- Mi sa che non lo conosci. Poco male. T’incanterà. - Misi sul piatto The Secret of the Beehive, lo pulii, appoggiai con cura la puntina sull’orlo esterno del 33 giri. Dopo un breve crepitio elettrostatico, le nostalgiche note di September e le malinconiche sonorità della voce di Sylvian si soffusero nel raccolto ambito della stanza. Incontrai i suoi occhi, e li evitai d’impulso. Vilmente.
- Le poesie - ricordò Magda.
- Ah, sì, certo! – Imbarazzato, le passai un volumetto battuto a macchina. Lei si sedette sul bordo del letto e si mise a leggere. Mi dileguai con la scusa di prendere qualcosa da bere.
- E’ davvero stupenda questa musica - affermò quando tornai con un paio di sciroppi di papaya. Io annuii, ma non replicai. Sorseggiai la bibita. Aromi allo stato puro, ma andavano di moda, allora.
Mi sentivo vagamente ridicolo, come ogni qualvolta qualcuno legge i miei lavori. Attesi. Magda alzò lo sguardo e disse: - Recitane una. Una a caso. Chiudi gli occhi, e apri una pagina qualsiasi.
Obbedii. Feci per soffermarmi su un punto, quindi, come sottomesso a una volontà più forte, a un impulso preciso, tornai indietro di qualche foglio e aprii gli occhi. Riconobbi la lirica. Era brevissima. Come un haiku, senza esserlo.
- Vieni qui, / Accanto a me. - Lessi. E lei scivolò lungo il ciglio del letto, avvicinandosi. Addossandosi a me. Il suo mento minuto s’appoggiò sulla mia spalla spigolosa. Il suo caldo respiro lambì l’accennato rossore della mia guancia.
- Non / Dire / Niente. - Declamai ancora, scandendo i tre tempi. La mano mi raggiunse alla nuca, si tuffò alla base dei capelli, allora ancora lunghi e folti.
- Il tuo silenzio / E’ già / Poesia. - Mi voltai verso di lei per dire qualcosa che non ricordo, e invece mi ritrovai zittito dalla pressione deliziosamente prepotente delle sue labbra, con una lingua sicura che bussava alle porte del mio desiderio. La mia bocca reagì con appena un istante di ritardo, aprendosi a quell'ospite così gradita. Con rorido abbraccio l’accolse.
Timidamente, le mie mani scivolarono lungo la schiena. La strinsi a me. Con una leggera pressione la indussi a distendersi sul letto. Poi il groppo del mio impaccio iniziò a sciogliersi. La mia bocca e le mie mani si fecero intrepidi.
Lei si scostò con grazia, si alzò. Non per sfuggirmi, come temetti per un istante. Con movimenti fluidi, degni di una moderna apsara, si liberò degli abiti. Uno ad uno. Senza premura, fino a che gli slip scarlatti non caddero sulla moquette.
Io ero ancora seduto sul bordo del letto, pervaso da una tensione erotica mai prima così forte. Magda mi pose innanzi la sua nudità, mi prese la testa fra le mani delicate ma decise, s’avvicinò ancora e, carezzandomi i capelli, se l’appoggiò in grembo. La mia guancia fremette al contatto, il mio orecchio ascoltò la voce di quella pelle; le baciai il ventre, sfiorai con le labbra quella seta, disegnai con la lingua una sottile e tremula striscia che verticalizzava, con appena qualche indecisione, fino a quanto mi veniva così inaspettatamente offerto. Lei ebbe un sussulto. Inginocchiato sotto di lei, veneravo intimamente quel corpo eccitato ed eccitante. La vista perse la cognizione d’essere, prevaricata dalla rivincita inarrestabile degli altri sensi. Le mani, non più impacciate, si fecero esploratrici di tutta la sua femminilità. Sottili vibrazioni di piacere la percorrevano lente.
Le sue mani. Le sue mani continuavano a lusingarmi, esperte. A calmare e incitare insieme.
Poi fu lei medesima ad abbassarsi, a denudarmi, a chiedere i miei baci, ad offrire i suoi, a confondere i corpi in veementi legami. Sentii i suoi seni minuti e fieri premere contro il mio petto, i capezzoli inturgiditi al contatto. Le mie labbra raggiunsero il suo collo, i denti strinsero cauti ma determinati, la lingua dardeggiò sulla carnosa piega. Un prolungato singulto d’approvazione sfuggì tra le labbra schiuse. La mia mente perse e acquistò. Il corpo s’infiammò. Il calore s’espanse, s'irradiò, raggiunse i miei genitali. Mi liberò da ogni remora residua. Lei individuò il fremere della mia eccitazione, indugiò giocosa ancora per un istante con i peli del mio petto, quindi mi guidò al letto.
Ci ritrovammo quasi senza accorgermene sotto la trapunta. Le mani si rincorsero lungo i rispettivi corpi, le lingue smaniose di provare l’amore, di scovarlo nelle più segrete stanze, nelle più intime cattedrali. Il sudore amplificava l’osmotico contatto tra le nostre epidermidi, scosse da torpidi sussulti.
Era sesso, sì. Splendido sesso. Ma in qualche modo non era solo ludico erotismo. Non l’avrei sopportato, allora, quando ero così sciocco da dover dare un senso a tutto. Non con lei, almeno. No, era (doveva esserlo!) una spontanea ricerca di piacere, armonizzata, equilibrata, celebrata, da un’atmosfera per me senza precedenti.
Volevo vivere quel momento, assaporarlo fino in fondo.
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