Poiché molti lettori attribuiscono - erroneamente - più peso alle stelline che al contenuto della recensione, dirò subito che le due stelline date a La Caduta di Krune sono leggermente approssimate per difetto.
Precisato questo e sgombrato dunque il campo da possibili equivoci, veniamo al sodo.
In questo secondo romanzo lo stile di Michele Giannone, che già aveva mostrato ben poche sbavature nel precedente Il Segreto di Krune, giunge a sua completa maturazione, regalandoci una prosa estermamente scorrevole e accurata (probabilmente frutto di numerose e certosine revisioni da parte dell'autore) e dialoghi assolutamente convincenti.
Il 'però' che non porta a guadagnare la terza stellina, in questo caso è da ricercarsi dunque nella mera storia che ci viene narrata.
Lungo tutto il libro si ha l'immagine mentale di un arco che viene teso, teso, teso all'infinito, aspettando che la freccia finalmente scocchi. Ma la freccia scocca solo dopo due terzi del romanzo. Un po' troppo per una carburazione bilanciata.
Anche Il Segreto di Krune soffriva un po' di questo difetto, ma in misura nettamente inferiore: superato in fatti il primo centinaio di pagine, la vicenda prendeva finalmente il suo ritmo, che veniva mantenuto sino alla fine.
Nella Caduta di Krune invece, gran parte del romanzo sembra meramente preparatorio a quanto poi effettivamente succederà. E se da un lato questo offre all'autore la possibilità di compiere un grosso lavoro di introspezione sul persoggio principale, Jaat, e sulle implicazioni sociologiche di una guerra civile che ha semplicemente ribaltato i ruoli degli uomini e le donne senza cambiare alcunché, dall'altro rallenta inevitabilmente il godimento del lettore. Il quale indubbiamente ama nutrirsi di contenuto più profondo della solita quest eroica come ce ne sono tante in giro (e alla quale, per inciso, il romanzo di Giannone non somiglia affatto, questo sia chiaro), ma ambisce anche a leggere una storia dall'andatura più sostenuta e concreta, in una chiave un po' più oggettiva e meno psicologica.
La Caduta di Krune si risolve dunque in una vicenda dal disegno complesso e ambizioso, che Giannone conduce in porto soddisfacendo tutte le curiosità del lettore, incluse quelle originate dal primo romanzo; una vincenda autoconclusiva (anche se resta aperto un possibile spiraglio per un seguito) e provvista indubbiamente di un suo tasso di originalità (così come l'aveva, del resto, il primo romanzo); una vicenda narrata con una migliore, e ora totale, padronanza tecnica. Tuttavia, rispetto all'episodio precedente, La Caduta di Krune possiede molto meno mordente e anche nell'ultimo terzo del libro, dove tutto viene a compimento, non mancano momenti eccessivamente dilatati che, per quanto lirici, finisicono per appesantirlo.
27 commenti
Aggiungi un commentoSempre di località laziale si tratta, no?
Appena ho due minuti ci vado e, se non lo trovo, rimprovero il distributore
con comodo, Miché
Per inciso: anche io considero Michele un signore, a partire dai suoi primi interventi che lessi in rete.
A parte questa piccola premessa, immagino Michele sia più interessato alle impressioni suscitate dal suo romanzo (a proposito, l’ho comprato su internet senza nessun problema), quindi continuo su questa strada.
Devo dire che le mie sono vicine a quelle della recensione, a cominciare dalla considerazione, anzi la certezza, che la prosa ha mantenuto la scorrevolezza vista ne ‘Il segreto’.
Il punto di svolta rispetto al precedente volume l’ho effettivamente notato nell’inserimento di molte idee — come anticipato dall’autore nella discussione su ‘Il segreto di krune’ — portatrici di un effetto domino che all’inizio mi ha galvanizzato; nella prima parte è chiara l’intenzione di stravolgere e arricchire la trama.
Se da un lato mi sono trovato in mezzo a capovolgimenti importanti per le sorti di Krune, dall’altro, la parte introspettiva del protagonista ha preso il sopravvento su tutto il resto, adombrando il potenziale effetto esplosivo di alcune rivelazioni. Jaat si è sempre rivelato in grado di prevedere (non parlo di veggenza, ma di supposizioni il più delle volte azzeccate) ogni mossa, sua o di chi gli stava attorno, andando proprio a sottrarre l’entusiasmo di vivere quei particolari momenti. Questo aspetto in particolare mi ha lasciato l’amaro in bocca: sottovoce ho preso a male parole Jaat e la sua onniscienza . Forse, azzardo, ma resta una mia opinione, la mancanza di un’altra solida figura centrale ha sbilanciato l’equilibrio, nonostante di personaggi se ne incontrino molti nel corso delle pagine.
A questo proposito, Michele, devo confessarti che le caratterizzazioni degli altri protagonisti non mi hanno colpito, perché il registro usato mi è parso mantenersi sempre uguale per molti di loro. Sensazione che avevo avvertito anche ne ‘Il segreto’, ma avendo un numero di ‘attori’ nettamente inferiore al presente volume, non aveva pesato sul mio giudizio.
In sostanza, mi è mancato quel pathos necessario a ‘distinguerli’ l’uno dall’altro, a trovare anche i dialoghi più realistici.
****************************** ATTENZIONE SPOILER ***********************************************
Ho trovato ben congegnata e carica di spessore la parte sulla rivelazione dell’Unicorno, sicuramente molto evocativa. Complimenti.
Bello anche lo scorcio che ha visto in scena gli ‘Uomini di pietra’ e ho apprezzato l’idea del Mantello di Elle. In merito a quest’ultimo, la scena della distruzione di Sazzal è resa bene nella sua tristezza, ma, opinione personale, avrebbe avuto un impatto superiore se tu avessi affondato il coltello sul versante della drammaticità. Si sente la pena e la sofferenza della gente, ma svanisce in fretta, leggera come piuma.
****************************** FINE SPOILER ***********************************************
Per quanto riguarda la quarta di copertina e l’eventuale spoiler di Mareq Tha, nessun problema, su di me non ha pesato minimamente. Però ti faccio un paio di domande: la scelta di escludere Mareq Tha l’hai fatta per non rubare spazio a Jaat, per lasciarlo assoluto protagonista — e qui mi riallaccio all’ipotesi della mancanza di un’altra presenza forte, come lei effettivamente era —, o perché il suo personaggio non aveva più nulla da dire?
Inoltre, aver partorito una figlia che di fatto non si vede quasi mai, è stato un pretesto per rendere più convincenti le motivazioni di Jaat nel combattere anche questa battaglia, o hai in previsione, sempre che tu possa anticipare la risposta, qualche seguito con lei come protagonista?
Grazie anche a te, By Ax.
Interventi come il tuo sono una manna dal cielo per un autore, perché gli permettono di vedere la propria opera attraverso ciò che ha percepito il lettore e, di conseguenza, capire se è riuscito o meno nelle intenzioni che si era preposto in fase di stesura del romanzo.
Rispondo in ordine sparso alle tue considerazioni e ai tuoi dubbi (tanto Marina ha detto che alle sue posso replicare con comodo ).
Sapevo sin da quando ho incominciato a preparare il secondo romanzo che “La caduta di Krune” sarebbe stato imperniato su Jaat (in realtà anche da prima, come spiegai nella nota finale del romanzo precedente).
Questo non implicava, di per sé, la necessità della morte di Mareq Tha. Ci ho riflettuto a lungo: un autore non rinuncia a cuor leggero a un proprio personaggio, tanto più se ad esso è legato come lo ero io a Mareq Tha.
Tuttavia, dopo attenta riflessione, ho deciso di operare questa scelta, spinto da esigenze di drammatizzazione e dalla considerazione (passatemela) che non decidiamo noi se chi ci è caro ci sopravvivrà o meno; è la vita (raccontata in un mondo di finzione, certo, ma pur sempre vita) a farlo.
Forse, come hai sottolineato, by Ax, questo ha sbilanciato il punto di vista. Nei miei intenti, tutto quello che avrei narrato ne “La caduta di Krune” doveva essere filtrato da Jaat.
Lui nel romanzo precedente era stato, assieme a Mareq Tha, il catalizzatore delle trasformazioni di cui in questo è spettatore prima e attore poi. Su di lui doveva ricadere il peso della responsabilità per ciò che era successo (sotto tale aspetto, l’eventuale presenza di Mareq Tha avrebbe annacquato i dilemmi di Jaat e, di conseguenza, la drammatizzazione delle vicende di cui era protagonista).
In questa direzione ho lavorato, anche attraverso il confronto di Jaat con le varie “anime” del Matriarcato. O almeno ci ho provato: la tua recensione parrebbe presupporre che, con te almeno, non ci sono riuscito. Aspetterò anche le altre: se confermeranno la cosa, non potrò che recitare il mea culpa e mettermi di buzzo buono nel prossimo romanzo per migliorare quello che potrebbe risultare un difetto e non di poco conto.
Circa la figlia di Jaat e Mareq Tha, hai visto giusto: Isyria, nel romanzo, rappresenta per il protagonista l’anelito alla speranza, lo sprone per non arrendersi quando tutto pare perduto, il motivo per cui cercare di rendere il mondo un posto migliore in cui viere (d’altra parte, ogni figlio non dovrebbe rappresentare qualcosa di simile per i propri genitori?).
Circa la possibilità di un seguito, sì, è vero, ci sono elementi che mi consentirebbero di scriverlo ma per il momento intendo abbandonare le terre di Krune. Semmai dovessi sentire l’esigenza di raccontare un’altra storia ambientata lì, ci tornerò. Per il momento però altri progetti incombono: un nuovo fantasy che ho già iniziato a scrivere e un romanzo di genere diverso.
Per concludere, mi fa piacere che tu abbia apprezzato la parte strutturale (chiamiamola così) del romanzo. Creare una cosmogonia coerente e un sistema di magia che abbia solide basi è in un fantasy un lavoro delicato e niente affatto facile. Riscontrare, in tal senso, la soddisfazione del lettore è per l’autore motivo di soddisfazione.
Ovviamente resto disponibile per qualsiasi altro dubbio o questione tu volessi pormi.
Io te la passo, eccome.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID