni (fra cui asciugature del testo qua e là, che non vuol dire tagli) che, infine, porteranno ad un volume paragonabile a quello precedente (vi avevo spaventato, vero? ).
Non sono d'accordo con te, Antonia, sul fatto che un esordiente (o semi-tale) non possa avere pubblicato un romanzo di 800 pagine. Se là dentro c'è quel che hai da raccontare, e se l'editore lo reputa valido, i conti (che ci sono eccome, qui parlate col re dei realisti, comprendo appieno i limiti che attanagliano chi non fa parte della cerchia dei pochissimi noti) può provare ad arrotondarli un po'...
Oggi, conscio di tutte queste problematiche, non nego di provare a contenermi un tantinello di più di quanto facessi in passato. Ma senza mai oltrepassare quel confine che, so bene, tradirebbe il mio modo di raccontare le mie storie. Sarebbe una pessima idea, ha ragione Andrea. Perderei più di quel che finirei col conquistare.
Esatto, Marco.
Asciugature, snellimenti, tutto ciò che va a vantaggio della scorrevolezza - senza togliere una delle tre dimensioni alla prosa dell'autore, appiattendola sul bidimensionale - è lecito e, anzi, è il grandissomo apporto che dà un buon editor a un romanzo.
Se l'editor è proprio in gamba, nonché rapido di mente col poco tempo che ha di solito, a volte propone soluzioni alternative, che migliorano alcuni passaggi: lì sta all'autore rendersi conto che ha ragione abbracciando l'umiltà.
Tagli alla trama, qualora tolgano, sono invece invasioni, come suggerisce implicitamente Antonia. Sempre che, ovviamente, l'autore non abbia proprio sbagliato. In quel caso è quasi sempre dimostrabile e l'umiltà dev'essere una qualità propria dello scrittore fin dall'infanzia, altrimenti sbatte contro la parete rocciosa di un ottomila, senza possibilità di uscirne indenne.
Credo d'aver capito di chi parli, Antonia. Anche il suo romanzo è nella mia green-list (quella della speranza di trovare un - altro - autore italiano che mi piaccia davvero). La green-list mi ha dato già delle soddisfazioni e la blue-list (quella delle piacevoli scoperte) si è allungata anche grazie a qualche italiano: Michele Giannone, Luca Tarenzi, Riccardo Coltri e Marco Davide su tutti.
E siccome ho una particolare propensione per le scrittrici, non vedo l'ora di leggere il tuo romanzo e quello di una certa Francesca. Il problema è che non vedo l'ora, per l'appunto: dov'è, che il tempo sembra essermi scappato?
Ho letto questo romanzo (lo recensisco nel mio blog perché qui ci ha già pensato il buon Luca Azzolini) e se mi permettete una raccomandazione, signori e signore, siate sintetici! risparmiate carta! salvate la natura!
Lo so che mi ripeto sempre, ma anche per il Segreto dell'Alchimista ritengo che ci si poteva stringere parecchio dicendo le stesse cose.
Comunque una bella storia complessa, gestita bene.
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