Robert Gould ci svela il metodo che utilizza ogni volta che deve creare un’illustrazione: si reca in libreria e inizia a osservare le copertine dei libri già pubblicati, riflettendo su cosa modificare e cosa lasciare immutato. Per analizzare le copertina al meglio, costringe i librai a metterle l’una di fianco all’altra, per osservarle in progressione.
Quando iniziò a lavorare alle copertine per i romanzi di Moorcock, Gould aveva notato che venivano prediletti colori chiari e soffici, e le immagini erano di combattimento e ha deciso di stravolgere questa scelta, preparando delle illustrazioni che, osservate insieme, componessero un maxi disegno. L’intervento di Gould, ci confida Moorcock, è riuscito a conquistare il pubblico femminile, ampliando il target di Elric: rappresentare personaggi di cui si riuscisse a intravedere un’introspezione di tipo psicologico ha destato l’interesse in numerose donne che hanno iniziato a leggere la saga per questo motivo.
Lasciamo Moorcock e Gould con un’ultima domanda: perché scrivere proprio fantasy tra tanti generi letterari? Moorcock ci confida quali sono i due autori che considera suoi modelli: Paul Anderson e J.R.R. Tolkien (anche se ammette di non essere riuscito a portare a compimento la lettura di nessun libro dello scrittore inglese, neppure de Il Signore degli Anelli).
Da questi due autori, Moorcock ha mutuato il desiderio di documentarsi sulla mitologia, il ciclo carolingio e le origini del fantastico, spaziando fino alle storie gotiche.
L’incontro con i due artisti si conclude tra applausi e autografi e iniziamo a prepararci per l’ultimo appuntamento della giornata, con l’illustratore Donato Giancola: anche lui è accompagnato dall’interprete, perché di italiano ha solamente le origini.
Il primo punto su cui ci soffermiamo durante la nostra discussione con Giancola, che gli appassionati di fantasy ricordano per le illustrazioni del videogioco di Guerre Stellari e delle carte di Magic, è la necessità dell’artista di conciliare la propria soddisfazione personale e la ‘vendibilità’ a un pubblico di massa, dando agli editori ciò che cercano.
Questi ultimi occupano un ruolo molto importante nel mercato americano, perché fungono da mediatori tra scrittore e illustratore: il disegnatore rientra nella zone di influenza del marketing e della promozione, da cui il testo scritto esula, quindi è allo stesso tempo un esperto di comunicazione pubblicitaria.
Quando Giancola deve illustrare un romanzo, la prima cosa che fa è leggerlo per farsi un’idea del suo tono generale e utilizzarne gli elementi costitutivi come ‘ingredienti’ per i disegni. Il difficile è il condensare il tutto in una sola immagine, anche se nei testi per ragazzi c’è un margine di libertà più ampio, perché si ha più spazio a disposizione.
Come Robert Gould, anche Donato Giancola ha un suo metodo per costruire le immagini: dopo aver individuato i punti di maggior climax, va a caccia dei momenti in cui si legge tra le righe, e si mostra l’umanità del personaggio. Per far funzionare la collaborazione è inoltre necessario che l’artista venga considerato dall’autore del romanzo parte del processo creativo, dotato di autonomia e senza troppe indicazioni; quando Giancola si è trovato a dover illustrare la copertina di un GdR ricevendo istruzioni ‘restrittive’ dall’editore, si è sentito quasi ingabbiato e ciò gli ha impedito di entusiasmarsi per il progetto.
Il colloquio con Giancola chiude il secondo giorno di Workshow.
TERZO GIORNO
La terza e ultima giornata ci vede nuovamente colloquiare con ospiti ‘nostrani’: è il turno di Mario Pasqualotto, ex editor di GdR e autore della De Agostini, e Davide Morosinotto, di professione ghost writer.
Secondo Mario Pasqualotto, esistono diverse affinità tra la stesura di un set-up e lo sviluppo di personaggi, ambientazione e trama per un GdR: gli elementi costitutivi sono i medesimi in un GdR di ambientazione fantastica e in un racconto fantasy oppure horror.
Pasqualotto ci svela inoltre il suo ‘metodo di lavoro’: durante lo sviluppo di un set-up, attività in cui è specializzato, preferisce concentrarsi sulle relazioni che intercorrono tra i personaggi, alla cui psicologia riserva molta attenzione.
Diverso l’approccio di Davide Morosinotto, che lavora alla stesura di set-up altrui e parte dall’ambientazione, facendo nascere i personaggi in un secondo momento. Nel suo caso, ci dice Morosinotto, l’ambientazione è volutamente utilizzata per strutturare i personaggi, e permettere loro di esistere.
A causa degli impegni di Pasqualotto e di Morosinotto e del poco tempo a disposizione, l’incontro è breve: ringraziamo i due autori, che sono riusciti a trasmetterci un senso di forte lavoro di squadra in un mestiere, come quello della scrittura, solitamente individualista, e tiriamo le somme del seminario insieme a Pierdomenico Baccalario, nostra guida durante il percorso del WorkShow.
Dobbiamo evitare errori quali la sicumera, il dire qualcosa che non è vero facendolo passare per tale, l’adagiarsi troppo sul pensiero magico (un pensiero infantile, che tende a collegare tra loro elementi non legati da rapporto di consequenzialità), il vizio di dire le cose a posteriori e di seguire un ‘copione’ astratto basato sulle nostre idee sul mondo durante la scrittura. Non dobbiamo mettere troppo di noi stessi in un set-up, per non bruciare le nostre idee migliori tutte in una volta. Pensare già a chi ci rivolgiamo, a un target. Elaborare set-up semplici, riassumibili in un’unica frase, e dalla grammatica curata.
Il WorkShow si è concluso, ma i ‘professori’ ci hanno lasciato molto su cui riflettere fino al prossimo incontro, previsto per febbraio 2010. Abbiamo imparato tante cose in un lasso di tempo brevissimo, fortunatamente ci aspetta un periodo più lungo per poterle mettere a frutto.
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