No, tutto il contrario: la “moda” degli angeli è di importazione anglosassone al 100% e le sue radici le cercherei piuttosto in Milton e nella fascinazione che la letteratura di matrice protestante – soprattutto americana – ha sempre avuto per l’argomento (vale la pena di ricordare, se ce ne fosse bisogno, che i fantasy sugli angeli esistono almeno da trent’anni e precedono di un bel po’ gli sviluppi attuali da paranormal romance).
In un paese cattolico e tremebondo come l’Italia l’argomento è molto, molto più delicato da trattare. O almeno così hanno sempre pensato in tanti. C’è gente che ha storto il naso davanti ai miei angeli che, anziché innamorarsi, uccidono ragazzini, storpiano le persone e bruciano le città. La mia risposta è sempre la stessa: leggete la Bibbia.
Quanto alla faccenda della moda, nell’ultimo anno mi è capitato di fare questa domanda a moltissime persone: altri scrittori, editori, lettori. Un terzo circa degli interrogati ha proclamato senza tema di smentita che gli angeli sono di gran moda. Un terzo mi ha assicurato che la moda degli angeli è già in declino, anzi che non è nemmeno iniziata, o che è nata morta e non ha mai avuto la minima chance di prender piede. Un terzo mi ha chiesto cosa sono gli angeli.
Nel tuo ultimo – in senso cronologico – romanzo, i protagonisti presentano una certa inversione di ruoli, a volte con indubbia ironia. Perché i demoni risultano in genere i più simpatici?
Perché, come ha detto saggiamente una delle mie editor, “il riso è diabolico”. L’ironia è un’arma, e nella mia storia i demoni la usano senza remore, contro i loro avversari, contro la vita e le sue tragedie, persino contro se stessi, come antidoto al rischio di prendersi troppo sul serio. Per contro gli angeli sono sempre terribilmente seri, compresi nel loro ruolo, tetri come un adolescente in crisi. E così finiscono per rendersi ridicoli a loro volta.
La serietà è come la separazione tra bene e male: quando è netta come una lama, taglia. Nel Diavolo appaiono personaggi angeli, personaggi demoni e personaggi umani, e ci sono “buoni” e “cattivi” in ciascuno schieramento. Perché tutti sono persone.
Io penso che il fantasy italiano abbia un bisogno disperato di ironia; lo ripeto continuamente a chiunque abbia voglia di starmi a sentire e mi sforzo di applicarlo nei miei lavori. Per questo il mio idolo nell’urban fantasy è e resta Jim Butcher.
L’ambientazione di questa Milano così magica è quella di Le due lune, e tu hai detto di recente che sarà presente nei tuoi lavori futuri: ritroveremo anche gli stessi personaggi, o preferisci storie autoconclusive?
Fino a oggi non ho mai avuto idee per una saga di più volumi: tutti i miei libri sono autoconclusivi (con la possibile eccezione de Le due lune, dove alla fine rimangono aperte alcune questioni che conto di chiudere in futuro). Però condividono tutti la stessa ambientazione, lo stesso shared universe, quindi i personaggi di una storia possono ricomparire in un’altra. E in effetti lo fanno: personaggi de Le due lune riappaiono nel Diavolo, e personaggi del Diavolo riappariranno nel romanzo che sto scrivendo ora. Non ho nulla contro le saghe tradizionali, mi sono sempre piaciute, ma al momento il “gioco dei rimandi” che sto portando avanti mi interessa e mi diverte di più.
Scrittori si nasce, si diventa o tutte e due le cose? In particolare, c’è chi considera il genere fantasy una scrittura facile, alla portata di tutti: tre elfi, due nani e un drago, voilà, la saga in 15 volumi è fatta. E per sistemare il tutto c’è l’editor. Cosa diresti a un giovane autore per fargli capire che non è proprio così?
Si nasce scrittori come si nasce idraulici. Di base serve la voglia di scrivere, e quella ce l’hai o ti viene da sé, ma non te la puoi far venire a forza (mai visto succedere). Il resto si impara, proprio come a fare l’idraulico. C’è chi impara sui manuali e chi impara con l’esperienza; non noto differenze di esito tra i due approcci. Poi c’è la grande banalità, che però non smette di essere vera: se vuoi scrivere devi leggere. Per vedere dove e come è già stato scritto quel che vorresti scrivere tu – fidatevi, è già stato scritto tutto, anche nel fantastico – per capire come scriverlo e semplicemente per divertirti leggendo. Non so voi, ma io non ho mai conosciuto scrittori a cui non piacesse leggere; non fa un po’ impressione anche solo a pensarci?
E se siete arrivati fino all’editing (il che vuol dire che verrete pubblicati, quindi che avete già scalato metà dell’Everest o che avete più fondoschiena che anima) scoprirete che l’editor migliore del mondo non può fare di un brutto libro un bel libro o di un’idea imputridita un’esplosione di freschezza. Altra banalità, altra verità.
Al netto di tutto questo, quel che serve oggi in Italia è meno ispirazione e più artigianato. E meno lamentele, da parte di tutti. Parlare può servire, lamentarsi non è mai servito a niente.
Ultima, prometto. Stai scrivendo un nuovo romanzo: puoi svelarci qualcosa in proposito? Possibilmente tutto!
Torno a parlare di dèi, questa volta nel nostro mondo, cioè nella stessa ambientazione de Le due lune e del Diavolo. Ma al posto di Odino o di Zeus andranno in passerella figure cadute fuori da leggende e tradizioni assai meno note. Si parlerà di eroi della preistoria che fanno casino nelle strade di oggi, di complicati rapporti famigliari, di leggende metropolitane, di nazisti, di divinità alcolizzate, di Fato e di prostitute di Amsterdam. Ma nel complesso sarà la storia di una vendetta.
15 commenti
Aggiungi un commentoAh, ah, ah. Non dirlo a voce troppo alta, prima che qualcuno ci pensi sul serio.
Imho, un diavolo buono non è MAI una buona idea. Semplicemente non è più un diavolo. Capisco un cambiamento lento (autopubblicità occulta! Moderatori, sto scherzando) ma di base, o in un autoconclusivo, no. Troppo poco tempo per evolversi.
E di ciò sia reso grazie. Il mio sospetto iniziale si attenua, ma aspetto la recensione.
è bello? Ho trovato tanti pareri positivi... e pure il Duca non ne ha parlato male. Procurare, procurare... e se mi piaceranno i soldi voleranno via come se niente fosse...
Io non leggo "angeli cattivi vs diavoli buoni ke roba fika" in questa intervista. Leggo piuttosto
Che gli angeli siano bastardi lo si capisce già leggendo la Genesi.
Che i diavoli siano più simpatici degli angeli è confermato da mille e mille esempi presenti nella cultura popolare e nelle belle lettere.
Di esempi di diavoli e demoni innamorati ce n'è a bizzeffe.
Tarenzi qui gioca con i tropi, riadattando storie antiche, come aveva già fatto nel libro precedente, in maniera ancora più palese, rielaborando la vicenda di Pinocchio.
E' un furbetto che sfrutta le mode? E' un rappresentante del fantasy "Rottam art"? Per carità.
Basta leggere "Il sentiero di legno e sangue" per capire a quali livelli può arrivare la sua scrittura. Certo, a qualcuno il "Sentiero" può anche essere non piaciuto. E qualcuno potrebbe non aver gradito il suo precedente urban fantasy "Le due lune".
Tarenzi sa scrivere, ed è un conoscitore raffinato del genere che pratica. Quanti avverbi usa in ogni frase? Non saprei. Quando un'opera letteraria mi "prende" non mi soffermo troppo a contare gli avverbi.
No, queste cose le trovi *totalmente assenti* soltanto nei romanzi di Chi Sa (che non è un cinese).
Intervistatrice e intervistato ottimi
Oddio, io uno la cui massima aspirazione è dannarmi non lo definisco simpatico. Semmai lo prendo a calci.
Quello che scrivi lo so. Speravo appunto in qualcosa di diverso. Che rendesse a ciascuno il suo. E Tarenzi non è nemmeno fortunato come periodo di pubblicazione, vista l'invasione di angeli e diavoli degli ultimi tempi.
Poi, in un libro sei libero di fare quel che ti pare, ma se io trovo uno spirito malvagio e asessuato che si innamora (ossia è in contraddizione con la sua natura), la cosa mi va un poco di traverso. Ne ho visti a bizzeffe così.
Quei romanzi me li godo con piacere, infatti. E non pretendo la completa assenza, mi basta che queste cose non siano la norma. Non mi pare di chiedere la Luna.
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