Le Cronache del ghiaccio e del fuoco diventano un graphic novel. È questo uno dei due importanti annunci che George R.R. Martin avrebbe voluto fare lo scorso 9 gennaio.
Che c’erano notizie importanti in vista lo aveva dichiarato già a metà dicembre, poi però, proprio la Vigilia di Natale, si era sentito male ed era finito in ospedale. Il problema, un’infezione alle vie urinarie, era stato risolto nell’arco di pochi giorni, ma lo aveva lasciato debilitato per un certo periodo di tempo e gli aveva impedito di lavorare. I due possibili annunci erano così slittati a data da destinarsi.
Ora il primo è arrivato. Bantam Books, una divisione di Random House, insieme a Dynamite Entertainment ha acquistato i diritti di pubblicazione della serie in forma di graphic novel. La prima uscita è prevista per la prossima primavera. Il progetto prevede la pubblicazione di 24 numeri di 29 pagine ciascuno dedicati ad A Game of Thrones, primo romanzo della saga. Al momento non si sa nulla circa un possibile adattamento degli altri romanzi.
L’adattamento del testo verrà realizzato da Daniel Abraham, già collaboratore di Martin da lunga data. Abraham infatti ha partecipato alla realizzazione di diversi volumi della serie Wild Cards, ha scritto, insieme allo stesso Martin e a Gardner R. Dozois, il romanzo Fuga impossibile e si è già occupato dell’adattamento di due opere di George, il romanzo Il battello del delirio e il racconto Commercio di pelle, oltre che del volume delle Wild Cards The Hard Call.
Abraham è anche autore di dieci romanzi, uno dei quali è arrivato in Italia con il titolo La città dei poeti.
I disegni saranno realizzati da Tommy Patterson, scelto fra oltre una dozzina di artisti sulla base degli schizzi inviati per il progetto.
Dopo Il cavaliere errante e Spada giurata, due racconti ambientati un centinaio di anni prima rispetto agli eventi principali della saga, arriva ora una nuova occasione per rileggere le storie in una diversa forma d’arte. E visto che le due precedenti graphic novel sono state tradotte da Italycomics, chissà che pure quest’opera non arrivi anche da noi.
Il lavoro per questa serie comunque non dovrebbe distrarre troppo Martin da Dance with Dragons. Al di là di qualche conversazione relativa al fatto che un personaggio possa essere omesso, o combinato con qualcun altro, o su dettagli che ora possono apparire insignificanti ma che potrebbero rivelarsi fondamentali in futuro, tutto l’adattamento è a carico di Abraham che, ha affermato, saprà di aver fatto bene la sua parte se il suo intervento risulterà invisibile ai lettori. Intanto, scherza, per ora conosce alcuni spoiler, dettagli per i quali potrebbe essere ucciso se dovesse lasciarseli sfuggire.
19 commenti
Aggiungi un commentoAllora parlami di Steven Erikson. Chi è? Un alieno? Devo conoscerlo personalmente per giudicare i suoi risultati e compararli a quelli di Martin?
In ogni caso, non mi prendere per scemo (cosa che fai molto spesso, quando mi scrivi). Uno scrittore che guadagna qualche euro pubblicando racconti si chiama semi-professionista. In italiano è un'espressione che si capisce. Se scrivo "professionista", è implicito che stia parlando di quegli scrittori che guadagnano a sufficienza per vivere della loro scrittura. Scrittori che hanno sicuramente molti impegni, se vogliono continuare a vivere di scrittura (come in qualsiasi lavoro, non c'è soltanto il momento della produzione). Ma il tempo a propria disposizione per la scrittura è molto più di quello che ha uno scrittore semi-professionista, che porta a casa la pagnotta con un altro mestiere e, per passione, scrive la sera e durante i fine settimana (quando ha la forza di essere così costante). Poi, se questa grande quantità di tempo la si vuole impiegare in altro modo, liberi di farlo. Ma poi non mi si venga a dire che non era possibile produrre il seguito della propria saga, chessò, in tre anni. Siamo arrivati a cinque e andiamo per i sei.
Giustificatelo, attaccate la mia idea, chiamatela ideale "fuori da questo mondo reale che tu non conosci, ignorante". Dite quello che volete, ma secondo me siete voi in errore. E la dimostrazione sono scrittori come Erikson. Magari lo conoscessi, ma il fatto che non lo conosca non cambia i fatti, Silvio: volete contestare anche quelli? 10 romanzi in 12 anni di oltre 1000 pagine ciascuno, densi, di qualità (ho già scritto che l'opinione personale sul testo non c'entra nel discorso). Si vede che Erikson è riuscito a scoprire la formula che gli permette di allungare le giornate, altrimenti non si spiega come lui sia capace di tanto e Martin, invece, per molto meno ci mette sei volte i suoi tempi.
Fate voi. Non sei convincente, Silvio. E pure un po' spocchioso.
Forse non mi sono spiegato con chiarezza. Non contesto la sua libertà di scelta: sono il primo che s'incazza se qualcuno tenta di dirmi cosa devo fare. Che pensi agli affari suoi!
Ciò detto, però, non si può pretendere di essere stimati allo stesso modo di chi, invece, tenta di rispettare un implicito patto con i propri lettori: scrivo una saga, quindi vi chiedo di leggere molti miei libri per sapere come va a finire. Vero, non esistono doveri per un artista, ma forse la gratitudine vale ancora qualcosa a questo mondo e mi pare che Martin ne difetti.
Fosse malato, lo capirei. Sarebbe un'ottima giustificazione. Ma è sotto gli occhi di tutti che non è questo il motivo che rallenta così tanto la sua produzione.
Faccia quello che vuole. Allo stesso tempo io ho il diritto di dire "ha stufato da un pezzo" e "non lo trovo onesto" per come sta producendo. E, quindi, di liberarmi dei suoi romanzi e passare ad altri autori, che finiscono in tempi accettabili ciò che cominciano, rispettando l'implicito patto con i lettori.
Ma ve lo vedreste, voi, chessò, un regista che decide di girare una trilogia di film, il cui finale è unico, alla fine della terza pellicola, che a un certo punto comincia a fare lo scrittore e gira il terzo e ultimo film in dieci anni, lasciando tutti ad aspettare? Nessuno dice che non sia libero di farlo, ma la parola professionista comincia a perdere alcuni significati che gli sono propri e resta soltanto quello del guadagno. La responsabilità, la produttività, tutte cose che la società valuta di noi anche nei lavori più stupidi, dove sono? Non contano perché è un artista? Be', se la pensate così abbiamo un'idea diversa di cosa significhi essere un professionista, anche nel campo di una qualsiasi arte.
Ognuno ha i suoi principi per cui alla fine rimane comunque una questione di giudizio personale, però se fossi stato un lettore della saga di Martin, a questo punto la penserei come te.
Ribadisco: nel momento in cui sborsa i soldi, il lettore ha diritto al miglior romanzo che lo scrittore sia in grado di dare (il che non significa necessariamente un buon romanzo). Sulla produzione a venire, per me il lettore non ha alcun diritto. Non ha pagato un anticipo, come invece potrebbe aver fatto un editore, che allora giustamente può pretendere tutti i seguiti per cui ha sborsato
è chiaro che sian collaterali per te lettore della saga, ma permetti che uno con riguardo alla sua vita, stabilisca lui cos'è collaterale e cosa no?
ecco, questo è un sacrosanto diritto del lettore. Ti sei stufato? Fanculo l'autore lento. Nulla da eccepire neanche qui.
responsabilità e produttività non possono implicare un lavoro ancora in divenire, a meno che esista un contratto che li vincola. Questo per me è la professionalità.
Quello di cui parli tu, sovrapponendo due cose che sono diverse, è una sorta di vincolo morale verso i lettori. Se Martin non lo sente, visto che non sta ammazzando nessuno, sono fatti suoi. Fermo restando il tuo simmetrico diritto a mandarlo a stendere per quella che senti come una mancanza 'etica'.
Non ho letto tutto quello che avete scritto, faccio una riflessione.
Terry Brooks continua a sfornare ottimi libri, anzi gli ultimi sempre migliori.
Di Martin ho finito di leggere l'ultimo libro quando ero alle superiori, fra un po' mi laureo e sono ancora qui ad aspettarlo.
Ma vada a quel paese.......
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