In modo non dissimile nel 2004 Biancamaria Massaro vinse la Seconda Edizione del Premio Letterario “Tabula Fati” con un racconto, La Quercia dai Rami d’Oro, che richiama le tradizioni sia del mondo Romano, sia di quell’insieme di popoli italici che con i Romani condivisero spazi geografici ed esperienze culturali.
Dante Alighieri, Omero, i grandi miti dell’antichità… ma non solo. Al limite tra romanzo storico e narrativa fantastica si collocano due autrici che indagano il medioevo italiano e mediterraneo: Anna Rinonapoli, con il ciclo dei Cavalieri del Tau, e Angela P. Fassio, autrice di diversi romanzi tra cui ricorderei Il Primo Paladino, ispirato alle avventure del cavaliere Orlando, e Il Romanzo di Goffredo di Buglione. Romanzi dove spesso l’elemento fantastico è solo accennato, in favore di una narrazione per lo più storica, e che pure si collocano al confine proprio perché non ignorano quel senso del fantastico e del meraviglioso che permea opere come L’Orlando Furioso.
Che dire, infine, dell’esperienza letteraria di Paolo Paron? Autore che con il suo La Casa dei Sette Gatti. Storia di streghe, incantesimi e benandanti conduce il lettore alla (ri)scoperta delle tradizioni del Friuli.
Se gli autori stranieri riscoprono il mondo mediterraneo (non dimentichiamo, solo per citare il nome più noto, che la stessa Marion Zimmer Bradley omaggiò l’epica classica nel suo romanzo La Torcia), sia esso quello arcaico degli Eroi omerici, quello medievale attraversato dai cavalieri e crociati, quello delle tradizioni regionali oppure quello più oscuro della contemporaneità, è anche vero che agli autori di casa nostra non è affatto sfuggito il potenziale della grande tradizione di cui sono figli. Come dicevo precedentemente, sarebbe infatti riduttivo limitarsi a sostenere che i nostri autori imitino modelli stranieri. Il movimento in atto è vitale e interessante.
Credo, tuttavia, sia necessario prendere atto di una constatazione storico-letteraria. La narrativa fantastica e quella mediterranea in particolare arrancano nel nostro paese non perché meno degni di a
ttenzione o perché poco apprezzate dagli stessi autori, ma per motivazioni per lo più storiche. L’esperienza della narrativa di genere nei paesi anglosassoni, spesso portati a modello, praticamente non si è mai interrotta, non c’è soluzione di continuità tra le tradizioni antiche (nordico-celtico-romane), quelle medievali e i prodotti della letteratura contemporanea, che passa anche attraverso l’esperienza del romanticismo e dell’epoca vittoriana e, per gli Stati Uniti, la grande stagione della science-fiction anni ’60 e ’70. In Italia invece c’è un momento di discontinuità tra la grande tradizione che da Omero arriva a Tasso e le prime esperienze nel fantastico di epoca contemporanea (la Scapigliatura e poi Collodi). La tradizione narrativa italiana è sempre stata più indirizzata al romanzo storico, per cui è fisiologico che ci sia uno scarto tra la Letteratura e la narrativa fantastica contemporanea. Ma proprio per questo è tanto più interessante vedere come gli autori di casa nostra stiano lentamente riscoprendo e riproponendo un background per molto tempo offuscato dalla grande esperienza del romanzo storico e della saggistica.
“Ehi, guarda laggiù! È uno squarcio dimensionale!” È una frase sentita in un cartone animato, uno dei mille che oggi invadono schermi e videoteche, per condire i pomeriggi dei bambini con fantasy, fantascienza e magari un tocco di kung fu.
Negli ultimi anni il genere fantastico, anzi propriamente fantasy, è diventato un fenomeno vero e proprio, a partire dal cinema a terminare con i giochi di ruolo. Tutti gli aspiranti scrittori lo sanno: le case editrici sono piene di testi da valutare e nell’ambito narrativo c’è stata un’importante esplosione del fantastico.
Piccole e medie editrici hanno aperto collane dedicate; le grandi, anche quelle che finora si sono occupate di tutt’altro, si interessano al genere. E tutti mandano manoscritti più o meno rifiniti. Purtroppo, infatti, è diventato un tormentone l’affermazione che in Italia pochi leggono, pochi padroneggiano la grammatica, ma tanti, troppi scrivono. Senza sapere che po’ si scrive con l’apostrofo o che il congiuntivo non è una malattia. Qualche anno fa lo stesso fenomeno era accaduto con altri tipi di narrativa, con la fantascienza prima e col giallo poi. Della prima, abbiamo già potuto osservare la parabola ascendente e discendente, del secondo assistiamo ancora ai successi. Il fantasy scritto da autori italiani sta ancora nelle prime fasi di gestazione, sta ancora cercando una sua dimensione. I primi romanzi che hanno attratto l’interesse dei lettori seguivano le linee dei successi internazionali, mentre oggi spuntano più o meno timidi esperimenti di trovare strade nostrane. Ma che cosa sarà di tanto lavoro, tanti dibattiti, tanti file su PC che ancora cercano casa?
49 commenti
Aggiungi un commentoMi trovate perfettamente d'accordo sul discorso dei generi. Per natura, io il genere non so cosa sia! Per me già suddividere tra fantasy e fantascienza è un creare suddivisioni che sono utili solo per orientare qualcuno che ha bisogno di essere orientato, e basta!
@Giuseppe D'Adamo: se ho visto polemica dove non c'era, chiedo scusa. Però non capisco che c'entri il cristianesimo con quanto si è detto nell'articolo.
Dici estrema secolarità della nostra società? Non sono poi così d'accordo. Il cristianesimo è molto più profondo di quanto non si immagini e permea il nostro modo di pensare.
C'è uno scrittore, Giuseppe Genna, che una volta mi ha detto che secondo lui addirittura il fantasy è "per definizione" nascente dal misticismo cristiano. Ora, non sono totalmente d'accordo con questa affermazione, ma in parte incontra la mia condivisione.
Fabrizio
Non sono del tutto d'accordo, Fabrizio ^__^
Una cosa è non gradire classificazioni un'altra è pensare che non esistano. Personalmente non dò molta importanza ai generi, mi piacciono le "cose" ibride, e credo che per prima venga l'ispirazione dell'autore; però a volte si usano definizioni per una necessità di comunicazione. In questo senso esistono i generi, imho, che sono peraltro schemi virtuali fatti a posteriori, e come tali devono essere considerati.
Io sostengo, rifacendomi a Mièville: "il fantastico travalica continuamente i propri confini". E, aggiungo, i confini hanno un motivo estemporaneo, e sono utili a seconda di come vengono usati.
Assolutamente condiviso dal sottoscritto.
Ma questo non contraddice in nessuna maniera lo spirito dell'articolo redatto da Fabrizio, Antonia e Francesca, né l'apprezzabile lavoro di recupero di tradizioni nostrane al servizio di un background narrativo.
Fintantoché non passa il messaggio (come non è, per chiara ammissione, nelle intenzioni degli autori) che se in Italia non va così, allora parliamo sempre e comunque di mero scopiazzamento.
Esattamente, questo è il punto fondamentale, secondo me: l'hai detto bene, schemi virtuali fatti a posteriori, e come tali devono essere considerati.
E' vero che possono servire per comunicare con maggior chiarezza, tuttavia mi sento di dire che - per esempio - i generi misti possono creare spaesamento o essere poco apprezzati proprio per questo motivo: ci si aspetta che una cosa sia così e non in altro modo, ma penso che questo possa andare a detrimento della libertà espressiva e dell'immaginazione per chi considera la immediata comprensione da parte dei lettori un punto fondamentale. In che senso? Ci sono dei lettori che non riescono ad apprezzare un romanzo o uno scritto che commistiona i generi innanzitutto perché non sono in grado di incasellarlo. Esattamente questo, secondo me, è il rischio di continuare a parlare di generi.
Il genere è utile per poter comprendere, in sede di riflessione culturale, con cosa si ha a che fare, ma se diventa un occhiale per il lettore, il più delle volte può creare problemi. E' per questo motivo che ho tenuto subito a chiarire che quando "io" parlo di "fantasy di ambientazione mediterranea" non intendo un genere (cosa peraltro assolutamente lecita e possibile per altri) ma solo una modalità espressiva che parte dal tipo di background culturale che un autore si porta dentro, per lo più in maniera consapevole.
Ovvio che un lettore ha i suoi gusti e sceglie in base ad essi. Non si può accontentare tutti, e nemmeno si deve, io credo. Un lettore deve essere libero di muoversi tra i generi. Ma nel momento stesso in cui tu dici "fantasy di ambientazione mediterranea", poni le basi di un sottogenere. Con molte limitazioni, anche, per chi legge solo la definizione e non si ferma a pensare sul suo effettivo significato. Si potrebbe intendere: ambiento a Pian del Quercione e ci metto la corte Unseelie.
Comunque, la tua scelta di puntare sull'ambientazione è più che legittima, come lo è quella di qualsiasi autore, anche se nel tuo romanzo ho trovato elementi fantasy che vanno oltre. Poi, che tu possa trovare la definizione Med fantasy troppo restrittiva, non lo discuto. Ma tu hai fatto una cosa molto simile, che imho differisce nelle parole e non nel contenuto.
Ci sarebbe anche da vedere cosa è per te esattamente l'ambientazione, ma non voglio andare troppo sul sofistico.
In ogni caso, l'ambientazione mediterranea è un'interessante via sperimentale, imho.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID