III 

«Buonasera e benvenuti a una nuova puntata di Qui Pomeriggio. Tanti gli approfondimenti, tanti i servizi preparati per voi, ma soprattutto tanti i telespettatori che ci hanno seguito anche ieri e che ringrazio a nome di tutta la redazione. Anche oggi, come annunciato,  focalizzeremo l’attenzione sul fatto che da giorni arrovella l’Italia intera e che spacca in due l’opinione pubblica: ancora il caso Amaranto, del quale il nostro telegiornale si occupa con particolare solerzia e tempestività. Ebbene, mettiamo allora ordine alle tante informazioni accumulatesi fino adesso e proviamo a schiarirci un po’ le idee guardando il prossimo servizio. Linea a Giorgio.» 

Abbassai lo sguardo sui tasti del telecomando e l’indice si spostò sul tasto OFF. La voce del giornalista mi riportò sullo schermo della tv. 

«Sono già trascorse due settimane dal ritrovamento del corpo di Licia Amaranto e ancora la questura non ha tra le mani nessun imputato. Due settimane di indagini svolte nell’appartamento che la vittima condivideva con l’amica Alida De La Calla, due settimane di  testimonianze dei familiari e degli amici della vittima, due settimane di angoscia per chiunque le volesse bene e per chiunque cerchi la verità.» 

La telecamera inquadrò l’esterno dell’appartamento– il mio appartamento – in cui io e Licia vivevamo, la madre e la sorella abbracciate e piangenti e un paio di foto di Licia: in una era in spiaggia e faceva la linguaccia da sopra il secchiello, nell’altra era abbracciata a un ragazzo davanti al Duomo di Milano. 

«Licia, una ragazza come tante, una ragazza che voleva solo vivere con serenità e tranquillità. Una ragazza con la testa sulle spalle, che sapeva cosa voleva e che cercava di conquistarsi il suo posto nel mondo con l’impegno e la buona volontà, attraverso l’onestà e il rispetto. Una ragazza che si era trasferita da Venezia a Milano per frequentare i corsi all’Università, che si manteneva gli studi lavorando in pizzeria, e che comunque riusciva a prendere ottimi voti. Una ragazza che certo non meritava di morire, quel maledetto mercoledì pomeriggio.» 

Come sottofondo, partì una musica struggente. 

L’ennesimo approfondimento spazzatura, pensai. Eppure l’indice, ancora sul telecomando, non premette il tasto OFF.