Il primo settembre è entrata in vigore la legge numero 2281, denominata Legge Levi dal nome del primo firmatario, relativa alla “nuova disciplina sul prezzo dei libri”.
Il libro è un articolo a prezzo imposto. Come avviene con i giornali, e a differenza dei prodotti elettronici, tanto per fare un esempio, il prezzo lo fa l’editore, e dovrebbe essere lo stesso ovunque. In passato era così, ma ultimamente il proliferare di tipologie di sconto molto diverse fra loro, con percentuali anche altissime, e la loro frequenza, avevano cancellato l’idea di un unico prezzo sullo stesso prodotto, e i lettori erano liberi di cercare la proposta per loro più conveniente.
Ma imporre un prezzo unico per un articolo e poi consentire sconti indiscriminati è un controsenso, e la legge è intervenuta a regolarizzare una situazione che, a lungo andare, avrebbe portato prima alla scomparsa delle librerie tradizionali in favore dei megastore, e poi di questi ultimi in favore dei rivenditori on-line.
Il concetto è lo stesso che sta alla base dei prezzi più bassi per gli acquisti effettuati in un supermercato piuttosto che nel negozietto sotto casa. Il negozietto acquista piccole quantità di merce dal fornitore e le paga una certa cifra, la grande catena fa acquisti enormemente maggiori e ottiene sovrasconti tali da poter mettere in vendita, a volte, gli articoli stessi a un prezzo addirittura inferiore rispetto a quello pagato dal piccolo negoziante al suo fornitore. Con queste premesse, è ovvio che prima o poi il piccolo finirà per chiudere.
Fra negozi fisici, anche di grandi catene, e negozi virtuali c’è anche un’altra differenza: i negozi fisici hanno magazzinieri che ovviamente ricevono la merce in consegna, dipendenti che la espongono e che servono il cliente, e infine cassieri. Al negozio virtuale servono solo i magazzinieri. Il risparmio è sul personale, e può essere sfruttato proponendo prezzi più bassi ai clienti. Rimane comunque il dubbio di quanto rimanga conveniente un negozio on-line una volta che la concorrenza sia sparita e che lo stesso si trovi in condizioni di monopolio o quasi.
Potrà non piacere, e potrà sembrare una legge fatta per impedire il diffondersi della cultura, ma le premesse sono queste. E probabilmente non è un caso che dopo anni di progetti ed esperimenti la legge sia stata promulgata non molto tempo dopo l’arrivo in Italia del colosso Amazon, ritenuto da molti talmente forte da poter sopprimere la concorrenza e quindi da arginare il prima possibile.
Una legge che regolamenta lo sconto sui libri comunque non è un’esclusiva dell’Italia, visto che in Francia il limite di sconto è il 5% e in Germania è addirittura impossibile.
La confusione comunque è tanta. Vediamo perciò cosa dice la legge.
“[…]
Art. 2.
(Disciplina del prezzo dei libri)
1. Il prezzo al consumatore finale dei libri venduti sul territorio nazionale è liberamente fissato dall’editore o dall’importatore […].
2. È consentita la vendita dei libri ai consumatori finali, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, compresa la vendita per corrispondenza anche nel caso in cui abbia luogo mediante attività di commercio elettronico, con uno sconto fino a una percentuale massima del 15 per cento sul prezzo fissato ai sensi del comma 1.
3. Ad esclusione del mese di dicembre, agli editori è consentita la possibilità di realizzare campagne promozionali distinte tra loro, non reiterabili nel corso dell’anno solare e di durata non superiore a un mese, con sconti sul prezzo fissato ai sensi del comma 1 che eccedano il limite indicato al comma 2 purché non superiori a un quarto del prezzo fissato ai sensi del predetto comma 1. È comunque fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio, che devono in ogni caso essere informati e messi in grado di partecipare alle medesime condizioni, di non aderire a tali campagne promozionali.
[…]”
Ci sono eccezioni, casi particolari come le vendite alle biblioteche, o dei libri usati, fuori catalogo o antichi, o anche legati a manifestazioni di particolare rilevanza che possono essere tanto internazionali quanto locali. Sono comunque casi particolari, i punti importanti sono che la legge si applica tanto ai rivenditori tradizionali quanto a internet, e che esistono due tipi di sconti.
Il primo è lo sconto fatto dal rivenditore, cioè dalla libreria. L’unico limite è che non può superare il 15%. Con questo spariscono gli sconti del 40% visti in molte librerie virtuali, ed è la modifica maggiore.
Il secondo è lo sconto fatto dall’editore, che non deve superare il quarto del prezzo di copertina, cioè il 25%, non è reiterabile nel corso dell’anno solare, non può durare più di un mese e non può svolgersi nel mese di dicembre.
Il fatto che lo sconto non può svolgersi a dicembre significa, tanto per fare un esempio, che Mondadori non potrà più mettere in promozione le sue due collane di prestigio, I Meridiani e la Fondazione Valla, nel periodo pre natalizio, ma dovrà anticipare la proposta. Lo sconto inoltre non può durare più di un mese e non è reiterabile, quindi non vedremo più, come avviene da un po’ di anni a questa parte, la campagna Tea con i libri scontati del 30% per tutti i mesi di luglio e agosto. Ma se la campagna non è reiterabile, e ha una durata massima prefissata, l’editore può sempre giocare di fantasia. Nulla vieta di fare una campagna sconto del 25% per la durata di un mese e, appena terminata, di farne un’altra di un altro mese con sconto del 20%, o con un abbattimento del prezzo di copertina di 2,00 €.
E le campagne promosse negli ultimi anni dagli editori promuovevano sconti massimi del 30%, quindi il lettore in questo caso ha perso solo un 5% di sconto.
Altro dettaglio importante per le librerie, anche se non per i lettori, è che gli editori devono proporre le loro campagne, alle medesime condizioni, a tutti i venditori. Quando una libreria propone al pubblico uno sconto voluto dall’editore in genere è sull’editore che ricadono i guadagni inferiori, perché il negozio in quel periodo acquista i libri con un sovrasconto. Se però in passato un editore avesse voluto creare difficoltà a un negozio avrebbe potuto rifiutargli il sovrasconto, e il negozio si sarebbe trovato con la scelta di rimetterci di tasca propria per il guadagno inferiore o di veder andare via i clienti in cerca di prezzi più convenienti. Questo, anche se non tocca il lettore, è un punto che evidenzia come la legge sia stata fatta per aiutare i piccoli rivenditori e impedire che vengano schiacciati dalle logiche della grande distribuzione.
La legge non piace ai lettori. Nessuno gradisce spendere di più per lo stesso prodotto. Non resta che sperare che gli editori, non più tesi alla ricerca del prezzo alto da proporre successivamente con sconti sempre più appariscenti, mantengano i prezzi dei libri entro limiti ragionevoli.
20 commenti
Aggiungi un commentoFatta la legge, trovato l'inganno. E a pagare sono sempre i "piccoli" librai. Che non vogliono evolvere.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10/19/ora-il-libro-lo-pagano-i-librai/164752/
se non cominciano a svecchiare la scuola, piantandola lì di far leggere i Malavoglia ai dodicenni, possono fare tutte le leggi che vogliono ma non ci sarà mai trippa per gatti.
La legge, art. 2 comma 3, dice testualmente
"È comunque fatta salva la facoltà dei venditori al dettaglio, che devono in ogni caso essere informati e messi in grado di partecipare alle medesime condizioni, di non aderire a tali campagne promozionali."
Se è vero quanto riportato nell'articolo di Il fatto quotidiano, cioè che
"non ha applicato alle nostre librerie quel sovrasconto che deve garantire anche alle piccole e medie librerie di poter partecipare a questa ‘promozione’" secondo me quei librai se vogliono possono anche denunciare Rizzoli.
Martina, tutto ineccepibile. Ma sai cosa vuol dire denunciare una casa editrice? Chi glieli da i soldi?
La legge Levi, oltre a danneggiare gli utenti, danneggia le biblioteche che da anni fanno attività di promozione alla lettura (e quindi avvantaggiano anche le case editrici). Una biblioteca non acquista libri in libreria o al supermercato, ma con gare di appalto che favoriscono "l'offerta economica più vantaggiosa": se si impongono limiti agli sconti è ovvio che la cosa non abbia più un senso.
C'è stato uno scambio epistolare tra l'onorevole Levi e il presidente dell'associazione Biblioteche, nel quale il buon politico ha dimostrato profonda ignoranza sul sistema di appalti che regola ogni amministrazione pubblica in questo paese. Per un onorevole che legifera su tutti noi la cosa mi è apparsa assai grave, e ovviamente colossi come Mondadori, che gestiscono il processo editoriale dalle origini alla fonte godranno dei benefici più grossi. Di chi è Mondadori? Grazie, dunque, all'onorevole levi per la sua insipienza!
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