Red Sonja, la diavolessa con la spada, è giunta alla fine del suo lungo duello con lo stregone Kulan Gath. L'antico nemico è stato sconfitto pagando il prezzo più alto: la vita di Sonja. Ora la donna che in vita fu chiamata diavolessa, naviga sul fiume Stige, accompagnata dal nocchiero degli inferi che la condurrà al cospetto della Morte per ascoltare il giudizio finale. Durante il viaggio, Sonja è chiamata a confrontarsi con le scelte fatte, i propri errori, le proprie paure. E stavolta la sua abilità con la spada e il suo cuore impavido potrebbero non bastare.
Un personaggio denominato Red Sonya nasce nel lontano 1934 nel racconto breve The Shadow of the Vulture firmato da Robert Ervin Howard, l'autore del
Curiosamente, il ciclo Morte (che raccoglie gli albi dal 30 al 34 della serie Red Sonja, she-devil with a sword) presenta qualcosa di atipico rispetto al tradizionale impianto narrativo riconducibile alla sword and sorcery. Certo, non mancano gli scontri sanguinosi (ormai sconfinati nello splatter vero e proprio), il clangore delle lame che cozzano, la magia, l'oscurità e le creature mostruose. Tuttavia, il piglio maggiormente introspettivo fornisce qualche motivo di interesse in più a questo capitolo (apparentemente) finale della saga di Red Sonja. Il piccolo Decamerone di racconti, sviluppati tra ricordi reali ed esperienze potenziali, realizzato da un affiatato gruppo di autori (tra cui Ron Marz, Christos Gage, Brian Reed e Pablo Marcos ),
Red Sonja, nella sua attuale versione della Dynamite, sta riscuotendo successi non indifferenti, contribuendo a una nuova primavera per la sword and sorcery di norma affidata alle spade di personaggi maschili, cioè Conan e King Kull. Con le serie più recenti, Sonja si è scrollata pian piano di dosso il ruolo di Calamity Jane dell'era Hyboriana, e proprio con la saga Morte raggiunge la definitiva maturità affrancandosi dal suo antico status di spin off.
Paradossalmente, la morte sembra giovare alla guerriera creata da
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