Sembra che non ci siano santi. Il Punitore fa cilecca per la terza volta. Il passaggio dalla tavola disegnata al grande schermo penalizza il vigilante Marvel senza pietà. Tutte le volte. Puntualmente.
Pur non essendo mai stato una delle punte di diamante di casa Marvel, il personaggio del Punitore gode da anni di una sua cerchia di lettori non proprio ristretta. Tra comparsate e serie regolari, Frank Castle torna sempre a galla, dimostrando tutto sommato una longevità fumettistica non trascurabile. Sarà merito, forse, dei ripetuti restyling. Le avventure del Punisher su carta mutano ciclicamente stile, alternando il pulp tarantiniano e grottesco, firmato da Garth Ennis nella miniserie Bentornato, Frank, ai collaudati crossover supereroistici, fino ad arrivare alle atmosfere hard boiled, curate sempre da Ennis, per la adulta linea Max. Ed è a quest’ultima versione (si diceva) che il film della regista Lexi Alexander si sarebbe ispirato, proponendo un reboot che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto azzerare i due (mediocri) tentativi precedenti.
Invece no. Punisher - War Zone è l’ennesimo buco nell’acqua. Dimostrazione che Frank Castle, su cellulloide, perde del tutto il carisma della sua controparte a fumetti e si lascia sopraffare dal già visto. In America, il film è stato un tale flop da spingere i distributori a cancellare la già fissata data d’uscita italiana. Il film ha incassato poco più di 10 milioni di dollari a fronte di un costo di 35 (Fonte BoxOfficeMojo). Non vedremo, quindi, il nuovo Punisher su grande schermo, ma direttamente in dvd, forse il prossimo autunno. Quel che viene spontaneo chiedersi, è il perché di un fallimento talmente reiterato da sembrare quasi una maledizione. Sarà perché il Punitore è un personaggio di per sé scontato, fornito di origini e motivazioni terribilmente derivative. Senz’altro. Eppure, l’industria cinematografica statunitense sforna da decenni film d’azione fatti con lo stampino, interpretati da cloni di un archetipo che definire frusto è un complimento. Bruce Willis, Schwarzenegger, Vin Diesel. Tutti eroi vendicativi, abili, forti e feroci. Senza dimenticare il vecchio Charles Bronson e Il giustiziere della notte, classico cui il personaggio del Punisher è fortemente debitore. Nonostante tutto, tra queste pellicole, per la maggior parte inutili, è possibile trovare di tanto in tanto un titolo che, pur senza particolari meriti, riesce a intrattenere per un paio d’ore e forse addirittura a divertire. Questo modesto bersaglio il Punitore non lo centra neanche stavolta. Colpa dell’assenza di una trama davvero intrigante e di una regia scolastica senza veri guizzi spettacolari.
L’attore Ray Stevenson (visto in Roma), che interpreta Frank Castle nel film di Lexi Alexander, avrebbe avuto finalmente il physique du role. Ma gli difetta il copione, e il tentativo di umanizzare l’ex poliziotto trasformato dalla sete di vendetta in un’inarrestabile macchina di morte, finisce ancora una volta col produrre l’effetto di una birra calda. Se l’attore Thomas Jane, nel film del 2004, mostrava un Punitore agli inizi della carriera, ancora provato dall’eccidio della sua famiglia, e lo svedese Dolph Lundgren s’era limitato a prestargli la sua maschera inamovibile, Stevenson se la cava di mestiere, e l’intero impianto filmico non lo supporta più di tanto. Buona l’idea di glissare sull’origine del vigilante (scelta peraltro già adottata dal primo, rozzo Punisher del 1989), mostrandolo già in attività e relegando il massacro dei suoi cari a pochi e didascalici flash back.
Apprezzabile la volontà (assente nei film precedenti) di introdurre la nemesi del protagonista: il gangster Mosaico (interpretato dall’atto re Dominic West) e con questo una dimensione più aderente alla matrice fumettistica. Bel tentativo che però si rivela insufficiente. L’origine di Mosaico è fastidiosamente simile a quella del Joker nel Batman di Tim Burton. Billy Russo (ma nel film è chiamato Russotti) cade in un tritarifiuti traboccante bottiglie di vetro (anziché in una vasca d’acido come la nemesi dell’Uomo Pipistrello), ma sopravvive. Successivamente, assistiamo al momento in cui il chirurgo plastico si prepara a togliergli le bende, avvertendolo che il danno era tale da non permettere risultati davvero apprezzabili. E naturalmente andando incontro alla prevedibile furia assassina del mafioso ormai trasformato in mostro. Se un racconto nasce scandendo tappe già talmente sfruttate, le possibilità di vedere un prodotto riuscito sono davvero scarse. Non ha un destino migliore il personaggio di Loony Bin Jim, il fratello psicopatico di Russotti, una specie di Hannibal Lecter sotto acido interpretato dal bravo Doug Hutchison (Il miglio verde, Lost). Elemento che dovrebbe contribuire alle atmosfere da fumetto iperviolento che si volevano infondere al film, ma che si arena in una performance giggionesca del tutto fine a se stessa. Anche l’idea di mostrare la segreta connivenza della polizia di New York con il Punitore sarebbe stata interessante se non fosse stata inscenata in modo così superficiale. Mostrare gli sviluppi attraverso gli occhi dell’agente F.B.I. realmente intenzionato a catturare Castle, scoprendo le carte poco per volta, avrebbe generato un crescendo del racconto più kafkiano. Inoltre, risulta un passo falso presentare il Punisher in un momento di crisi (ha causato la morte di un agente federale sotto copertura) e il suo melenso rapporto con la neo vedova con bimbetta a carico (interpretata da Julie Benz, che dopo essere stata la compagna di Dexter sembra recitare sempre lo stesso ruolo) non aiuta certo a delineare la sagoma del vigilante inarrestabile e maniacale a cui ci hanno abituato i fumetti. Frank Castle, dovrebbe essere un personaggio schivo, che non dà mai vera confidenza al suo pubblico.
Un’ottusa, spaventosa macchina di morte simile a un Terminator. E paradossalmente, solo la mascella granitica del bistrattato Dolph Lundgren, in qualche breve sequenza dell’orrido film dell’89, riusciva a rappresentare almeno in parte queste caratteristiche. Il film del 2004, introduceva lo spunto della vendetta shakespeariana del protagonista, volta ad annientare psicologicamente il suo nemico attraverso un piano machiavellico. C’era poco del Punitore classico, in questo modus operandi. Ma era un tentativo, sia pure non riuscito, di raccontare una storia dal respiro più ampio. Punisher - War Zone soffre, invece, del suo stesso sforzo di aderire al fumetto cui si ispira. E la vicenda anziché mettere le ali si affloscia, stagnando nella prevedibilità più noiosa.
Il film di Lexi Alexander fa anche un largo uso dell’effetto splatter. Anzi, un copioso, pessimo uso di emoglobina con risultati ai limiti della farsa. Facce che esplodono non appena colpite da un pugno, schizzi di sangue con effetto fontanella, decapitazioni, corpi che vanno letteralmente in pezzi. Un circo slasher che sembra voler colmare un vuoto narrativo desolante, in cui tutto è prevedibile, e dove la suggestione visiva latita dal principio alla fine.
Se cercate un film d’azione con un eroe bidimensionale, discretamente spettacolare, pieno di violenza, raffiche di mitra ed esplosioni, per passare una serata senza pensieri, la più vicina videoteca trabocca di titoli più papabili di questo ennesimo Punisher. E speriamo che dopo questo terzo scivolone, Hollywood si decida a lasciare in pace Frank Castle. Un altro brodino insipido come questo meriterebbe davvero una visita del Punitore.
4 commenti
Aggiungi un commentoL'ho visto con piacere, ma staccando la spina al cervello. Troppe cavolate, sia narrative che visive, poco Punitore (anche se non sono affatto un esperto del personaggio). Forse a Hollywood temono personaggi come lui, e quindi li annacquano. Strano però che il Rorschach di Snyder risulti molto più spaventevole di questo Punitore all'acqua di rose... evidentemente le ragioni sono altre (o magari non ce ne sono proprio...). Secondo me il principale difetto di questi produttori è che cercano di dare spessore emotivo a un uomo che, almeno secondo la visione di Ennis, ha poco o nulla di umano: un killer puro e semplice, ci vuole tanto per capirlo? In certi tratti del film poi, lo hanno reso ridicolmente patetico... ma quando mai? Nella serie Max scritta dallo stesso Ennis, il Punitore non ha esitato a disintegrare Micro dopo il suo tradimento (seppure generato da buone intenzioni). Concordo con la speranza finale scritta in recensione: lasciate perdere! Frank non fa per voi!
7
Non è del tutto vero. A cavallo del cambio di decennio fra anni '80 e anni '90, le testate del Punitore erano, in casa Marvel, seconde per vendite solo a quelle su X-Men e mutanti vari (per un breve periodo riuscendo a superare persino Spider-Man). E nei primi anni '90 la sua fama era almeno pari a quella di Wolverine e persino superiore a quella di un personaggio di "punta" dell'epoca (Ghost Rider). Bastava far comparire il Punitore come ospite di una testata moribonda, per risollevarne le vendite.
Prima dell'85... idem: ogni apparizione del Punitore su un'altra testata faceva registrare un picco di vendite. Alla Marvel si chiedevano se fosse il caso di dedicargli una testata, ma Jim Shooter (Editor in Chief) faceva resistenza. Alla fine la dirigenza glie lo impose.
Il crollo... per abuso del personaggio, è stato improvviso nel '95. Con cancellazione repentina di tutto il suo parco testate.
A mio parere, fumettisticamente parlando, il punitore è un personaggio "debole". Un personaggio la cui caratterizzazione è difficile rendere interessante, se non a prezzo di grossi sforzi equilibristici. La duttilità narrativa del personaggio è scarsa, sproporzionata rispetto alla sua popolarità.
Ad esempio, nella prima serie "Punisher" (1985) la difficoltà è stata risolta così: Mike Baron (sceneggiatore eccellente) usava il punitore come pretesto per parlare di temi sociali, riuscendo così a sospendere il giudizio morale sul personaggio.
Quello di Ennis, pur scelta estrema, è anch'esso un equilibrismo narrativo... che funziona!
A Hollywood, già troppo preoccupata di vendere i popcorn in sala e con la maggiore rigidità del processo produttivo che ha un film rispetto a un fumetto, equilibrismi così non se ne possono fare.
deludente il precedente film? ma come si fa a dire certe cose...recensione a cui non faro' caso.
Quoto. Perché fermarsi a deludente quando il termine orrendo calza a pennello?
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