Si fermano.
- Quando sei arrivato - inizia il Lord Protettore con serietà – hai chiesto solo ospitalità, cibo e un luogo per riposare…
E’ un’affermazione, non un quesito. Eppure, un qualcosa di sospensivo nella frase induce l’Errante ad assentire con il capo, per rimarcarne la veridicità.
- Sei ancora stanco? – chiede allora l’efebico prosseneta.
Il viandante valuta prima la domanda, poi sé stesso. E si stupisce della scoperta fatta.
- No! – esclama.
Il Lord Protettore annuisce soddisfatto.
- Hai ancora fame?
Un attimo di esitazione. Anzi: di valutazione.
- No.
Una pausa. Non molto lunga.
- E dimmi, ora: davvero non desideri una compagnia per questa notte? – Un suggerimento intriso di vocalità capziose e avvolgenti.
L’Errante si scopre a rispondere d’istinto, senza riflessione alcuna.
- Ora la desidero. Un fuoco infiamma il corpo. Non posso negarlo. La passione si è insinuata, con tutta la sua brama. Procurami una delle tue prostitute, e dimmi come posso pagarti in una forma che non sia il denaro che non possiedo.
Lo sguardo del Protettore si fa fessura, serio e offeso. Non per la miseria dichiarata.
- Non chiamarle prostitute, ti prego – invita con un tono sempre morbido e educato, ma che in qualche modo tradisce una pur contenuta irritazione. – Chiamale Sogni, chiamale Speranze. E’ così che si usa qui.
- Allora: dammi una speranza!
Ancora una volta, il Lord sogghigna. Senza pronunciare altra parola, alza il braccio sinistro e con un dito inanellato di preziosi indica uno spioncino che si apre sulla porta accanto a loro.
L’Errante s’avvicina fremente e spia attraverso lo spiraglio.
La stanza è addobbata a tinte dorate. Nel mezzo, fa bella mostra un voluminoso letto circolare. Sotto le cui lenzuola, qualcuno sta riposando.
Lentamente, quel “qualcuno” si desta, scoprendosi, e con languide movenze si tira a sedere.
A sua memoria mai l’Errante ha veduto femmina più incantevole!
In un attimo coglie tutti i particolari di quel volto: lo sguardo intenso e penetrante, le labbra perfette, il naso leggermente arricciato, i capelli lisci tagliati in una foggia inusuale, improvvisamente corti e scalati dietro, mentre fluiscono lunghi sul lato sinistro del viso, celando a tratti metà di quell'ovale di sconfinata beltà.
Come si alza, il lenzuolo ricamato d’oro le sfugge lungo i fianchi, svelando così un seno sodo e generoso.
L’Errante è sedotto, soggiogato da tanta avvenenza. Al punto che trasale, spaventato, al molle tocco della mano del Lord che gli si poggia sulla spalla, per richiamarne l’attenzione.
- E’ di tuo gradimento?
- Come potrebbe non esserlo? E’… perfetta!
- Allora non attendere troppo: entra e appaga il tuo desiderio.
- Lord, devo ricordarti che non ho il becco d’un quattrino. E questa non può che essere la più sublime tra le tue ninfe. Pertanto, la più costosa. – Conscio della precedente gaffe, il viandante evita accuratamente termini quali puttana, o prostituta, o lupa, od altro ancora. Ma non può evitare di parlare di prezzo, per non trovarsi poi nei guai.
- Non importa, non importa… Sono tempi duri, la Casa è poco frequentata. Le mie Speranze sono piuttosto libere da impegni, e ciò le rattrista. E poi, mi sei simpatico! Rassicurati quindi, non ti chiederò nulla. Però affrettati, ti prego! – esorta quasi spazientito.
L’Errante tergiversa, insospettito da tanta pressione. Poi cede, sopraffatto dal desiderio.
S’avventa sulla maniglia di bronzo decorato, e apre la porta adagio, con insicurezza. Entra con gli occhi bassi, e altrettanto timidamente richiude dietro a sé il mondo con le sue follie.
Quando solleva gli occhi, precipita nello sguardo mesmerico dell’etera.
E’ seduta di fianco ad uno specchio che immortala il suo profilo. Sorride, poi reclina il capo lasciando precipitare un fiume color del grano, e con movimenti fluidi si mette a spazzolare i capelli.
Poi, si gira verso lo specchio che s’illumina nell’accoglierle il volto, allunga la mano e prende un pennelletto che appoggia sensuale sulle labbra, tingendole di passione.
Taciturno, rapito in modo quasi estatico, lui rimane ad osservare quel rito, mentre il tempo scorre lento e veloce.
Finito di truccarsi, è lei a richiamarlo. - Vieni da me. Cosa aspetti?
Una musica insinuante è la sua voce, una colata lavica che scorre turbolenta dalle orecchie alla virilità, avvampando impietosa il cuore.
L’Errante la raggiunge, mentre lei si gira e con la mano s’aggiusta la lunga frangia.
Ma in quel gesto, lui percepisce una sensazione di diversità. Un esile velo opaco che si stende, a tratti, su quelle fattezze pur sempre uniche. Probabilmente, ora che un singolo passo lo separa dall’abbraccio, può cogliere meglio i particolari della cortigiana. Sì, certo, c’è qualche accenno di piccola ruga apparsa qua e là, ma in fondo non fa che dare risalto ad una bellezza da dea.
11 commenti
Aggiungi un commentoAmmetto di avere iniziato la lettura di questo racconto incuriosita dal titolo, la parola “sogni” mi attira sempre, e dal dipinto La belle dame sans merci di Cowper, un po’ stucchevole ma pur sempre preraffaellita. Mi aspettavo insomma una quest alla William Morris con la poetica onirica di Lord Dunsany. La solita esigente...
Il racconto mi è piaciuto, di fatto è una rivisitazione della più classica delle quest con un’insolita ambientazione dove la professione dei Sogni e delle Speranze è quanto mai azzeccata (ai tempi di Morris probabilmente sarebbero state delle irraggiungibili vergini).
Immediato e poetico insieme, forse c’è qualche aggettivo qua e là che mi è suonato stonato ma è solo una questione di gusti personali e delle aspettative di cui sopra. Lord Dunsany è praticamente irraggiungibile, da chiunque, ma questo racconto è davvero piacevole e ben scritto.
stile elegante, racconto poetico. hai ammantato di incanto un luogo e una professione che personalmente mi sono sempre parsi squallidi assai.
piacevolissima lettura, dolce morale. grazie.
Grazie Melian e grazie Ringstorm.
Una curiosità, collegandomi al fatto che l'attenzione di Melian è stata catalizzata proprio dal titolo, o meglio dalla parola sogni presente nello stesso.
Il racconto nacque proprio dal titolo. C'era una ora datata canzone (si parla di progressive rock primi anni 70) di Peter Sinfield, ex King Crimson, contenuta nell'album Still (chissà dove sarà andato a finire, ora, il mio povero vinile...): The House of Hopes and Dreams, appunto. Mi piaceva.
Il mio racconto e il testo della canzone (di cui non ricordo un granchè, lo ammetto) non sono per niente legati. Ma fu quel titolo e quella sonorità ad ispirarmi il resto.
Bellissimo, i miei complimenti.. un po' triste e un po' pessimista, ma in linea con il mio umore attuale.. Grazie
Grazie FraRebu per i complimenti.
Circa il tuo umore "attuale"... beh, essendo passati parecchi giorni, spero nel frattempo sia migliorato!
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