Sono consapevole che in altri settori come l'editoria o forse anche il cinema la situazione probabilmente è differente, ma se guardiamo in un ottica "televisiva" il genere Fantasy è quasi inesistente rispetto alla fantascienza. Quantitativamente, nell’ultimo decennio le serie ascrivibili propriamente al fantasy si contano sulle dita di una mano mentre i prodotti SciFi si avvicinano a una cifra a due zeri. I numeri parlano chiaro: la superiorità della fantascienza in tv è oggettivamente schiacciante. Esistono crossover tra i due generi (o tre, includendo l’horror), dove il confine è poco marcato ma sono comunque casi nei quali la fantasy è costretta, per trovare spazio in tv, ad imbastardirsi pesantemente perlomeno nella urban-fantasy o in uno pseudo-steampunk. Ma è sopratutto in un’ottica qualitativa e di impatto sulle masse che il divario diventa nettissimo. La SciFi è riuscita a produrre serie tv di successo planetario, come ad esempio Lost, diventando quindi nel piccolo schermo il tramite preferenziale per tradurre le ansie del futuro e al contempo la necessità di evasione dalla realtà
Alessandro Murè (Fantascienza.com)
Davvero la fantascienza ha a che fare con la scienza e la tecnologia?
È l'immagine più comune, più immediata che abbiamo. Serve a darci un punto di riferimento, uno spazio in cui collocare, una parola composta da cum (particella indicante compagnia o mezzo) e locare (da locus, luogo), quindi direi mettere qualcosa vicino, in un luogo familiare.
Rassicurante. Sono invece d'accordo quando si afferma che il termine fantascienza ha in sé qualcosa di angosciante, soprattutto nei riguardi del futuro. Le parole “parlano” e, secondo la mia personale interpretazione, il significato più intimo di fantascienza sta in una dicotomia. Nel termine coesistono due parole in perenne conflitto: phantasma e scientia. Ancora una volta ci viene in aiuto l'etimo: phantasma è greco antico e vuol dire apparenza, immagine generata dalla fantasia, ma ha assunto anche una valenza più inquietante di immagine falsa, carica di paura, che appare per effetto di una fantasia alterata; scientia deriva da sciens, che deriva da scire, sapere, di cui la scienza moderna non è che un sottoinsieme. Un sapere distorto dalla fantasia ha in sé qualcosa di sinistro, letteralmente (secondo alcuni) da sinum, seno, ovvero ciò che si nasconde sotto le pieghe della veste oppure del velo, per dirla con Schopenhauer. L'uomo è costretto nei fenomeni, nelle pure rappresentazioni e vorrebbe conoscere la realtà in sé, per lenire il proprio dolore. Ma quest'ultima si nasconde, continua a fuggire, per cui l'uomo è costretto alle ipotesi, ai viaggi della fantasia (phantasia, apparizione, immagine), ai fantasmi della conoscenza, pur di catturarla. Ecco la fantascienza. In tal senso, non ha un futuro, ma nemmeno un passato. È in questo momento, in questa indagine. È in Wells, nella Macchina del Tempo (1895), dove chi viaggia nel tempo lo fa per vedere (ovvero sapere, cercare, distinguere, capire, sollevare il velo). È il Luciano di Samosata, che nei suoi fantasmagorici viaggi narrati nella Storia Vera (160 ac) mette in campo tutta la scienza del tempo e la scosta, la dis-colloca (la toglie da un posto familiare), per fare, ancora una volta, delle ipotesi (proposizioni immaginate) e cercare di andare oltre la metafora delle colonne d'Ercole, per vedere cosa c'è dietro, dentro, più in là. Dentro la realtà.
Fabio Vaghi (FM)
Fantascienza: la storia di una tecnologia ancora a venire, no?. E se quella tecnologia oggi, nel presente, fosse più strabiliante, magari più violenta di quanto siamo stati capaci di immaginare?
Il mese scorso ho passato un paio d’ore abbondanti a guardare alieni blu alti tre metri scorazzare in un’assurda natura fosforescente; e i miei occhi li percepivano quasi come veri, appena un po’ meno di quanto lo sono le lucertole nel mio giardino.
Non viviamo una rivoluzione industriale che cambia il paesaggio delle campagne e ci fa sognare un futuro di pace e ricchezza. Viviamo il tempo in cui possiamo comprare un cucchiaino a forma di maiale fucsia da un artigiano ecuadoregno direttamente dal nostro ufficio; e nel frattempo temiamo che un hacker che abita in uno scantinato a ottomila chilometri da noi ci stia ripulendo il conto in banca.
E allora ci piace leggere libri e fumetti, guardare film e giocare videogiochi che raccontano di supereroi, di esseri dagli oscuri poteri nascosti nelle nostre scuole, di uomini che hanno magici poteri sopra una realtà della quale noi fatichiamo a credere di avere davvero il controllo. Possiamo chiamarla Pippo (ma Fantasy suona un po’ meglio, copyright Disney a parte), tanto i nomi cambiano sempre. Che la narrativa rifletta l’anima del suo tempo, quella è una costante.
12 commenti
Aggiungi un commentoIo sono il giudice supremo di ciò che è IT oppure OT.
Donne prostratevi tremanti e implorate la mia magnanimità.
Ok, io mi prostro e tu mi magnamigni?
Non sono così autoreferenziale da pensare che fosse diretto a me, è ovvio che vi riferivate alla conversazione in generale e a taluni commenti.
Ci mancherebbe che non si possano fare battute OT lamentandosi dell'OT, se la cosa diverte, ma ribadisco quando scritto sopra, secondo me la conversazione dell'altro 3d era tutt'altro che fuori tema.
Sei OT
Buon articolo, che mi ha spinto a fare alcune considerazioni, ma di carattere diverso.
C'è solo un aspetto della fantascienza su cui ho un dubbio concreto, vale a dire se il fascino narrativo di una storia, col tempo, si perda. La fantascienza si distingue perchè, in un modo o nell'altro, c'è sempre l'uomo che ha un rapporto con la tecnologia e scienza, ma questo rapporto col tempo muta: se in passato c'era entusiasmo nel progresso, oggi c'è pessimismo. Questo si riversa direttamente nella produzione, ma anche in un aspetto meno visibile: forse oggigiorno non riusciamo più a cogliere certi aspetti espressivi ed emotivi che invece si provavano al tempo in cui sono state scritte certe storie, e quello che provavano gli autori al loro tempo (che poi riflette la sensibilità del loro tempo). Abbiamo un modo diverso di percepire la tecnologia rispetto già a qualche decennio fa, e di conseguenza possiamo provare emozioni diverse di fronte a una storia di un certo tipo che tratta la tecnologia secondo un'ottica del passato: ci potrebbe suscitare emozioni diverse, o potremmo non provarne più alcune che invece si provavano in quel periodo.
In questo il "fantasy" è un po' diverso: si crea un mondo *su misura* in cui incastrare una trama; la fantascienza invece sfrutta, per esprimersi, un rapporto che appartiene alla nostra realtà. In questo senso perciò la fantascienza ha un relativo svantaggio di "invecchiare" rispetto al fantasy a livello tecnico, perché nel tempo rischia di perdere il connotato fantastico (o persino quello realistico) che invece l'autore in origine voleva tenere.
Ne ho parlato meglio in un lungo articolo nel mio blog, tra le tante cose:
http://www.teriografia.org/blog/condoglianze-signora-fantascienza.html
Solamente oggi, a distanza di giorni, sono riuscito a laggere questo articolo. Mi astengo dal commentare poichè, purtroppo,ancora non ho maturato una mia tesi sulla questione. Ma ci terrei a sottolineare una piccola perla che l'autore Emanuele Manco ci ha fornito:"il concetto è che alla fine sono le buone storie che vincono, di qualsiasi "genere" esse siano"
Credo che in una riga abbia detto molto più di un centinaio di commenti....complimenti
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