A proposito di non morti che abbondano anche nel catalogo Delos Books, quale pensa che potrebbe essere la prossima moda? Prima c'è stato Harry Potter, adesso il fenomeno di Twilight che si è trascinato dietro ogni sorta di vampirello, e per il futuro? Cosa dovremo aspettarci? (Simona Ricci)
Aspettatevi la nuova collana Delos Books, che credo raccoglierà molti consensi e spero venderà molti libri. Per il momento non posso dire altro per gli stessi motivi che ho spiegato ad Azzolini. Dopo un anno di studi, siamo nella fase molto delicata di acquisizione dei diritti d’autore e nel mondo dell’editoria italiana c’è sempre un grande appetito di nuove idee.
Considerando il corpus della narrativa sui vampiri a livello mondiale, quali sono i titoli che avrebbe voluto essere stato lei a pubblicare? (Pia Ferrara)
Certamente quelli di Anna Rice e Laurell K. Hamilton.
Cosa pensa del Fantasy di oggi, a livello internazionale? Dobbiamo rimpiangere i grandi nomi del passato (per non citare sempre Tolkien: Leiber, Moorcock, Vance…) o pensa che oggi ci siano degli scrittori allo stesso livello? (Bruno Bacelli)
Gli autori che cita, a suo tempo ci colpirono per la novità, la freschezza delle loro storie e la fervida immaginazione che trovava i grandi spazi di manovra di un genere ancora poco esplorato, almeno da quella che era la fantasy moderna. Tuttavia, provi a leggere oggi Michael Moorcock e se le succede come è capitato a me, si chiederà: “ma come poteva piacermi questo Elric di Melnibonè?” La mia impressione è stata quella Moorcock non abbia creato un eroe, ma un minorato mentale che non sa chi è, cosa deve fare, ed è sempre pieno di dubbi sulla sua stessa esistenza. Oppure rileggere le scheletriche storie di Conan, tutto muscoli, avventura e niente contorno. È passata un’epoca e quello che una volta affascinava, oggi fa solo sorridere. Però non è che non esistano nuovi autori di fantasy capaci di rinfrescare il genere, un esempio è la stessa J.K.Rowling, ma potrei citare George R.R. Martin, Robert Jordan, Christopher Paolini, e per venire in Italia, Milena Debenedetti autrice del ciclo della “Regola”, oppure Fabiana Redivo, con la sua saga di sei romanzi che descrivono le avventure del mago Derbeer, o ancora Licia Troisi. Però, se va su amazon e digita Fantasy si rende conto di quanto il genere si sia sviluppato e nel contempo modificato. Oggi per Fantasy si intendono i libri sui vampiri di Charlaine Harris, quelli horror di Stephenie Meyer: tutto ciò che esce ed è appena appena fuori dalla realtà, è fantasy. Ed è difficile starle dietro.
32 commenti
Aggiungi un commento@stefano: cioè, se ho ben capito, hai detto che molto dipende anche dalla percezione che editori e distributori italiani hanno del valore del fantasy e dei suoi sottogeneri?
se ho ben capito -mi scuso in caso contrario e ti prego di rispiegarmelo che son tontarella - suppongo di essere d'accordo con te.
in effetti, non è certo considerato un "genere nobile". di fatto, qui da noi -non so altrove quindi non mi pronuncio- si tende addirittura a non ritenere il fantasy "letteratura". lo si sminuisce abbassandolo al livello di "prodotto d'evasione", quasi come lo può essere la settimana enigmistica o un libro di barzellette. i più gentili, lo definiscono "letteratura d'evasione", come se invece altri generi letterari, come la poesia e altri tipi di romanzi non siano alla fin fine letteratura d'evasione.
voglio dire: un romanzo come "io uccido", che non è etichettato come d'evasione, quale altro ruolo più nobile avrebbe mai che il fantasy non ha?
per quanto mi riguarda tutta la letteratura che non abbia fini didattici o espositivi -come saggi, manuali, ecc.- è d'evasione. ma "evasione" è comunque una parola da prendere con le pinze, perchè si tende a sottovalutare troppo l'arricchimento morale o intellettuale, i valori, che anche questo tipo di libri può regalare. in fondo, tutti noi possiamo affermare di avere imparato qualcosa dal nostro romanzo preferito.
in italia il fantasy è un genere di nicchia, ma non solo quello. è tutta la letteratura che è di nicchia. van più di moda i libi dei politici e quelli dei calciatori-barzellettieri, o i romanzi tratti dalle fiction, il resto fa da contorno. la realtà è che in italia meno di pochissimi leggono qualcosa che non sia una rivista di gossip o un quotidiano sportivo.
suppongo sia per questo motivo che allegano libri ed enciclopedie alle riviste: per far sapere ai clienti abituali che esistono altre categorie di testi scritti per essere letti, non solo per fare mole sulle librerie per sfoggiare una parvenza di cultura tutta da dimostrare.
È quello che dici tu, ma non solo... con percezione del mercato non intendevo solo il considerare il fantasy come qualcosa di minore, o d'evasione (termine che trovo anche io discutibile), ma anche una più generale considerazione sul rapporto vendite e qualità percepita del prodotto, vendite e qualità del consumatore e di come questo si rifletta sulle scelte editoriali.
Provo a spiegarmi meglio, facevo il paragone con il Canada perché a differenza di quello statunitese è un mercato più piccolo e simile al nostro (anche se in realtà bisonga tenere conto che case come la Bantam vendono su più mercati al contempo). Il punto è che qui c'è una rappresentanza di moltissimi autori e stili che non necessariamente vendono tanto quanto un Paolini, ma gli editori non si focalizzano solo sul prodotto che vende molto e quindi alla fine ogni genere o gusto risulta rappresentato. In Italia invece c'è una focalizzazione molto specifica di target e genere. Il mio sospetto è che a volte gli editori, soprattutto i più grossi, facciano l'errata proporzione prodotto che vende molto sta a prodotto che piace molto come prodotto che vende poco sta a prodotto che piace poco, questa è un'equazione molto pericolosa perché se sul breve periodo i dati possono dargli ragione, sul lungo periodo ammazzano una vasta schiera di lettori che non si sentono rappresentati (oltre che, dettaglio non da trascurare, la qualità del genere letterario...).
Tornando quindi al Canada mi chiedo, perché ci sono 17 scaffali di scifi e fantasy (di cui Erikson in fondo occupa uno spazietto misero rispetto a un brooks o a un Jordan) e in italia solo un paio, nonstante il mercato sia numericamente non così dissimile? La risposta che mi do è che mentre gli editori stranieri hanno capito che va premiata la differenziazione, i nostrani forse non se ne rendono conto (magari sbaglio eh?) e puntano tutto su determinati pacchetti vincenti focalizzando quindi il mercato.
Se così non fosse non riuscirei a spiegarmi molti fattori del panorama italiano, tra cui la crescita (fantasy) che stanno avendo molte realtà come la flaccovio, la curcio, o la asengard che stanno appunto uscendo da quegli schemi di cui parlavo sopra. E il fatto che sempre più spesso si leggano in rete pareri distruttivi su romanzi che in fondo, in un mercato ben differenziato sarebbero persino più apprezzati perché non vituperixzzati da chi non s sente rappresentato.
un paio di scaffali fantasy? ehm, dove abiti che mi trasferisco dalle tue parti?
alla feltrinelli e alla rizzoli di salerno -le uniche librerie fino a napoli -
lo scaffale del fantasy è solo uno, e pure diviso con i fumetti e i romanzi in lingua madre!
cosa oltremodo vergognosa: la fantascienza è completamente assente dagli scaffali! se un cliente dovesse convincersi che gli unici generi esistenti sono quelli esposti, la fantascienza non esisterebbe affatto! :
3 dico 3 scaffali e anche più, invece sono zeppi di libri di satira politica e robaccia simile...
concorquoto!
ma, c'è anche da considerare che evidentemente nei paesi anglofoni c'è più richiesta di questi generi, e c'è anche più produzione. laggiù fantasy e fantascienza sono radicate nella loro cultura, noi siamo ancora portati a concepirli come 'esotismi letterai'; il fantasy non ha mai fatto parte della nostra produzione letteraria. quindi, è anche una questione culturale.
per questo motivo, unito al fatto che la produzione di questi generi è maggiore all'estero, risulta più difficoltoso o rischioso per un editore puntare su questi libri. in molti casi ho addirittura letto che acquisire i diritti d'autore di certe opere fy e sf è talmente difficile o costoso da scoraggiare gli editori. considerando la media dei guadagni degli scrittori e degli editori negli USA, ci credo eccome.
penso che l'unico modo di legittimare questi generi nella nostra società sia una massiccia opera 'educativa' e informativa, e il desiderio di rischiare da parte delle case editrici. c'è anche da dire che in generale le case editrici hanno vita breve in italia, perchè difficilmente le grandissime case concedono sufficiente spazio vitale alle piccole, che si ritrovano a contendersi le briciole.
alla feltrinelli di padova ci sono un paio di scaffali di fantasy e scifi (non due scaffali solo di fantasy... magari...) anche se ultimamente sono stati invasi dai vampiri
premesso che concordo sia sul discorso culturale, sia sul discoso rischio e difficoltà (e aggiungerei ancora una certa esterofilia del lettore medio) ogni tanto però devo ammettere che ho l'impressione che questa visione del fantasy in italia stia diventando più un preconcetto che altro, qualcosa che sta lentamente svanendo ma a cui molti si aggrappano ancora magari anche per le scelte editoriali: per esempio guardiamo al successo che hanno avuto la Flaccovio e la Curcio e alla crescita della Asengard, cosa sarebbero stati i libri che hano pubblicato magari in mano a una mondadori con distribuzione mondadori/feltrinelli? Sicuri che non ci sia davvero margine per pubblicare opere diverse dal cliché: giovane autore autrice prodigio con fantasy semplice e scorrevole? Ovviamente potrei sbagliarmi, non sono l'editore, non conosco bene il mercato, non ho idea reale delle cifre, eppure covo il sospetto che la formuletta andasse bene, ma solo fino a qualche anno fa, ora dovrebbero puntare sulla varietà, altrimenti davvero faccio fatica a capire perché così tanti editori piccoli medi stanno avendo successo.
Se qualcuno ripassa da queste parti, due anni dopo che si sono calmate le acque, mi permetto di proporre le mie riflessioni in merito alla proposta di Gianfranco Viviani: provare a rileggere le vecchie glorie (Elric, in questo caso) e vedere se sono ancora all'altezza.
Se avete un quarto d'ora da spendere sul mio blog l'articolo (diviso in due parti) inizia qui
http://mondifantastici.blogspot.com/2011/05/elric-nel-ventunesimo-secolo-1.html
e finisce qui:
http://mondifantastici.blogspot.com/2011/05/elric-nel-ventunesimo-secolo-2.html
Grazie per l'eventuale interessamento!
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