Avelion. La trilogia riunisce in un unico volume tre romanzi autoprodotti da Alessia Mainardi fra il 2008 e il 2010: La figlia dell’acqua, Il figlio del fuoco e Il sigillo dell’equilibrio.
Bene ha fatto la casa editrice a riunirli in un unico volume, visto che la storia, al di là delle pagine iniziali ambientate “Al Tempo prima del Tempo”, è una sola, che prosegue senza cambiamenti visibili da un romanzo all’altro.
La premessa è di quelle classiche, con una guerra avvenuta in un lontano passato, mille anni prima, e il nemico di allora che deve essere nuovamente affrontato. Alla base del mondo c’è il tema dell’equilibrio, legato agli elementi classici. E visto che la Mainardi ha deciso che gli elementi sono cinque e non i più consueti quattro, ai vari acqua, aria, terra e fuoco ha affiancato il metallo.
La struttura di base, quindi, non è nulla di nuovo, e nemmeno la scrittura è capace di quelle immagini suggestive che sanno trasportare immediatamente il lettore in un luogo diverso da quello in cui si trova fisicamente. Nulla di folgorante, anche se forse erano le mie aspettative a essere un po’ troppo alte.
D’altra parte bisogna riconoscere alla Mainardi una certa capacità di scrittura, nel senso che sfugge alla facile trappola dell’infodump e che la sua prosa, pur senza essere nulla di particolare, si legge bene. I capitoli sono molto brevi, caratteristica che gli consente di presentare in poche pagine la successione di molti luoghi e di molti eventi. Poco importa che a volte gli eventi siano minimi, giusto una riflessione di uno dei protagonisti o una tappa del loro viaggio magari poco piacevole ma priva di particolari pericoli: il senso del trascorrere del tempo c’è, e le pagine scorrono con una certa rapidità.
Il gran numero dei personaggi è senza dubbio il punto di forza di questa trilogia: già dall’inizio nevengono presentati diversi lontani fra loro, e la scrittrice riesce a portarne avanti le storie in parallelo senza perdere un colpo. Nessun problema di tempistica quando si tratta di riunirli, e nessuna figura dimenticata per strada, anzi molte altre se ne aggiungono lungo il cammino. Troppe, viene da dire, perché non uno dei personaggi è marginale.
In genere a chiunque, anche ai grandi eroi delle saghe avventurose, capita di fermarsi in una locanda e d’incontrare un locandiere il cui solo compito è preparare i pasti e fornire un letto per una notte, senza necessariamente diventare fondamentale per la trama, o di scambiare qualche parola con figure che poi spariranno nel nulla, e che si limitano a donare al libro solo un tocco di colore. Qui no, tutti coloro che vengono nominati agiscono, per il bene o per il male, ma sono comunque funzionali alla storia. È come se in questo mondo non si possa essere neutrali, per indifferenza, ignoranza o per una reale impossibilità ad agire, e alla lunga il fatto di avere sempre nuovi protagonisti dà un effetto un po’ claustrofobico. La folla di personaggi, tutti incredibilmente in gamba e determinati, diventa eccessiva, e le coincidenze che fanno sì che i loro cammini si incrocino dopo un po’ diventano eccessive.
Eccessivo è anche il buonismo di fondo. Il discorso dell’equilibrio è molto importante per la scrittrice, e di conseguenza lo è anche per la trama, ma l’insistenza nel voler salvare tutti, nel combattere senza uccidere e nel cercare di mostrare a tutti la giustizia e la verità del proprio punto di vista sono francamente improbabili, come improbabile è anche uno dei cattivi della trama quando mantiene il patto che ha fatto con un ragazzino che ha osato sfidarlo. Diviene più interessante con il trascorrere del tempo, invece, la figura di Drevanna, l’Ingannatrice. Se all’inizio sembra solo un personaggio assetato di potere, lungo le pagine vengono chiariti meglio il suo rapporto con le altre Dame, Freia in particolare, e le motivazioni che la spingono ad agire.
Lodevole è anche lo sforzo compiuto dall’autrice per donare alle varie Dame attributi e caratteristiche che li legano al loro Elemento, invece di limitarsi a un più semplice abbinamento “di facciata” segnalato solo perché gli Elementi sono ciò che costituisce e definisce il mondo di Avelion. Anche se certi atteggiamenti e certe intenzioni appaiono più vicini all’utopia che a qualcosa di concretamente realizzabile, pur se posti in un’opera di fantasia.
La casa editrice Mattioli 1885 è una di quelle realtà editoriali in cui conta davvero ciò che si realizza. Niente ricerca del best sellers con gli autori del momento o copertine accattivanti che devono colpire il potenziale lettore anche da parecchi metri di distanza. Per loro il libro va amato e curato tanto nel suo aspetto fisico quanto nella scelta del testo e nella cura che gli si dedica. Per questo il volume della Mainardi mi ha colpita fin dal primo istante. Da un editore di questo tipo, solitamente ben lontano dal genere fantasy, mi aspettavo un’opera importante, capace di portare l’editore su una strada per lui inesplorata grazie alle sue intrinseche qualità. E, quando meno, mi aspettavo una storia scritta bene e capace di discostarsi dai principali cliché che spesso infestano il nostro genere.
Le mie speranze si sono avverate solo in parte.
La trilogia di Avelion è un’opera ancora immatura, con tante piccole cose da sistemare e in cui si avverte la necessità di allargare un po’ lo sguardo sul mondo al di là di ciò che è strettamente funzionale alla trama. Le potenzialità per avere in futuro romanzi più interessanti, ricchi di personaggi e dalle molteplici trame intrecciate fra loro sembrano esserci, a patto che l’autrice sia capace di affidarsi un po’ meno agli incontri fortuiti e alla buona volontà e alle doti insospettabili del primo venuto.
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