Viviamo in un’epoca in cui il sapere si estende velocemente e dunque si impongono le specializzazioni per poter continuare a essere professionali e competitivi. E come non esiste il chirurgo o l’insegnante tuttologo, è tempo che anche editor e direttori editoriali si adeguino. Non si può trattare le nicchie come si farebbe col mainstream, altrimenti i risultati pedestri sono sotto gli occhi di tutti. E non si può pretendere di guidare giovani inesperti se, in relazione al genere trattato, lo si è altrettanto.

Il consiglio dunque è, per gli operatori delle case editrici, di informarsi meglio, di leggere i fondamentali, di osservare le community, di fare domande, di testare, di interfacciarsi come grazie al web è ora possibile fare, in modo da formarsi una ben più solida cultura di genere. Certo si tratta di una pratica che richiede tempo, ma che alla fine può ripagare della fatica.

Diversamente, può andare bene la prima volta, visto che un autore sconosciuto è un’incognita e il lettore può anche decidere di rischiare, attratto magari da una copertina o da una quarta che pare accattivante. Ma la seconda volta non avrà nessuna possibilità nei confronti di un pubblico che già in precedenza si è sentito tradito (soprattutto oggigiorno, quando le notizie volano sulle ali di Internet imprimendo al vecchio passaparola una velocità un tempo impensabile). Almeno non del pubblico che tipicamente legge certa narrativa. Che poi è l’unico che l’editore dovrebbe voler fidelizzare ogni volta che decide di sfornare libri non mainstream, perché è quello che, se soddisfatto, continuerà a comprare la collana anche quando il Fantastico (o qualsiasi altro genere) sarà passato di moda e subirà una contrazione (per quanto personalmente non ritenga si possa tornare, grazie a Peter Jackson e a JKR, alle dimensioni di nicchia striminzita pre anni 90).

Del resto lo verificheremo fra poco, visto che sono appena usciti sia il seguito di Bryan di

La copertina di La strada che scende nell'ombra
La copertina di La strada che scende nell'ombra

Boscoquieto che una seconda opera della Strazzulla.

Se invece le mire sono indirizzate all’effimero e al pubblico indifferenziato che oggi c’è e domani chissà, allora le strategie di cui sopra possono senz’altro soddisfare, dal mero punto di vista commerciale e quindi del solo editore, anche con queste politiche del ‘one-off’. Ma ogni volta successiva ci si dovrà inventare però un one-off diverso, e allora forse per la prossima stagione attendiamoci un fantasy boom di nonnini novantanovenni alla prima pubblicazione.

Di certo però, qualitativamente, questa politica non fa bene al genere, non rafforza la reputazione del marchio editoriale in relazione a detto genere e non aiuta gli autori, che non solo non sopravvivranno all’effimero, ma fra qualche anno guardandosi indietro, potrebbero sentirsi imbarazzati di fronte a prodotti assolutamente troppo acerbi per essere additati a esempio.