Jack Vance, China Mièville e Fritz Leiber
Tolkien rappresenta un picco isolato, continuamente copiato e mai eguagliato eppure, quasi contemporaneamente, nasce dell’altro. Jack Vance, nelle sue Terre Morenti inserisce un racconto in cui scifi e fantasy si incontrano quasi con brutalità: Ampridatvir è una città in rovina, dove la gente vive tra edifici sbriciolati e residui ancora funzionanti di un’antica tecnologia.Strade mobili e ascensori anti gravità, il tutto governato da un mago e sottoposto al potere di due divinità nemiche e dei loro adepti: i Pansiu’s vestiti di verde e i Cadzal’s di grigio, forzatamente inconsapevoli gli uni degli altri, mentre gli eroi che cercano di spezzare la maledizione vestono di rosso, diventando vulnerabili a qualsiasi attacco.
Questa città doppia e i suoi abitanti, divisi da una barriera invisibile quanto insormontabile, si ritrovano con una veste simile sessant’anni dopo, nel romanzo di China Mièville The City & The City.
Le idee geniali non muoiono ma si evolvono: anche Beszel e Ul Qoma occupano lo stesso spazio fisico incrociandosi, sovrapponendosi e mescolandosi ma sono separate da un confine imposto dalla legge e alimentato dalle abitudini; i cittadini delle due città sono educati a non vedere cosa o chi si trova al di là di questa frontiera, di fatto estremamente reale pur non essendo materiale.
China Mièville ha un suo particolare rapporto con le città: New Crobuzon (Perdido Street Station) è un organismo vivo e mostruoso che condivide ed esaspera le differenze dei propri abitanti e riunisce come un amalgama deforme tante visioni alternative di quella Londra magica narrata anche in Un- Lun- dun (Il Libro Magico) e King Rat (Un Regno in Ombra).
La New Crobuzon di Mièville, la Ankh Morpork di Terry Pratchett o la Nar di John Marco non sono i primi “ecomostri” urbani dove si fondono scenari dickensiani e effetti di un “really good acid”: molto prima nasce il mondo di Nehwon (anagramma di No-When) di Fritz Leiber.
Pastiche di vicoli bui, bazar e templi governato dal capriccio di corporazioni ombrose, Lankhmar è un mix fetido e amorale di opulenza ordinaria ed esotica, una baraccopoli-metropoli dai tratti vittoriani confinanti con lo smog delle aree industriali, in cui il medioevale si specchia nel moderno.
Neil Gaiman
L’alter ego sotterraneo di Londra è evocativo anche per un altro grande del fantasy. Con Nessun Dove, Neil Gaiman non concede equivoci: ci sono porte nascoste che possono scaraventare il più anonimo degli abitanti della capitale in un mondo parallelo molto vicino ma molto diverso dall’originale.
La Sottolondra di Gaiman è un po’ come il regno di Alice oltre lo specchio: nessuna legge razionale sarà rispettata, la lotta per la sopravvivenza di eroi e non – eroi è molto più cruda di quella definita “normale”e non possiede il fiabesco umorismo di Carrol.
Gaiman sviluppa il concetto di Under Building mostrato da Will Insley nella sua Onecity: una città sotto la città, diversa e lontana da chi vive “sopra”, popolata dalla Gente dell’Oscurità e dai loro arcani rituali.
Le città del terzo millennio
Il passo successivo, dal moderno al postmoderno viene fatto sostanzialmente all’alba del terzo millennio: nel 2000 viene pubblicata Veniss Underground di, nel 2002 Mièville scrive The Tain e Paul de Filippo Linear City.
La Città Lineare si snoda lungo un’unica strada che separa letteralmente il Paradiso dall’Inferno. E’ composta da due parallele di blocchi abitativi separati da piccoli incroci, la metropolitana corre sotto tutta la sua indefinita lunghezza e i suoi confini (lineari) sono costituiti dal Fiume e dai Binari.
Al di là stanno “Il Lato Sbagliato dei Binari” – molto caldo – dove gli Ornitauri trascinano i peccatori, e “L’Altra Sponda” – più fredda e piena di nebbia – regno delle Ittiodomine che si occupano delle anime virtuose.
The Tain (Specchi Irriflessi) è ambientato in una Londra postapocalittica devastata dalla guerra, dove il nemico costituisce un eclatante omaggio a Borges: se l’immagine che vediamo dentro gli specchi è un essere di un’altra dimensione costretto a copiare ogni nostro aspetto e azione, che ci odia infinitamente per questo; se all’improvviso il confine si infrange permettendo a un esercito sterminato di queste creature di uscire cercando vendetta, cosa resta di una città e dei suoi abitanti? Rovine infestate da “imagos”, ovvero i “vampiri” – immagini incarnate in forma umana – o da residui di immagini: sciami di bocche, di mani e di denti che divorano i cadaveri.
Se poi la terra e l’umanità sopravvivono, magari spuntano fuori le città di Vandermeer.
13 commenti
Aggiungi un commentoMolto bello quest'articolo.
Anch'io, come il muspeling, non ho letto alcune delle opere che hai citato. Non mi attraggono molto quelle estreme, alla Campbell, soprattutto perché sono troppo protagoniste. Le città mi piacciono quando diventano co-protagoniste.
Il ciclo di Vance che hai citato, ad esempio, mi manca. E vorrei leggerlo.
Se scriverai altri approfondimenti, su città o altri argomenti, li leggerò molto volentieri.
Complimenti Cris!
Grazie a tutti, davvero ^________^!
Molto interessante!
Brava!
Veramente un bel articolo, meriterebbe un ulteriore approfondimento
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