Hai già pubblicato vari altri lavori. Quali difficoltà hai incontrato e/o quale iter c’è stato per far pubblicare il tuo primo romanzo?
Il contratto con Transeuropa andò così: avevo 28 anni e il mio primo manoscritto, ne avevo 4 copie perché non avevo i soldi per farne di più. Entrai in una libreria di Cremona che oggi non c’è più (Internet non era ancora così) e chiesi al bravo libraio quattro indirizzi di case editrici cui spedirlo, lui mi sorrise bonario e mi compatì, dicendo che non ce la potevo fare, ma mi diede i 4 indirizzi, 3 grossi editori e poi Transeuropa. Tre plichi tornarono indietro chiusi sigillati (tra cui Mondadori!), ma una ragazza che per arrotondare leggeva per Transeuropa mi contattò. Fu fortuna, credo, solo fortuna. Se mi prendeva in mano un altro lettore editoriale e trovava quelle 159 pagine di complicazioni sentimentali non interessanti oggi non scriverei più…
Molti nostri lettori amano (ovviamente) leggere ma anche scrivere. Che consiglio puoi a chi volesse cominciare?
Leggere molto, sfruttare la rete, tentare con i concorsi (il Subway Letteratura per esempio è un’ottima passerella per cominciare) e non dare mai soldi per pubblicare se si tenta di fare le cose seriamente (piuttosto investiteli con una lettura editoriale presso un agente serio, almeno saprete già se vale la pena continuare oppure se lasciare ogni speranza…). E soprattutto armatevi di enorme, santa, inattaccabile pazienza, perché è sempre comunque un’odissea. Sono stato abbastanza positivo?
Lo scrivere occupa tutto il tuo tempo libero?
Mi alzo alle 7, rientro dal lavoro alle 18, c’è la casa, il bimbo, la cena, metterlo a nanna… il tempo libero inizia alle 22, cotto e stracotto. E i week-end passati a scrivere sono week-end rubati alla famiglia. E’ sempre molto dura, ma la passione dà forza (e anche avere al fianco una persona comprensiva…) e i ritagli si trovano, specie se hai la motivazione di un obiettivo. Se avessi dovuto concludere Meterra solo per il mio piacere personale sarei ancora a metà.
Dove scrivi, in che tempi e cosa ti circonda quando lavori ad un libro?
Scrivo in cucina, o sul divano in salotto, scrivo abbastanza in fretta e rileggo praticamente mai perché non ho tempo di farlo come si deve. Intorno a me deve esserci il nulla assoluto se voglio concentrarmi. Una volta scrivevo ascoltando musica, ma non riesco più.
Quali sono stati gli stimoli (letture/film o altro) che ti hanno suggerito di scrivere un romanzo fantasy come Meterra?
I libri Un sacchetto di biglie di Joseph Joffo (per il titolo più che altro) e Il mondo in un tappeto di Barker, il cartone animato Il fantastico mondo di Paul&Nina, la saga a fumetti Elfquest, i film I Goonies, Flash Gordon e Il ladro di Bagdad, i testi di De Andrè e di Capossela, tutto il fantasy che ho giocato in vita mia in Dungeons & Dragons. Un minestrone eh…
Quanto tempo è durata la gestazione di Meterra tra ricerche (se ci sono state), stesura e revisione dello stesso?
Dieci anni… detta così sembra che sia un progetto enorme, in realtà ho cominciato a scriverlo molto prima di pubblicare Così come viene, però senza un vero scopo, pertanto procedevo quando potevo e quando ero stimolato. Ho prodotto metà romanzo in otto, nove anni, e il resto (quando ero motivato finalmente a farlo) in pochi mesi. Ricerche zero assoluto. Revisioni un paio di mesi finali davvero da cardiopalma, un periodo di reale sacrificio, non solo mio ma anche della mia famiglia.
Perché la scelta della città di Genova? Come fai a conoscere così bene il gioco delle biglie (un gioco non tipico della tua età)?
Genova è un po’ un caso, inizialmente pensavo a Venezia (per via del vetro soffiato ecc. che poteva consentirmi soluzioni migliori per le biglie) ma dopo un week-end esplorativo in laguna ho scoperto in vetrina un romanzo per ragazzi già ambientato lì, di un’autrice straniera. Ho pensato subito a Genova allora, la stavo scoprendo piano piano attraverso De Andrè e oltretutto appena ho pensato a lei la cronaca televisiva me la riproponeva continuamente per alcuni episodi estivi da vicolo poco simpatici. Me ne stavo innamorando un po’, così ci ho ambientato subito alcune parti, salvo accorgermi una volta andato là (l’unico week-end che ci ho passato finora) che l’avevo stravolta senza conoscerla bene. Mi è toccato ricostruirla correttamente. Un lavoraccio. Le biglie in effetti ‘sono’ un gioco tipico della mia età, nel senso che quand’ero pischello nei ’70 ci giocavano in tanti. Noi ci passavamo i pomeriggi giù in cortile nel condominio, sai quante ginocchia ha sbucciato questo gioco? Era più di un gioco, la biglia era un tramite, era creatività pura perché le sfide erano ogni volta diverse e ognuno poteva inventarne, se non piacevano venivano subito tralasciate. Era anche un gioco un po’ crudele.
Il ruolo di Palla di Cannone, la biglia preferita da Mimi, si esaurisce in questo contesto o tornerà? Meterra avrà un seguito (come sembra trasparire dal suo finale)?
Non lo so. Non c’era l’idea di una fine o di una saga, avevo una vicenda in corso con numerose (forse troppe) sottotrame, ho cercato di creare un mondo in cui ogni personaggio forse a 360 gradi, con uno scopo e una personalità, ma mi hanno chiesto di ragionare su un solo romanzo per ora e non so ancora se ci sarà mai un seguito, né che parte potrebbero avere le biglie in esso. Certo mi piace l’idea di creare infinite palline di vetro letterarie come fossero personaggi in carne e ossa.
Ci dai un motivo perché un giovane lettore dovrebbe acquistare (o gli si dovrebbe regalare) Meterra?
Perché gli adulti in questo romanzo ci fanno solo brutte figure, perché è appassionante, perché ci si perde con la testa nei tetti di questa Genova formato-monello e in questa Meterra dagli orizzonti indefiniti, perché c’è un inseguimento mozzafiato e ci sono amicizie e amori non dichiarati, perché c’è morte e c’è divertimento… insomma c’è parecchia carne al fuoco.
Chiudiamo l’intervista con Andrea ringraziandolo per la sua pazienza e sinceramente speriamo in un sequel, perché il mondo che ci ha descritto in Meterra è vastissimo e ha stimolato fortemente la nostra fantasia.
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