Per noi lettori italiani sei una scrittrice “nuova”, puoi dirci “Chi è Michelle Lovric”? Dove sei nata, studi fatti, dove sei attualmente ecc.
Difficile definire in poche parole “chi è Michelle Lovric” perché sono proprio un gran minestrone fatto d’ingredienti diversi ed esotici. Sono metà serba e meta irlandese; sono nata in Australia, ora vivo tra Venezia e Londra. Ho cominciato la mia vita professionale come giornalista, ma ho velocemente cambiato idea. Per tanti anni ho lavorato presso diverse case editrici, facendo lavori diversi – mi occupavo talvolta di diritti stranieri o della grafica. Ho fatto anche lavoro di editor. Ho lavorato per collane di libri per bambini (scrivendo molte storie delle Tartarughe Ninja), libri illustrati per adulti, e antologie su lettere d’amore, lettere di donne… E poi finalmente sono riuscita a realizzare il mio sogno di lavorare semplicemente come scrittrice. Ma come sono? Una signora saggia mi ha detto che “siamo quello che amiamo”. In questo caso, sono una parte Venezia, una parte gatta, una parte cioccolato.
Quali sono state le tue lettura da ragazza? E attualmente cosa ti piace leggere?
Amavo leggere. Tantissimo. Da piccola, leggevo tutto, anche libri probabilmente non adatti a una ragazzina. I miei genitori non limitavano la mia scelta. Quindi a nove anni, passavo da Solzenitzen e favole per bambini. I miei scrittori preferiti erano Charles Dickens, Mark Twain, Joan Aiken e anche le scrittrici di romanzi storici come Jean Plaidy. Ora, leggo ancora tanti libri per ragazzi – è il settore dove si vedono le cose più interessanti in questo periodo. Sono una grande ammiratrice di Mary Hoffman, autrice delle serie Stravaganza, anche di Gillian Philip, Philip Pullman. Di scrittori per adulti, leggo con molto piacere Michael Chabon, Hilary Mantel, Tiziano Scarpa, Vladimir Nabokov, Isabel Allende, Gabriel Garcia Marquez, Matthew Kneale, Barbara Kingsolver.
Quando hai sentito la “necessità” di scrivere? E quando hai scritto il tuo primo racconto?
A otto anni ho scritto la mia prima poesia, qualcosa di tristissimo, naturalmente, che parlava di guerra e morte
Come si svolge la tua giornata “lavorativa”?
Quando posso dedicare tutto un intero giorno alla mia scrittura… quello è un giorno meraviglioso! Mi alzo presto, talvolta mi porto del lavoro al mio bar, “da Gino” a San Vio, pagine da rileggere e correggere. Poi scrivo per tre/quattro ore senza di fermarmi. Il mio metodo è sempre di scrivere tanto. Dopo, come un scultore, scavo e lascio le parole importanti. Gli avanzi, quelli li salvo in una cartella – non si sa mai!
Sei una scrittrice full-time, oppure svolgi qualche altra attività?
Come tanti scrittori, il mio tempo non è solamente “mio”. E’ gia “venduto” in tanti modi. Insegno allo Courtauld Institute of Art a Londra due giorni la settimana – do una consulenza letteraria a studenti di storia dell'arte.
Come e quando hai scoperto la città di Venezia?
Inizialmente dai libri. La mia prima visita fu a diciotto anni, l’età più romantica e idealistica. Mi sono resa conto subito che Venezia sarebbe stata casa mia, ne fui subito sicura.
Ci soggiorni spesso?
Considero Venezia il mio luogo, molto più di Londra. Abbiamo un casa a Venezia, una fettina d’un palazzo gotico sul Canal Grande. L’abbiamo comprata 8 anni fa, e abbiamo fatto 3 anni di restauro, ma non abbiamo consegnato la casa agli operai totalmente: abbiamo fatto in modo di riuscire sempre ad abitarci, tenendo qualche angolino per noi. Dico sempre che i lavori mi sono costati il non aver scritto un romanzo, ma per fortuna avevamo l’aiuto prezioso d’uno splendido architetto, Elena Romano, da allora una amica più che cara, che ha seguito i lavori di restauro. Ora stiamo a Venezia solo ogni seconda settimana durante l’inverno e primavera a causa di impegni a Londra. Ma durante l’estate mi sposto li per scrivere.
Ci risulta che hai avuto una bella carriera come editor, grafico editoriale e autore di antologia, per quale motivo, o cosa ti ha spinto a diventare scrittrice?
E stato sempre stato un mio desiderio. Ma dovevo guadagnare, imparare e vivere prima d’essere capace e libera da scrivere qualcosa di valore – anche perché ho sempre voluto scrivere quel tipo di libro che io stessa avrei voluto leggere. Ci vogliono anni da lettrice prima di poter diventare scrittrice.
Quale è stato l’imput (libro, personaggio, film oppure un angolo della città) per scrivere questo romanzo?
Il mio Renzo – si chiama Renzo in onore di Renzo Piano, un architetto per cui ho una grande ammirazione.
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