Sin dalla prefazione viene spiegato quello che questo libro NON è.
Non è un saggio che spiega come sia possibile vivere in un mondo piatto, retto da quattro elefanti poggiati sul dorso di una tarturuga che fluttua nel vuoto. Non ci prova neanche per un instante. Mondodisco esiste per via del "narrativium" e della magia. Ossia per via del patto con il lettore.
Le cose vanno diversamente nel mondo reale. Partendo da questo presupposto, la parte narrativa ci introduce a un bizarro esperimento condotto nell'Università della Magia, che porta alla vera e propria creazione di una "cosa" molto singolare. Un universo dove non esiste magia, e dove esistono pianeti tondi e non piatti. Un universo che verrà chiamato "Mondotondo".
Ma questi narrativi, pur se apprezzabili, non sono il punto di forza del volume. Terry Pratchett ci ha abituato a ben altre scoppiettanti invenzioni narrative. La vera meraviglia di questo ottimo volume è la parte saggistica, scritta da Ian Stewart e Jack Cohen.
Stewart è matematico e saggista divulgativo di grande talento. Autore di Flatterland, seguito di Flatland di Edwin A. Abbott e di saggi appassionanti come romanzi, quali Terribili Simmetrie, Dio e un geometra?, e del saggio appena pubblicato in Italia intitolato La piccola bottega delle curiosità matematiche del Professor Stewart, nonché di mirabili racconti a tema matematico come Il numero dei baci.
Jack Cohen è un altro scienzato di rispettato curriculum, biologo specializzato in riproduzione, è meno conosciuto sul fronte della divulgazione in forma narrativa, ma in realtà ha collaborato con vari scrittori di fantascienza, fornendo consulenze per la realizzazione di creature aliene e fantastiche ma plausibili.
I due formano un duo affiatato, visto che in passato hanno già collaborato.
Il risultato di questo affiatamento è una serie di capitoli densi di informazioni scientifiche, ma brillanti e appassionanti come la migliore narrativa. I due saggisti riescono a ridurre alle componenti più intuitive concetti anche molto complicati di astronomia, matematica, fisica e biologia, rendendoli comprensibili anche a chi non è avvezzo alle tematiche scientifiche. La dimostrazione, ancora una volta, che non sono questi concetti a essere difficili in sé, ma che tutto dipende da chi li insegna.
Lo scopo di questo volume è erudire il lettore sulle origini dell'Universo, del nostro pianeta e del come su di esso si sia sviluppata la vita.
Uno dei capitoli che meglio prova questa capacità dei due autori è forse il capitolo 26, La Discendenza di Darwin, dove in poche pagine si spazia dalle basi della teorie dell'evoluzione, al DNA arrivando all'esposizione del concetto matematico e informatico di algoritmo genetico, senza perdere di vista il confronto con il mondo della narrazione. Ma potrei spendere lodi per ciascuno degli altri capitoli.
La versione italiana conserva la copertina originale di Paul Kidby, parodia di un dipinto del 1768 intitolato un "L'esperimento della pompa pneumatica", di Joseph Wright, esposto alla National Gallery di Londra.
L'arrivo in Italia del volume è sicuramente tardivo, considerato che la prima edizione è del 1999 e che poi sono usciti due seguiti, ma il lavoro compiuto non è stato di mera traduzione, ma anche di revisione di quelle parti che lette oggi non sarebbero risultate in linea con le più recenti scoperte o riclassificazioni. Eclatante il caso di Plutone, ora non più considerato un pianeta, indicato puntualmente in una nota a piè di pagina.
In conclusione un volume da consigliare a tutti, appassionati di Mondodisco e non. Consigliato anche a chi vuole conoscere le origini della vita, l'universo e tutto quanto. Ma direi che è indispensabile anche a chi pensa di saperne, perché può insegnare o dare un brillante esempio di come il sapere possa essere trasmesso in forme non cattedratiche ma non per questo non autorevoli, in una forma che superi quelle che nel volume sono definite "le bugie per bambini", ossia quelle forme divulgative semplicistiche di concetti complicati che possono andare bene fino a una certa età, ma che non possono essere parte permanente del proprio bagaglio culturale.
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