Bryan di Boscoquieto nella terra dei mezzidemoni, scritto all’età di 16 anni:

- solo tre le recensioni su IBS, www.ibs.it che considerate nell’insieme danno una media piuttosto tiepida ma non sufficientemente indicativa come ‘termometro’ del rifiuto o del gradimento.

Bryan di Boscoquieto. Nella terra dei Mezzidemoni
Bryan di Boscoquieto. Nella terra dei Mezzidemoni

- su Anobii questo libro raccoglie invece quasi il plebiscito (www.anobii.com/books/ ). Peccato che sia a base di pomodori, visto che quasi tutti i lettori gli attribuiscono una stellina, che nella legenda anobiana equivale, papale papale, a ‘brutto’. Per i lettori di Anobii, dunque, Bryan di Boscoquieto è un libro decisamente deludente senza alcun appello, neppure la scusante dell’età.

I difetti contestati sono la somiglianza con un videogioco, il che tradisce l’inesperienza dell’autore in fatto di tecnica narrativa e di contenuti, la ricorrenza della fantasie sessuali, anch’esse indice di tempesta ormonale che affligge l’adolescenza (anche se bisogna dire che sotto questo profilo Bryan di Boscoquieto è affetto da una misoginia di fondo che personalmente non esito a definire preoccupante ed estremamente diseducativa – aspetti che un editore dovrebbe valutare attentamente, vista la responsabilità che si prende definendo il prodotto ‘per ragazzi’) e, infine, le incongruenze logiche nel dipanarsi della trama.

L’aggettivo gentile che ricorre più spesso è “imbarazzante”. Di certo non un aggettivo invidiabile.

Cosa ci dicono, tirando le somme, questi dati? Se li uniamo alle dichiarazioni di due dei tre editor che hanno caldeggiato la pubblicazioni di questi libri, ci dicono parecchie cose.

Sul blog della Lipperini, Rosella Postorino, scrive:

“Einaudi Stile libero è orgogliosa di aver inaugurato la sua collana fantasy con il romanzo d’esordio di Chiara Strazzulla, che però, come ogni libro, può incontrare i gusti di alcuni lettori e deluderne invece altri[…].

Quello che avviene in questo romanzo ha, evidentemente, proporzioni mitologiche. E tengo a sottolineare che Chiara Strazzulla, appassionata di mitologia greca, vi ha attinto moltissimo, in particolar modo all’Iliade, al ciclo degli Argonauti e a tutta l’opera tragica di Euripide, così come alle leggende nordiche e celtiche, e dichiaratamente all’opera di Tolkien, in particolare al Silmarillion; alcuni luoghi sono un tributo esplicito ai luoghi del Signore degli Anelli”.

Nel comunicato stampa rilasciato invece da Newton Compton all’indomani dell’ articolo della Grilli, si legge invece:

Durante la fiera [di Torino – NdT], Cristiano Armati, uno dei nostri editor, venne avvicinato da un ragazzo giovane e timido che, come fanno tanti aspirati scrittori, girava per gli stand alla ricerca di qualcuno a cui proporre il suo romanzo. Come potrà immaginare, nel corso di un evento come il Salone del Libro gli editor sono letteralmente ricoperti di proposte di ogni tipo e non sempre riescono a mantenere la lucidità necessaria per rispondere in modo compiuto a tutti gli autori esordienti. Cristiano Armati, tuttavia, venne incuriosito dal manoscritto del giovane Ghirardi — un tomo di oltre cinquecento pagine che prometteva di incrociare le suggestioni di Tolkien con le visioni futuriste di Matrix — e così, quella stessa sera, al momento di rientrare in albergo, decise di portare con sé il futuro Bryan di Boscoquieto.

La lettura del manoscritto avrebbe riservato delle bellissime sorprese[…]. Sulla base delle conclusioni del nostro editor e sulla scorta di altri pareri positivi provenienti dal nostro comitato di lettura, abbiamo deciso di pubblicare il libro di Federico Ghirardi […]”.

Bene, di fronte a queste esternazioni, e ai relativi libri commercializzati, una cosa emerge

chiaramente: nessuno dei due editor ha esperienza di narrativa fantastica, né antica né moderna; diversamente avrebbe colto subito i limiti degli autori e avrebbe cercato di guidarli, se possibile, in altre direzioni; avrebbe colto le ridicolaggini, l’eccessivo ricalco dei modelli di riferimento, la evidente mancanza di un ampio ventaglio di letture di genere alle spalle; e si sarebbe accorto che il binomio fantasy-volumone di centinaia di pagine a prescindere dal contenuto è un’equivalenza fallace, che può apparire valida solo a qualcuno esterno al genere. Tutti difetti evidentissimi a qualsiasi fruitore abituale di questa narrativa, pur senza esperienza strettamente editoriale alle spalle.

Torna allora a galla una questione già fatta presente nell’articolo di un anno fa: l’immissione di prodotti non originali, o in alcuni casi addirittura scadenti e molto diseducativi, non è ‘colpa’ degli autori o tantomeno dei relativi, ambiziosi genitori, bensì di editori che, annusata l’età dell’oro del Fantastico, cercano di capitalizzarla velocemente improvvisandosi su un genere di cui non sanno nulla e che maneggiano sulla base del sentito dire e dei cliché mutuati esternamente. Come ad esempio quello che il target di questa narrativa sia prevalentemente giovane e che bastino due elfi e un incantesimo a fare tutti felici. Un trend sfortuatamente in espansione, come dimostra il seguente, illuminante articolo di Martina Frammartino pubblicato qualche giorno fa: /approfondimenti/10540