Chi ha amato la precedente trilogia di Jonathan Stroud non rimarrà deluso: anche in questo Anello di Salomone, il buon Bartimeus torna in azione più scoppiettante ed esilarante che mai.
L’autore ha dichiarato di aver avuto bisogno di un po’ di tempo per recuperare il registro del personaggio, ma il risultato è valso il tempo speso perché, stilisticamente, Bartimeus non sembra invecchiato di un giorno rispetto ai romanzi precedenti. Quello che cambia è l’ambientazione, sia fisica – dalla nebbiosa Gran Bretagna ci si sposta infatti in Medio Oriente – che temporale, poiché la storia ha luogo prima della nascita di Cristo. Perciò finisce per costituire, se non un vero e proprio prequel a livello contenutistico, uno spaccato della vita del jiin prima dell’incontro con Nathaniel e, così, i copiosi riferimenti ai tempi antichi che ritroviamo nella trilogia riannodano qui tutti i propri fili.
Cambia anche lo svolgimento della trama, nel senso che abbiamo un lieto fine totale, dove i giusti trionferanno, dove la co-protagonista Almira giungerà a maturazione psicologica – com’è giusto che sia in ogni caratterizzazione che si rispetti – e dove il nostro ineffabile jinn trarrà materiale per vantarsi – a ben ragione, bisogna riconoscerglielo - nei millenni a venire. Un successo strepitoso per un’entità che, all’inizio della vicenda, è costretta a fare il tombarolo, quando non a portare in volo sporte di carciofi per la tavola di Salomone o a grattare i ghiacciai perenni a vantaggio della qualità dei sorbetti del re.
La vicenda, ben congeniata, incastra perfettamente tutti i propri tasselli, anche se non mancano, come del resto era avvenuto anche nella trilogia precedente, alcuni momenti di stanca, in cui Stroud si dilunga eccessivamente su certe scene che avrebbero potuto essere risolte in meno pagine. E come nella trilogia precedente, in un paio di frangenti si storce il naso di fronte a scelte traduttive di certi modi di dire britannici che vengono resi letteralmente. Ma si tratta di sofismi che non inficiano assolutamente la godibilità del romanzo.
In definitiva, chi ha già amato Bartimeus troverà nell’Anello di Salomone un valido motivo per rinnovare la conoscenza col jinn e per sentire di nuovo la sua mancanza una volta chiuso il libro. Chi invece non ha ancora affrontato la trilogia, può ricavarne un valido assaggio prima di imbarcarsi nella saga. Una cosa è comunque certa: sia che si cominci da quest’ultima che dal romanzo singolo, il lettore non potrà fare a meno di giungere sempre allo stesso risultato, ossia di leggere d’un fiato tutti e quattro i libri. Perché Bartimeus è un personaggio così irresistibile e geniale che è impossibile non farsi conquistare. Non provateci neanche perché, come dicevano i Borg di Star Trek, “resistance is futile”.
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