Innanzitutto, grazie davvero per essere qui con noi. È un vero piacere ospitare una nuova scrittrice fantasy. Cominciamo con una domanda molto comune: chi è Giulia Besa?
Parlaci di te.
Fanno tutti questa domanda. Dovevo prepararmela! E ora che racconto?
Ciao a tutti, mi chiamo Giulia, ho ventun’anni e studio Giurisprudenza all’università Sapienza di Roma. Vorrei scrivere a tempo pieno, farlo come lavoro, ma se non si è ricchi di famiglia è difficile. Però non rinuncio a diventare una scrittrice di professione. Così cerco di coniugare la narrativa con lo studio del diritto.
Be’, la presentazione è andata.
La scrittura, da quel che ho capito, è una grande passione per te che col tempo si è rafforzata. Quando hai cominciato a scrivere "sul serio", ossia con lo scopo di farti pubblicare? Chi sono i primi lettori/giudici delle tue opere inedite?
C’è una differenza enorme fra cominciare a scrivere “sul serio” e cominciare a scrivere con lo scopo di pubblicare! Un vero scrittore non scrive per pubblicare. La pubblicazione è un mezzo per fare arrivare agli altri ciò che scrivo, non il fine per cui lo faccio.
Ho sempre cercato di scrivere sul serio, cioè al meglio delle mie possibilità senza risparmiare tempo e fatica. E m’impegnerò per fare sempre meglio. A pubblicare ci ho pensato a partire dal secondo romanzo (inedito) che ho scritto, quando avevo diciassette anni. I miei primi giudici sono mio fratello e una mia amica. Filippo si entusiasma per ciò che scrivo. Mi serve per poter sopportare le critiche di questa amica, che giustamente non si fa scrupolo di bacchettarmi quando scrivo male. Sono i miei Lettori Ideali, come direbbe King.
Numero Sconosciuto è un urban fantasy in stile dark. Trama particolare, personaggi particolari e vedo con piacere che stavolta non vi sono censure. Cosa o chi ti ha ispirato per la stesura del romanzo? Hai pensato prima ai personaggi (Sara, Marte, Barbara etc etc…) e pian piano hai cominciato a scrivere la storia, oppure hai delineato prima la trama e poi hai dato forma a ogni personaggio?
Ehm, in realtà è nata prima l’idea: Dei che fossero proiezioni dei desideri più turpi, vivaci e osceni dell’inconscio umano. Come asseriva Epicuro riferendosi alle divinità della religione greca antica. Io ho tolto il filtro del mito e li ho trasferiti nelle città moderne: nel mio romanzo Artemide è la Violenza incarnata, Marte è il desiderio di Conflitto, Persefone è l’attrazione per la Morte. Hanno corpi di esseri umani, ma sono desiderio puro e perciò corrompono ogni essere vivente con cui entrano in contatto. Una volta definiti gli Dei, per inventare situazioni e altri personaggi mi sono chiesta: che farebbe Tizio, se incontrasse Violenza che sta comprando la settimana enigmistica in edicola? Così è nata la storia di Sara. Ed è vero, di censure vere e proprie non ce ne sono state. Io e la mia editor abbiamo discusso a lungo sulle scene più crude, ma non ci sono stati tagli.
Sara è una ragazza grintosa, scettica e arrabbiata. Barbara è gracile, indecisa e sensibile. Vi sono molti altri personaggi, che non sto qui a elencare: c'è qualche personaggio nel libro che rispecchia una tua caratteristica?
Ah, questa sì che mi piace! L’occasione di dire chiaro e tondo che non sono una pazza che gira per Roma con un fucile.
Ho costruito i miei personaggi, Sara in particolare, creando per loro un passato, delle esperienze e delle sensazioni che fossero interessanti. Ho attinto a me stessa e alla mia memoria quanto bastava per formare una base credibile su cui lavorare per dar vita a una persona nuova, di inchiostro e carta. Il fatto che Sara abbia vent’anni e viva a Roma è frutto di una scelta consapevole: nella primissima stesura, il protagonista era un quarantenne. Mi è bastato scrivere una pagina per rendermi conto che non gli sarei entrata in testa manco per sbaglio. Devo fare ancora molta pratica per usare il punto di vista di un uomo, per di più di venti anni più vecchio di me. Perciò ho deciso per Sara. Anche Roma l’ho scelta per un motivo analogo: la conosco molto bene. Se avessi ambientato il romanzo a Bangkok avrei dovuto spendere metà del mio tempo a documentarmi su quella città.
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