Chiara, tu sei di origine siciliana e romana d'adozione. Hai esordito nel panorama letterario nel 2000 con il romanzo La casa della festa (Marsilio Editore), mentre poco dopo hai pubblicato I bambini sono tornati (Piemme). Il tuo più grande successo risale al 2005 ed è la trilogia di Mirta-Luna, una saga dark ambientata nel mondo dei sopramorti. Il tuo ultimo libro, che ha concluso la trilogia (Ti porterò nel sangue, Piemme), risale a quattro anni fa. Cos'hai fatto durante questo lungo intervallo?
Ho scritto due racconti lunghi che sono stati pubblicati in due diverse antologie: Alia, inserito nella raccolta Incubi (Baldini Castoldi) e Plastic, pubblicato ne I confini della realtà (Mondadori). Attraverso questi due racconti ho cominciato a congedarmi dalla trilogia di Mirta-Luna, cosa che non è stata affatto facile. La trilogia era stata un lavoro molto impegnativo per me, avevo vissuto anni in compagnia di Mirta-Luna.
In qualche modo ho dovuto disintossicarmi da lei. C'è voluto del tempo. Tempo che mi sono concessa anche per vivere e per leggere. Il periodo in cui non ho scritto nulla, in realtà, è stato molto breve, perché dopo i racconti ho iniziato subito Nel bosco di Aus. Non volevo pubblicare un nuovo romanzo che fosse un clone dei precedenti. Volevo rinnovarmi non solo a livello contenutistico, anche nello stile. Comunque, io non programmo mai quello che scriverò. Non sono io che devo cercare la storia, è la storia che deve trovare me. Così è stato per Nel bosco di Aus. La prima suggestione risale a qualche anno fa, quando ho visitato il vero bosco di Aus. Si tratta di una località solitaria in cui sorge un bosco, sul fianco di una collina. C'è una cascata verde che precipita verso una gola di pietra. La visione di quel posto stupendo mi ha toccato molto, ho avvertito che non mi avrebbe lasciato mai più.
Nel 2009, questa suggestione si è saldata con altri due elementi. Da un lato, con l'immagine di una donna che ha paura di se stessa. Dall'altro, con la passione per il burraco, un gioco che io trovo entusiasmante e molto femminile. Questo gioco ha dato anche al mio romanzo la sua struttura ambivalente: una storia sulle donne, sul loro potere, sulla loro magia. Ma anche sugli equivoci dell'amicizia femminile. Da una parte c'è la complicità tra le donne, dato che si gioca a coppie. Ma dall'altra c'è la tensione, la rivalità.
Sin da quando hai iniziato a scrivere, ti sei sempre dedicata al genere horror/mistero. Come mai questa preferenza così netta?
Io adoro il genere perturbante, cioè quando esiste qualcosa che non potrebbe trovarsi in quel luogo e in quel momento, invece c'è e bisogna farci i conti. Questo genere mi intriga da quando ho iniziato a leggere, a partire dalle fiabe, che sono molto inquietanti. Credo proprio di essere stata influenza dalle mie prime letture. È un genere che ha dato risposta agli interrogativi che sentivo. Poi sono anche una persona con strane paure e voglio esorcizzarle attraverso la scrittura. La presenza delle streghe, nel mio romanzo, è molto realistica. Carla, la protagonista, non ci crede affatto all'inizio: è una donna pragmatica, piena di impegni, divisa tra casa, famiglia e lavoro. Le streghe ci sono, ma non si vedono. Non ti accorgi di loro finché non ti fanno cadere nella loro trappola.
Dal 2009 si parla di una versione cinematografica di Non mi uccidere (Piemme, 2005), il primo libro della trilogia di Mirta-Luna. C'è qualche novità sul progetto?
C'è una sceneggiatura oramai completata, che prelude a un seguito. È stata scritta da Gianni Romoli, produttore della società R&C, che ha appena ricevuto il David di Donatello come miglior produttore per 20 Sigaretti. In pratica, la sceneggiatura è costruita per essere un episodio a sé stante, però potrebbe anche proseguire. Il progetto prevede di realizzare tutta la trilogia. Siamo in attesa di notizie, ma purtroppo il 2010 è stato l'anno nero del cinema italiano e questo ha ovviamente causato dei ritardi negli accordi di co-produzione. Dovrebbero però avere buon esito. Intanto, io sono sempre più curiosa di scoprire chi interpreterà Mirta.
Il tuo stile di scrittura è molto particolare: è uno stile frammentato, che sa trasmettere bene la suspense contenuta nel libro. In alcune interviste hai dichiarato di aver lavorato molto su questo aspetto. Cosa ne pensi dei corsi di scrittura creativa? Possono essere utili agli esordienti o lo scrittore doverebbe lavorare da solo per migliorarsi?
Le scuole di scrittura creativa sono nate negli Usa negli anni '80 e hanno avuto un grandissimo merito. Non hanno formato tanto dei grandi scrittori, ma piuttosto dei grandi lettori. Io sono convinta che senza un talento di base sia impossibile diventare veri scrittori, anche se il talento va certamente aiutato. Sono un po' scettica sulla validità delle scuole. Anche perché temo un po' l'omologazione. Sarebbe meglio veicolare da soli la propria visione di scrittura.
Quali sono le principali difficoltà che incontra oggi uno scrittore esordiente? Come gli consiglieresti di superarle?
L'agente letterario dovrebbe essere il primo passo da compiere. C'è sempre stata l'esigenza di pubblicare. Alcuni hanno talento, altri non ne hanno, ma il piacere di scrivere è sempre autentico. Gira un po' il dubbio che le case editrici non leggano ciò che ricevono. In realtà leggono, però ovviamente scartano il 99,9 % dei manoscritti. Tanti autori purtroppo non conoscono il linguaggio narrativo, lo confondono con il linguaggio quotidiano, con quello che si impara a scuola. Il web ha amplificato tutto questo. Da un lato, dà la possibilità a tutti di essere letti subito, ma dall'altro crea una forte massificazione.
Ci sono degli agenti letterari piccoli a cui l'esordiente può rivolgersi. L'importante è non sborsare dei soldi. Non bisognerebbe mai pagare nessuno per essere pubblicati. Al di la' dell'entità economica, si paga un prezzo altissimo in termini di dignità. Se un autore crede assolutamente in se stesso, prima o poi riesce a emergere.
Ovviamente, bisogna tener conto dei generi a cui possono essere interessate le varie case editrici. Bisogna sempre tentare, perché gli editori leggono, stipendiano dei lettori professionisti. Magari leggono velocemente, magari solo l'inizio del manoscritto, magari poche pagine. Però leggono. E poi, anche le case editrici possono sbagliare nei loro giudizi. Alle volte bocciano dei libri che poi diventano best-seller. Io conosco persone che hanno pubblicato senza conoscere nessuno nell'ambiente. Io stessa non sono figlia d'arte. Il mio primo editore non aveva nessun obbligo di pubblicarmi e ho dovuto aspettare ben un anno per ricevere una risposta.
Hai un tuo sito web ufficiale?
Non ce l'ho, ma prima o poi lo farò sicuramente.
Ho sentito che oltre ai libri ti piacciono molto i videogame. Vuoi parlarci di quest'altra tua passione? Quali sono i tuoi giochi preferiti?
Trovo che i videogame siano una grande forma d'intrattenimento. Trovo molto rilassante giocare, a volte lo faccio anche prima di mettermi a scrivere. Adoro la serie di King's Quest e sono una patita di Spider.
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