Lo so io, in compenso. Ma in fondo l’ho sempre saputo. Da quando ho aperto la cassa. La bandiera da guerra della fregata Sibilla. Tutti la conoscono, in Albania, la dannata Sibilla. È la nave da guerra che ha speronato il Kater i Rades. Una delle nostre navi piene di gente. Una carretta, dicevano. Uno schifoso relitto galleggiante. Che non poteva resistere alla prua di una nave da guerra che le entrava nella pancia. Sono morti quasi tutti, sul Kater i Rades. Specialmente le donne e i bambini, che si proteggevano dal freddo della sera nella stiva del maledetto rottame. Poi ci hanno risarcito, come no. Ci hanno dato qualche lira e hanno detto che gli spiaceva un casino. Mi ricordo ancora al tiggì le lacrime ipocrite del tizio del governo, quello lì con la televisione che non mi ricordo come si chiama. Hanno ripescato la nave e rimpatriato quello che faceva schifo pure ai pesci di mangiare, belli avvolti nelle bandiere.
Per chissà che cazzo di motivo, lo liugat non era morto del tutto. Neanche dopo un anno sott’acqua, neanche dopo ripescata. Chissà come hanno fatto quei coglioni della marina a non accorgersene. Probabilmente non guardavano nemmeno quello che facevano, tiravano su la gente col badile, la ficcavano nella cassa – una bella cassa da signori, di legno buono, una bella bandiera e via, che si togliessero dai piedi, che vivi o morti son sempre un problema, ‘sti albanesi del cazzo. Come questa scema, che sognava di fare l’Anna Oxa e il cioccolato sul marciapiede. Bah. I mafiosi hanno sgamato qualcosa, quelli sanno pure quanti peli ha sul culo Satana, e hanno pensato che uno liugat garantito D.O.C. doveva valere un sacco di soldi, e se lo sono fregato. E hanno fregato pure me, bastardi maledetti. La pistola pesa nella mia mano. La liugat piange e trema per il freddo. Siamo un popolo di merda, manco riusciamo a fare dei mostri decenti. Chi cazzo ha mai sentito di un morto che ha freddo? O di un fottuto scafista col cuore tenero? Butto la pistola nel mare. La liugat mi sorride, incerta. Le tendo la mano. Lei avvicina la sua. È piccola e bianca, raggrinzita per il contatto con l’acqua di mare. Povera piccola, sono ore che sta a mollo. La aiuto a salire a bordo, e la copro con il suo telo da morto. Non sarà elegante, ma non sono ancora così scemo da darle il mio maglione, che è l’unico che ho. E poi, chissà che malattie schifose che portano gli liugat.
Lei trema come una foglia.
-Non so perché ti ho tirato su, a te-, le dico, per mettere le cose in chiaro. –Ma se ci provi solo a fare una sola piccolissima fottutissima mossa ti ributto in mare, e ti lego pure il motore al collo, così vediamo se un maledetto liugat riesce a nuotare con trecento chili di fuoribordo al collo. Intesi?-
Lei annuisce. Io scuoto la testa.
-No, Allah mi protegga, non lo so proprio perché ti ho tirato su.-
Lei mi guarda con un’aria furbetta. Le brillano gli occhi, della scema allegria dei ragazzini. E mi sussurra: -Lo so io, perché-.
-Ah sì, piccolo mostriciattolo? E perché, sentiamo.-
-Perché tu sei come me.-
Accenno a tirarle un ceffone. –Provaci ancora a dire una stronzata simile e ti faccio saltare tutti i denti che ti restano, aborto di natura!-
Lei abbassa gli occhi. Ma non troppo. Fissa con intenzione il mio petto.
Il mio sguardo si abbassa.
Oh, cazzo… Oh, cazzo, no…
Deglutisco, e cerco di sorridere. –Oh, non è nulla… mi sarò tagliato cercando di far partire il motore…-
Lei passa la mano sul mio viso.
–Enver, sciocchino, lo sai com’è andata. L’aliscafo della guardia di finanza, ricordi?-
Il suo viso mi appare sfocato, tra un velo di lacrime. Gli liugat albanesi devono essere i più piagnoni del mondo. Almeno in questo non ci batte nessuno. Lei mi abbraccia forte, e mi sussurra:
-Io ho fame, Enver.-
A pensarci bene, ho fame anch’io. Una fame rabbiosa, primordiale. Allah perdonami, ma se tu hai creato gli uomini, hai creato anche gli liugat. E lo sai quale sarà l’unico cibo che potrà placare la nostra fame. Tiro un colpo violento alla corda d’avviamento del fuoribordo, e con mia somma sorpresa il trecento cavalli si mette a ronzare sommesso.
-Questa poi! E pensare che non era mai partito al primo colpo. Manco quando era nuovo.-
–Si vede che è un po’ liugat anche lui!-
Ridiamo di cuore. Sembra impossibile nella nostra situazione, ma insieme siamo felici. Solo che abbiamo una fame devastante.
-Dove andiamo, principessa? A casa o…-
Lei poggia la mano sul mio braccio. –A te piace il cioccolato? Conosco un posto dove basta raccoglierlo per strada.-
Ululiamo la nostra gioia alla luna, mentre punto la prua a ovest e do gas.
1 commenti
Aggiungi un commentoLo stile è molto personale e suggestivo. Forse il finale è un po' troppo prevedibile e il fantastico rimane sullo sfondo, pretesto per parlare d'altro. Ma, in definitiva, è certo un bel racconto.
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