"Quando il re scacciato reclamerà il regno, egli andrà incontro ben presto al suo destino, e ciò avverrà perché ha voluto fare più degli dèi stessi. È ebbro di superbia, ha provocato la collera del dio creatore di tutte le cose ed è andato lui stesso in cerca del male che lo colpirà."
Cronista azteco
Diego Duràn - Historia de las Indias
Osservo il mio re con sguardo umile.
In altri tempi mi sarebbe costata la vista, ma non questa notte. Sono soltanto uno schiavo donatogli fin dalla nascita, niente più. Non mi è dato conoscere i suoi pensieri, o giudicare le sue azioni. Il mio compito è di ascoltarne il volere, e farlo mio.
Dove sono gli dèi? Chi fermerà i venti che spazzano lo spirito del mio popolo?
Tempi oscuri sono calati su Mexico.
Il primo figlio della Grande Madre è solo, in piedi sull'enorme terrazzo del tempio. Tiene gli occhi fissi sulla città, il volto illuminato appena dal riverbero degli incendi che consumano il nostro mondo. Moctezuma è il suo nome, il prescelto per guidare i figli di Aztlan. C'è un velo che ricopre il suo viso; un velo d'incertezza che lentamente si scioglie in paura e ne avvinghia l'anima ormai persa nell'aria satura di morte, e nelle acque rosse di sangue.
- Paynal! - La sua voce tuona con piglio imperioso, al di sopra dei rumori della battaglia giunta alle porte dei giardini imperiali.
Mi avvicino, senza timore.
- Mio re...
Il suo sguardo è triste, mi ricopre come l'aria calda che certi giorni arriva da Coatepec, la montagna sacra. Mi osserva per qualche istante, senza la superiorità che gli appartiene per diritto divino; quello che ho davanti è un uomo, come me.
Che gli dèi perdonino i miei pensieri.
- Paynal, a volte penso che l'antica saggezza sia perduta per sempre - dice, il tono triste. - Oggi persino gli dèi sono ammutoliti, il silenzio è caduto su di noi, schiaccia le nostre menti e persino il tempo sembra essersi assopito. Anche la comprensione, anch'essa è perduta. Ci credevamo eterni, eletti, e invece il Buio chiama anche noi al suo cospetto.
Sono uno schiavo, ma conosco le leggende: quando gli dèi tacciono, gli oracoli non possono dare risposte, e i figli che dominano la terra in loro nome non hanno più destino. È così che il Chilam Balam, il libro delle profezie, descrive l'inizio della fine del tutto.
Ora Moctezuma alza le braccia, aprendole poi con un lento movimento circolare. Sembra voglia cingere a sé il drappo maculato delle stelle e il mondo che vi è sotto.
- Guarda - esordisce, indicando ogni luogo e nessuno in particolare. - Non ricordiamo più il tempo in cui eravamo cacciatori e guerrieri. Le montagne di Aztlan ci hanno dato la vita, da lì siamo scesi per volere degli dèi e abbiamo conquistato il mondo per loro desiderio. Oxitipan, a nord, limite dell'impero; la ricca terra di Tochtepec, a Oriente, o Huaxtepec a sud, con le sue essenze rare. Le nostre città sono come tante gemme preziose: Texcoco, Nopala, Tlacopan… Nessuno può eguagliarle in bellezza e prosperità. E Tenochtitlàn, la capitale, centro del regno, ieri inno allo splendore del popolo azteco, e oggi soltanto un rogo. Dimmi, Paynal, la tua mente riesce a comprendere? A capire ciò che a me sfugge con tanta insistenza?
Come posso dire che sì, io comprendo? L'antico splendore è perduto. Ora resta il dolore, unica cosa reale che accompagnerà i nostri pensieri e le disgrazie che verranno.
Il mio signore appoggia le mani sul balcone di pietra, con le dita sfiora gli antichi rilievi chiedendo in cambio un conforto che non basta più. Le incisioni sono sempre lì, a raccontare la nostra storia, ma anch'esse stasera sembrano prive di qualsiasi significato, che sia umano o divino.
Lontano, verso sud, i bagliori del fuoco portano fino a noi la sorte delle case, dei templi, dei giardini. Il rumore del metallo rieccheggia tra gli edifici simile a un grido disperato, e ci racconta la sorte degli uomini. Roghi s'innalzano fino all'orizzonte, là dove avviene il bacio fra Terra e Cielo. Colonne di fumo reclamano il dominio dell'aria come dita avide.
La rigenerazione è iniziata, e passa per la fiamma. Così dev'essere.
Cosa resterà a ricordare le nostre gesta? O la grandezza del mio re e dei suoi figli? Sono solo domande che si dissolvono stanche, perse anch'esse tra piramidi e torri che come forme opache s'inseguono in questa notte di sangue e magia.
Una piccola piroga emerge timidamente tra il fumo e il caos, costeggiando prudente i canali che attraversano il quartiere commerciale e tagliando i mille riflessi dei fuochi che divampano senza pietà. Si dirige verso di noi; gli uomini che sono a bordo agiscono sui remi con fare stanco, ogni colpo in acqua è un canto di rassegnazione. Solo una possente figura maschile, al centro, si distingue per contegno e sicurezza.
5 commenti
Aggiungi un commentoMi piace molto: è cupo, solenne, molto suggestivo. Esprime molto bene la potenza, la tragedia, l'ineluttabilità del destino e la fine di un mondo (o forse la sua continuazione, in un modo misterioso e nascosto).
Mi piace molto lo stile, diretto ed epico al tempo stesso. Dà voce in modo credibile ai personaggi, alla belva, alle antiche pietre.
Una segnalazione: con Explorer è impossibile leggerlo, io ci cono riuscita con Mozilla. Forse molti non riescono a scaricarlo, di sicuro è per questo che nessuno lo ha ancora commentato. E' un vero peccato, sia per il bravo Alberto che per i lettori, perchè davvero il racconto merita! Si può far qualcosa per renderlo leggibile con Exlorer?
Angela
Amo i racconti che sposano la Storia e il fantastico. Soprattutto se sono ben fatti...
E Alberto Cola - vecchia conoscenza del fantastico italiano - è uno che i racconti li sa scrivere!!!
Scopro ora che è stato pubblicato questo mio racconto e ne sono felice.
Ringrazio per gli ottimi commenti.
Continua a non potersi leggere con Explorer. Qualcuno, in redazione, faccia qualcosa. I racconti di Alberto meritano sempre una lettura attenta.
Letto e molto apprezzato.
Come dice il buon Fabio,anch'io adoro i racconti a metà tra il fantastico e lo storico.
L'incipit è davvero notevole.
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