Da La magia celtica
(in Parte Seconda. Astrologia, magia e folklore)
La magia che noi chiamiamo «celtica» si divide in due filoni: la magia rituale druidica e la magia popolare. L’attuale magia celtica è, in realtà, una derivazione di rituali precristiani, conservati nel folklore popolare e mescolati con elementi della stregoneria, che nei secoli si sono fusi al punto tale che è quasi impossibile dire, di un rituale, se è davvero celtico o se è stato modificato nel tempo da altre influenze. Come ho già detto, manchiamo quasi completamente di dati, però è arrivata fino a noi una serie di incantesimi, preghiere, rituali e invocazioni, i Carmina Gadelica, raccolti nel corso di molti anni (dal 1855 fino alla morte) da Alexander Carmichel e pubblicati a partire dal 1889. Egli li raccolse solo nelle aree di gaelico, cioè Irlanda, Scozia e isole scozzesi, quindi sono forzatamente parziali. Molti sono chiaramente influenzati dal Cristianesimo e ci convivono democraticamente angeli e santi, la Madonna e Dagda, Bride e Gesù; ma alcuni sono di sicura derivazione celtica e sono stati adattati modernamente a uso dei gruppi neo-druidici e neo-pagani. […] Sulle antiche e autentiche tecniche rituali magiche dei Druidi, singole o collettive, si è molto discusso, a causa della difficoltà di reperimento di fonti storiche certe fra le innumerevoli leggende sull’argomento, che ha costretto gli studiosi a un paziente lavoro per ricostruire una immagine il più possibile vicina al reale. Che essi esercitassero la magia e la divinazione è cosa fuori di dubbio, riportata da ogni autore. Cesare esaltava le loro conoscenze del cielo, delle stelle e dei loro moti: «Vengono anche trattate e insegnate ai giovani molte questioni sugli astri e sui loro movimenti, sulla grandezza del mondo e della terra, sulla natura, sull’essenza o sul potere degli dei».
[…] Sappiamo che la parola e la scrittura erano i due più potenti mezzi magici. Con la scrittura, che fosse oghamica o in un altro alfabeto, si «fissava» un concetto: un incantesimo scritto non poteva più essere cambiato. Mediante la parola il druido lanciava le interdizioni, che avevano lo scopo di proibire un’azione, mettendoci sopra un tabù (geis, plurale geasa).
[…] C’erano poi le imposizioni, che obbligavano la vittima a fare qualcosa, di solito qualche impresa pericolosa, ed erano strettamente vincolanti. Per esaltare le qualità c’erano gli elogi (dagli esiti positivi per l’elogiato), ma chi non era soddisfatto del comportamento di qualcuno esprimeva i biasimi (per criticare) oppure le satire, se voleva usare la mano pesante. Le «satire», infatti, erano terribili incantesimi cantati e in rima, diretti contro un oggetto, un individuo o un gruppo, in grado di provocare decadenza fisica, deformità, impotenza, malattie ripugnanti, comportamenti riprovevoli, perfino la morte. Infine, poiché i Druidi erano esperti nella divinazione, potevano formulare le predizioni: queste non erano generiche profezie sul futuro, ma, una volta pronunciate solennemente, segnavano il destino al punto tale che esso non poteva più essere cambiato.
[…] La magia rituale collettiva dei Celti era legata strettamente alle Feste del Fuoco, che celebravano il calore del sole e la vita, la fertilità della terra e anche la purificazione dagli influssi negativi: su queste sappiamo molto, dato che ne abbiamo notizie da fonti letterarie, oltre che storiche. Le feste erano quattro; non ci sono prove storiche di Feste del Fuoco in occasione dei due Solstizi e dei due Equinozi, si pensa che siano state introdotte più tardi, a partire dal primo secolo dopo Cristo. Ognuna esigeva la presenza del «Calderone Sacrale», un enorme pentolone simbolo di abbondanza e prosperità. Oggi le Feste del Fuoco celtiche, cioè Imbolc, Beltane, Lughnasad e Samhain, si festeggiano in date fisse: 1° febbraio, 1° maggio, 1° agosto e 1° novembre, ma in realtà erano feste mobili, come la Pasqua.
Da I megaliti
(in Parte Terza. La riscoperta)
In Francia si trovano molti dolmen e menhir, ma niente che possa stare alla pari con i megaliti della Gran Bretagna, a eccezione di Carnac, dove si può vedere uno spettacolo unico al mondo: circa tremila pietre, conficcate nel terreno a formare file interminabili. Gli imponenti allineamenti sono una visione straordinaria, ma in tutta la zona, nel raggio di alcuni chilometri, ci sono pietre singole o a piccoli gruppi, dolmen, cromlech (cerchi di pietre) e tumuli, tra cui il più grande e noto è quello di St. Michel, alto circa 15 metri e lungo 150, con due grandi camere sepolcrali all’interno, dove sono rimaste solo alcune casse di pietra; tutto il resto è vuoto, perché gli oggetti che vi sono stati trovati sono ora esposti al Museo della Preistoria di Carnac. Sulla cima del tumulo sorge una cappelletta con un Calvario, una scena scolpita a soggetto religioso, molto comune in tutta la Bretagna e simbolo, con le sue semplici linee, della religiosità popolare.
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