Alberto Priora (Fantascienza.com)

A mio parere si continua a non voler distinguere il livello commerciale (che è quello più evidente, quello che assomiglia più a una moda) dal livello culturale (che è invece la base concettuale di partenza). Così come si confonde (o fa molto comodo confondere) l'evoluzione di un genere con la sua trasformazione, se non con la sua scomparsa. Certo che adesso il Fantasy ha un successo commerciale che è aumentato con il passare degli anni e si può essere d'accordo che alcuni degli elementi di successo siano stati la presenza massiccia di un pubblico femminile, uscito da limiti culturali che gli erano imposti in passato (o da cui non riusciva a sfuggire), e di un pubblico di età più giovane che non subisce più gli acquisti dei propri genitori, ma che è in grado di acquistare avendo disponibilità di denaro o perlomeno di indirizzare le scelte di acquisto. Ovvero il successo del fantasy moderno è dovuto in gran parte a un lavoro e a un investimento di marketing a tutto campo, quel genere di investimento che la fantascienza tradizionale non ha mai avuto. Perché,? Perché la fantascienza (o meglio il fantastico in generale) offre una cultura che il fantasy attuale tende invece a derivare e semplificare dalla stessa fantascienza.E se togliessimo questa fetta di introiti, cosa rimarrebbe? A guardare almeno il mercato letterario americano, rimarrebbe il prevalere della produzione di fantascienza.E ci sono anche altri campi simili con cui confrontare.Un esempio è quello dei manga rispetto ai fumetti più tradizionali (che possiamo identificare in maniera semplicistica con i supereroi statunitensi); i manga devono il loro successo ai nuovi settori di pubblico, ma malgrado questo successo non c'è stata la scomparsa dei fumetti tradizionali (a cui, tra l'altro, debbono molto a livello di radici). Aumento di successo di pubblico, equivale anche a strada del futuro? Mica tanto. Non va dimenticato che questa crescita di domanda ha portato a una crescita dell'offerta, ma non a una pari crescita nel livello di qualità. La qualità attuale del fantasy è inferiore a quello del fantasy di una ventina di anni fa (si potrebbe aggiungere che tutto quello che si sta globalizzando a livello di offerta di intrattenimento subisce lo stesso calo di qualità; un abbassamento dei contenuti a favore di una fruibilità più immediata).In questa ottica ridotta è facile vedere "la morte della fantascienza" se la si vuole vedere solo in alcuni dei suoi elementi più iconografici (che nel frattempo dalla fantascienza si sono spostati a contaminare tutto il resto) e si ignorano la sua natura speculativa, di innovazione e di ricerca. Perché la fantascienza è capace di evolversi e non ha mai smesso di farlo. perché è sempre stato un punto di partenza e mai di arrivo e non la si può prendere come punto di arrivo (come invece tende a mostrarsi il fantasy attuale). 

Giovanni De Matteo (Fantascienza.com)

La contrapposizione tra fantasy e fantascienza che occasionalmente vediamo riesplodere mi ricorda un elaborato esperimento genetico volto a cogliere il meglio delle sparate promozionali e del dibattito su cosa al giorno d’oggi differenzi la destra dalla sinistra. Ce n’è abbastanza da fare le ore piccole davanti alla giusta combinazione di stimolanti e inibitori del sistema nervoso centrale. Per non farla troppo lunga, parto dalla mia esperienza personale per illustrare la mia posizione in merito alla diatriba e le ragioni che mi spingono a pensarla in questo modo. Non sono un lettore di fantasy – non del fantasy propriamente detto. Non lo sono mai stato. Prediligo per attitudine la fantascienza, ma non disdegno di avventurarmi consapevolmente lungo i sentieri del fantastico, inerpicandomi quando serve sulle pendici dell’horror. Ecco, ultimamente mi è capitato più di una volta di ritrovarmi tra le mani opere che avrebbero potuto essere collocate senza troppe difficoltà su ciascuno di questi scaffali. Da Nostra Signora delle Tenebre di Fritz Leiber (anno di grazia 1978) al ciclo dei Principi Mercanti che in tempi più recenti ha contribuito alla fortuna di Charles Stross, la storia dei generi è costellata di opere a cavallo dei loro presunti confini, pronte a sfidare il dominio convenzionalmente riconosciuto a ciascuno di essi.

Le classificazioni, come spesso accade, fanno comodo più ai critici che ai lettori o agli autori. Lo dimostra l’ansia sempre viva per le etichette, che portano di volta in volta alla ribalta le istanze dell’urban fantasy, o dello science-fantasy, o del clockpunk, e così via, a piacimento: nani e ballerine a inscenare lo spettacolo continuo del circo a tre piste degli uffici di marketing, con l’assistenza di quella loro succursale da tempo rappresentata dagli autorevolissimi settori della critica letteraria. Ma scegliere titoli di confine per pontificare sulla vitalità di un genere o attestarne la supremazia, oltre a essere discutibile sotto il punto di vista del metodo, comincia a odorare di disonestà culturale nel momento in cui si ricorre a palesi forme di appropriazione indebita. Lo steampunk è fantasy o science fiction? Il suo successo testimonia davvero il successo del fantasy o è piuttosto una declinazione della fantascienza che meglio si adatta a questi tempi di fuga dal futuro? E chi legge/scrive steampunk è più interessato a estraniarsi dal presente o a indagare da una nuova prospettiva le radici tecnologiche e scientifiche della nostra epoca? Ma soprattutto… chi si appassiona di punk a vapore (o lanterne a gas, o meccanismi a orologeria) è di destra o di sinistra?