Salani Editore ha dato da qualche tempo alle stampe Il patto di Mezzanotte, un libro fantasy che sembra aver riscosso parecchio successo in patria. Torneremo su questo volume al più presto con una recensione. Ma non è il libro l'oggetto di questa intervista, bensì i suoi traduttori: Silvia Castoldi e Marco Passarello uniti nella vita e nella professione. Si tratta del loro debutto nel genere. Infatti, pur praticando da anni l'ambiente del fantastico, non avevano mai tradotto un volume Fantasy.
Lascio la parola a loro due, all'intervista che riprende il ciclo delle interviste ai traduttori.
Ciao Silvia e Marco, vi ringrazio e vi dò il benvenuto su Fantasy Magazine. Vi presento ai nostri lettori. Cosa fate oltre a tradurre romanzi?
Silvia: Ciao Emanuele, grazie. Tradurre è la mia attività principale, ma svolgo anche collaborazioni editoriali di altro genere (letture di romanzi inediti, revisione di testi e traduzioni) per varie case editrici, e in particolare per la redazione di Urania.
Marco: Ciao Emanuele grazie anche da parte mia per averci interpellato. Mi sono occupato a lungo di traduzioni tecniche. Da un decennio a questa parte però la mia carriera principale è quella di giornalista. Ho fatto parte della redazione di vari periodici tecnici, e attualmente mi occupo delle edizioni italiane di ComputerBild e AudioVideoFotoBild. Ho collaborato con Rolling Stone, Weekend & Viaggi, Focus, Wired e altri.
È il primo romanzo tradotto in coppia?
Marco: No, per l’editore Alacran abbiamo tradotto insieme il romanzo Ultima Corsa, un’avventura del celebre rapinatore Parker scritta da Richard Stark (pseudonimo di Donald E. Westlake). È apparsa con la firma di entrambi anche l’antologia Gente di Israele di Ruthie Blum, ma in realtà quel lavoro era interamente di Silvia. Abbiamo inoltre tradotto insieme numerosi testi di saggistica politica.
Come organizzate il lavoro in tandem?
Silvia: Decidiamo all’inizio come suddividere la mole di pagine da tradurre sulla base delle reciproche disponibilità di tempo, e ci consultiamo sulle scelte lessicali e terminologiche. Mentre lavoriamo ci teniamo reciprocamente informati delle scelte fatte, e ci sottoponiamo a vicenda i problemi incontrati. Successivamente ognuno rilegge il lavoro dell’altro e propone delle modifiche, anche per mantenere l’omogeneità.
Marco: In alcuni casi particolari in cui tenevamo particolarmente al risultato abbiamo tradotto separatamente lo stesso testo, senza consultarci, e poi abbiamo discusso il risultato, frase per frase, scegliendo ogni volta la soluzione che a tutti e due pareva migliore. Però si può fare questo lavoro per una pagina o un capitolo, non per un intero libro!
E singolarmente?
Silvia: Cerco di darmi un ritmo costante, decidendo in anticipo quante pagine tradurre ogni giorno, in base alla scadenza e a eventuali altri impegni lavorativi.
Marco: Abbiamo una buona collezione di dizionari cartacei, ma ormai non li usiamo praticamente mai: sfruttiamo i dizionari online, oltre a Google e Wikipedia. Se c’è qualche frase che non riesco a rendere bene o qualche passaggio dubbio, lascio il testo evidenziato. Una volta terminata la prima stesura, rileggo il testo, apporto correzioni e risolvo i punti lasciati in sospeso.
Quali sono stati i vostri primi lavori da traduttori?
Silvia: Il primo romanzo uscito con la mia traduzione è stato Creature dell’inframondo di John Shirley, edito da Urania nel 2005. In precedenza avevo tradotto una grande quantità di saggistica e varia, oltre a un romanzo, The Girl Who Trod on a Loaf di Kathryn Davis, che però non fu pubblicato a causa di un ripensamento della casa editrice.
Marco: Il mio primissimo lavoro come traduttore lo feci a diciotto anni: scrissi la traduzione della famosa “scatola rossa” del gioco di ruolo Dungeons & Dragons per il negozio "I Giochi dei Grandi" di Verona, che veniva poi allegata in fotocopia al gioco originale. Spero che tutti se la siano dimenticata: all’epoca la mia conoscenza dell’inglese era piuttosto rudimentale. Un paio di anni dopo mi offrii come traduttore tecnico alla rivista SM – Strumenti Musicali, e imparai a tradurre sul campo lavorando su interviste a musicisti e articoli tecnici. Per un certo periodo tradussi anche fumetti, tra cui le strip dell’Uomo Ragno su Eureka, e un graphic novel di Jim Starlin intitolato Dreadstar. La mia prima traduzione letteraria vera e propria furono però due racconti noir di Jason Starr e Chaz Brenchley sull’antologia Cuore Nero edita da Fernandel.
Quali sono le vostre letture preferite? Quali autori sono irrinunciabili per i lettori secondo voi?
Silvia: Per il genere fantasy ho molto amato le storie di Elric di Melniboné di Michael Moorcock, e quelle di Fafhrd e il Gray Mouser di Fritz Leiber, nonché La spada spezzata di Poul Anderson. Tra gli autori più recenti citerei George R.R. Martin con le Cronache del ghiaccio e del fuoco.
Marco: Il mio genere preferito è sicuramente la fantascienza. Al di là di questo sono onnivoro, e tendo a leggere di tutto, con preferenza per i testi contemporanei. Per la fantasy condivido i gusti di Silvia. E c’è un altro romanzo che considero fondamentale, Cuore d’Acciaio di Michael Swanwick. In campo fantascientifico, tra i contemporanei adoro Richard Morgan e Ted Chiang.
Sul comodino adesso c'è…
Silvia: Persi in un buon libro di Jasper Fforde, il secondo romanzo dedicato al personaggio dell’investigatrice letteraria Thursday Next. Se sia fantascienza o fantasy, non saprei dirlo…
Marco: Il nuovo romanzo di Laura Pugno, Quando Verrai, e un paio di saggi di musica e cucina. Dopo questi ho già in coda La Valle degli Eroi di Jonathan Stroud, e poi affronterò il colossale Contro il Giorno di Thomas Pynchon.
2 commenti
Aggiungi un commentoMolto interessante questa intervista, conoscere il lavoro del traduttore è sempre un'ottima medicina alle facili critiche rivolte a questo non facile mestiere.
Che fortuna avete: dev'essere molto stimolante tradurre a quattro mani, scambiarsi punti di vista sul testo vivendolo così da vicino! Inoltre mi ha colpito particolarmente l'immagine del traduttore che si sdoppia, calandosi sia nei panni dell'autore sia del lettore. Da traduttrice, istintivamente lo faccio anch'io, ma non avevo mai identificato in maniera così precisa questa procedura un po' "schizofrenica"... Infine, concordo che Attilio Veraldi era anche un traduttore straordinario. Mi è rimasta impressa una sua traduzione di un romanzo di Fay Weldon, tanti anni fa. Leggendolo pensavo che anch'io avrei voluto imparare a tradurre così, un giorno...
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