Le avrei dato ciò che voleva, ma prima doveva vedermi, vedere veramente quello che ero e che sarebbe diventata, perciò chiusi gli occhi e permisi alla fame di salire in superficie. La mia mascella si serrò per la sete di sangue e le mie mani tremarono. Le voci invisibili attorno a noi si radunarono, diventando un rumore indistinto, mentre i miei feroci denti si allungavano. Ricorsi a ogni briciolo del mio controllo per aprire gli occhi e sorridere.
Eleanor boccheggiò e, nello scorgermi, i suoi scuri occhi da zingara si spalancarono.
– Adesso lo vedi, il tuo angelo assassino? – dissi con una voce aspra che a stento riconobbi.
Il suo “sì” fuoriuscì in un soffio di alito caldo e la sua voce era incrinata.
– Salvami o uccidimi, non m’importa.
A quel punto, nemmeno a me importava.
Oh, come l’avrebbe trovato divertente il mio creatore, Reedrek. Riuscivo quasi a udire l’eco della sua risata dalla silenziosa tomba in cui era confinato sottoterra. Il suo discendente, sempre attento ai valori morali, che faceva cose abominevoli a un’umana innocente, senza amore… Reedrek avrebbe in qualche modo recepito il cambiamento provocato dalla trasformazione di Eleanor, l’incremento del proprio potere, ma era sepolto troppo in profondità per godere della nuova fonte di energia. La sua mente ammuffita avrebbe avuto qualcosa di piacevole da contemplare. Avevamo stabilito che una giusta uccisione sarebbe stata troppo clemente per il mio famigerato creatore; meglio saperlo del tutto inerme e solitario nel buio permanente – proprio ciò che lui aveva pianificato per Alger, la persona più prossima a un fratello che avessi mai avuto, prima di ritrovarsi costretto a ucciderlo. Reedrek sarebbe stato sveglio ma morto per il mondo, sepolto con un costante rifornimento di sangue ottenuto in un modo non coercitivo attraverso la nuova, avanzata banca del sangue che avevamo costruito grazie a elargizioni caritatevoli. Il mero pensiero della sua impotenza insinuò un’emozione tiepida nel mio cuore irrigidito dall’odio.
E ora c’era Eleanor di cui occuparmi, colei alla quale si doveva obbedienza. Ci voleva una persona speciale per sapere, e poi per ottenere, quello che lei voleva. Eleanor voleva me e, da donna abituata a dare ordini, voleva anche il potere assoluto sugli uomini che aveva compiaciuto anno dopo anno. Era disposta ad affrontare la morte per l’opportunità di avere entrambe le cose. Il mio onore dipendeva dalla capacità di non deluderla. Il futuro della mia linea di sangue era legato al nostro aumento di numero.
– Chiudi gli occhi – sussurrai. Da qualche parte nella mia mente ossessionata dal sangue sapevo che non avrebbe mai dimenticato quel momento, ed era meglio che ricordasse soltanto il dolore piuttosto che il tradimento di qualcuno che amava.
Fece come le avevo detto, come se fossimo già connessi l’uno all’altra, ma la risposta al mio sussurro venne da lei: – Ti amo.
Cantai nella sua mente una canzone muta e melodiosa, per calmarla, stimolarla, incantarla, mentre chinavo la testa a pochi millimetri dalla sua pelle, inspirando il suo odore. Sapeva di cose umane… sole, calore, sangue… parti di lei che mi sarebbero mancate, ma ce n’erano delle altre che avrei guadagnato. Le mie fredde labbra toccarono la sua pelle profumata in un bacio d’addio, poi morsi ferocemente, come un leone che atterra una gazzella.
L’eco del suo urlo confuso echeggiò nella stanza insieme alle voci misericordiose degli spiriti perduti, ai quali lei era più vicina che a me ora che il suo spirito brillava nell’oscurità e il suo corpo si contorceva nel mio abbraccio mortale. Quando il sangue caldo proveniente dal suo cuore sgorgò nella mia bocca, la vista cominciò a offuscarsi: era trascorso così tanto tempo dall’ultima volta che ne ero stato riempito. Come ultimo atto d’amore, spinsi la mano tra le sue cosce e sentii le contrazioni del suo orgasmo. Piacere in cambio di dolore per la mia dolce Eleanor… il cui prode battito cardiaco si indebolì e rallentò sempre di più, fino a cessare del tutto.
Inanimato.
Baciai le sue labbra fredde e pallide, poi raccolsi un pugnale d’oro e incisi una vena nel mio polso, usando il mio stesso, o meglio nostro, sangue misto per tracciare il segno dei quattro venti.
Eleanor…
Tesoro, torna da me… adesso.
Dopo pochi attimi che mi parvero interminabili lei emise un lamento terribile, di quelli che nella sua vita da desta dall’infanzia in poi non aveva mai fatto, ci avrei scommesso. Un senso di colpa soffocante mi assalì e lo respinsi: Eleanor voleva questo, aveva supplicato per averlo…
Svegliati, Eleanor. Sei mia, adesso, ritorna.
Il suo corpo si alzò dal tavolo con un brivido, levitando verso l’alto, poi con passo leggero si spostò davanti a me. Afferrai alcune ciocche dei suoi folti capelli scuri e me le portai al volto.
Eleanor, cara, svegliati.
Lei gemette, il mio nome sulle labbra. La spinsi giù finché la sua schiena toccò il tavolo, poi tappai il suo sospiro di sorpresa con il mio polso insanguinato.
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