Era stata un’alba chiara e fredda, la limpidezza dell’aria quasi un annuncio che l’estate stava finendo.
Sono solo una manciata di parole che potrebbero riferirsi a qualsiasi cosa. In fondo, in ogni storia può giungere la fine dell’estate.
Ma cosa succederebbe se le stagioni fossero diverse dalle nostre? Se invece di succedersi secondo un ordine preciso e scaglionate in un regolare ritmo trimestrale, potessero avere una lunghezza variabile, e magari protrarsi per anni? E se le variazioni della temperatura e le differenze climatiche non fossero l’unica cosa che marca il loro scorrere?
È quanto si è chiesto George R.R. Martin nelle sue Cronache del ghiaccio e del fuoco. L’inverno sta arrivando, ci capita di dire quando vediamo le giornate accorciarsi e percepiamo la temperatura divenire sempre più bassa. Ma L’inverno sta arrivando è il motto di Casa Stark, una delle sette grandi Case dei Sette Regni, e per loro il pensiero di un po’ di freddo non è la cosa peggiore.
Martin era ancora impegnato Hollywood alle prese con numerosi progetti che, per un motivo o per l’altro, non sarebbero riusciti a concretizzarsi, quando nella sua mente si era formata un’immagine ben precisa. Una scena che chiedeva di essere scritta, e che sarebbe diventata il primo capitolo di A Game of Thrones. Forse questa frase dedicata all’alba e all’estate non è stata la prima che ha scritto, e certo non è la prima che incontrano i lettori visto che il romanzo è dotato di un prologo, ma è quella con cui inizia la vicenda di Bran, e che ci introduce nella prima idea della saga, quella da cui tutto è partito.
Per il lettore il romanzo era iniziato una dozzina di pagine prima, e il forte contrasto fra le due scene presenta subito uno dei temi portanti dell’opera: la contrapposizione fra opposte realtà. Il ghiaccio e il fuoco del titolo, i sentimenti opposti che animano i protagonisti, la ricchezza dei nobili e la miseria delle classi sociali più sfortunate, ma anche il contrasto fra gli alti ideali che i cavalieri dovrebbero perseguire e la realtà concreta delle loro meschinerie e crudeltà, contrasto che finisce per portare a un mondo dalle infinite sfumature di grigio, perché chi è troppo rigido, e divide tutto in giusto e sbagliato, bianco o nero, rischia di trovarsi stritolato fra forze contrapposte impossibili da fermare.
Il prologo inizia nell’oscurità oltre la Barriera, una gigantesca muraglia di ghiaccio che separa i regni degli uomini da una terra fredda e inospitale, nella quale vivono i Bruti e si nascondono creature ricordate solo dalle leggende. Alcuni uomini membri di una confraternita giurata, i Guardiani della notte, sono in missione esplorativa. All’improvviso vengono attaccati, e quello che per loro era solo un noioso dovere si tinge di sangue.
Subito dopo lo scontro finisce anche il capitolo, e per moltissime pagine non si parlerà più di ciò che c’è a Nord, oltre la Barriera. L’attenzione si sposta a Sud, anche se i primo capitoli continuano a essere ambientati nelle terre settentrionali. Intrighi, tradimenti, passione e brama di potere, gli occhi di quasi tutti i personaggi sono puntati sul Trono di spade e sulla corte che gli ruota attorno. La Barriera sembra una preoccupazione di un piccolo gruppo di uomini, nemmeno degna di essere contemplata dai potenti del regno.
La scena del prologo è stata aggiunta in un secondo momento. A rileggerla in seguito si notano tantissimi indizi relativi al mondo creato da Martin come le sensazioni di Gared in contrasto con l’eccessiva sicurezza di Ser Waymar Royce, troppo giovane e nobile per prestare davvero ascolto a chi è più esperto di lui. O come gli accenni alla composizione dei Guardiani della notte, ai Bruti, agli alberi-sentinella, ai meta-lupi e ad altre cose delle quali è difficile parlare e delle quali si sussurra solamente sperando non siano nulla più che leggende: gli Estranei. Ma è facile dimenticarsene abbagliati dal mondo scintillante di ricchezze delle pagine che seguono, dai conflitti che serpeggiano sotterranei. Doppi e tripli giochi, azioni tremende commesse in nome della vanità o dell’amore, alleanze impreviste e tradimenti insospettabili concentrano l’attenzione di tutti ad Approdo del Re, relegando in secondo piano i problemi di un gruppo di uomini perennemente abbigliati di nero e dediti solo al proprio dovere.
Uno dei personaggi del prologo compare anche nel primo capitolo, vissuto con gli occhi del giovane Bran.
I molteplici punti di vista presenti nella saga sono uno degli elementi che hanno contribuito a renderla tanto affascinante.
5 commenti
Aggiungi un commentoPersonalmente non amo molto Martin,ma ne riconosco la profondità.Dei primi due libri della saga,gli unici che ho letto,ho un bel ricordo.
E' interessante il particolare dell'errore di traduzione..e mi chiedo,ma non è decisamente banale?
Non sapevo dell'errore di traduzione, grazie per averlo scritto! Davvero molto interessante
Una saga affascinante, che amo e seguo da mooolto tempo. Purtroppo Martin sta facendoci aspettare da tanto, troppo tempo per la sua prosecuzione e questo non mi piace. Ma tant'è, ognuno fa le sue scelte ed esistono in fin dei conti molti altri ottimi libri là fuori che attendono solo di essere letti ^^.
C'è almno un altro grosso errore di traduzione, ma visto che nel primo capitolo non se ne parla, e questo articolo è dedicato a quel capitolo, non l'avevo citato.
Spoiler da il trono di spade
In Italia Eddard Stark, e prima di lui Jon Arryn, ricoprono un ruolo denominato "primo cavaliere del re". In inglese Martin scrive che loro sono "the hand", la mano del re. In sè potrebbe essere una scelta normale, la denominazione "primo cavaliere" rende comunque l'importanza del ruolo. Però alla carica è associata una catena fatta di mani intrecciate fra loro, e se l'immagine in inglese è perfettamente chiara, in italiano il simbolo non ha nessun significato evidente. Sembra qualcosa di astratto, e non legato strettamente alla carica come invece è.
fine spoiler
Una cosa che mi ha lasciata perplessa è stata la descrizione fisica di alcuni personaggi. Mi spiego: nei primi libri (o forse solo nel primo, non ricordo bene) viene ripetuto più volte che i Tully avevano i capelli neri, quindi sia Catelyn Stark che i suoi figli, eccettuata Arya, avevano una caratteristica chima corvina. In segiuto si viene a sapere che in realtà il colore dei Tully non è il nero, bensì un rosso ramato...Mi sembra evidente che sia un errore di traduzione, perchè non credo che si possano confondere questi due colori o che Martin commetterebbe un errore così grossolano...
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