Frammenti. Tra la polvere della pace, la cenere della bellezza, l'odore acre della morte che una volta era vita. Lacerazioni di un mondo perfetto tra le spire voraci dell'Ombra: ecco cosa resta di Erasian, il regno di Luce.
Non ne posso vedere la distruzione, ancora, ma ne percepisco gli effetti dall'oscurità che inesorabile scende dalla valle sconfinando le mura, ammantando la grazia del sole e le urla che si levano dalle strade sottostanti. Grida di sorpresa, resistenza e disperazione. Dal fumo che lentamente penetra dalle finestre mentre le fiamme inghiottono le creature della terra.
Chiudo gli occhi: posso udire il crepitio delle rose scarlatte nel parco di palazzo, le preferite di Melina. I petali si accartocciano su se stessi fino a fondersi con il fuoco. Arrendendosi al loro destino. Questo è il presente di Erasian: essere consumato dalle tenebre. Un destino scaturito da un singolo gesto. Da una sola decisione. Da un unico, incontenibile desiderio.
- Fallo. - Ho ancora gli occhi chiusi quando le impartisco l'ordine. Non potrei essere più calmo né consapevole.
Le pianure di Erasian sono da sempre simbolo d'armonia e giustizia. Ognuno degli altisonanti nomi dei suoi re è accompagnato da un altrettanto altisonante aggettivo: Hekam il buono, Izal il retto, Omal il saggio... fino ad arrivare a Kaliel il degno, il più giovane di tutti. Colui che per la sua integrità meglio rappresenta l'equilibrio in terra. Così dicono.
Certo è che non esiste landa migliore per vivere e crescere dei figli. Una condizione durata millenni, e distrutta nel tempo di un battito di ali di farfalla.
- Fallo! Devi farlo ora! - le ordino di nuovo.
- Non ho tanto potere. Potrei soltanto spedire la vostra anima in un viaggio su cui non avrei controllo. Non so dove sia migrata la Chiave e tanto meno sono sicura di riuscire a mandarvi da lei. Solo la Grande Luce, nella sua immensa misericordia, può saperlo. Per quanto ne so, io, potreste anche finire con il dissolvervi in una dimensione senza tempo. Nel nulla.
Dura, come la pietra di questo castello che cerca di resistere con ostinazione agli artigli nemici, la seduzione delle tenebre. Non smette un istante di fissarmi con quel suo sguardo di ghiaccio, in cui si scorge ben altro che gelo: collera. Odio. Desiderio di vendetta.
La comprendo, molto più di quanto lei non creda; sono gli stessi sentimenti che urlano dentro di me, rimbombando in una caverna vuota dove un tempo risiedeva comodo il mio grande onore.
- Fallo. Che Luce sia, nella sua misericordia, a guidarmi da lei. In qualunque tempo, dimensione, inferno si trovi. Non m’importa...
Tossisco. A malapena riesco a respirare e non soltanto per il fumo che ormai ci circonda: devo essermi rotto un paio di costole. Fa male, ma non tanto da nuocermi gravemente. Sopravvivrò. Purtroppo.
Davanti all'armata dell'Ombra un cavaliere della Luce vorrebbe vivere. Per combattere. Un qualsiasi uomo del popolo non si darebbe per vinto di fronte alla morte che avanza frustando la gloria della sua terra. Dopo lo sgomento iniziale, alla scomparsa della luce adatterebbe gli occhi all'oscurità, per resisterle. Perché è questo che ci insegnano, a Erasian: a credere. Anche quando tutto sembra perduto. Conosciamo la speranza, perché noi siamo la speranza. La Luce che abbraccia l'Ombra. E la sovrasta. In questa convinzione cresciamo, a Erasian.
Ma se è tua la mano che ha compiuto quel solo gesto? Se è tua la mente perversa che, in un attimo di accecante debolezza, ha partorito quella singola decisione? Se tuo è il cuore che ha provato quell'unico incontrollabile desiderio?
Se sei, tu, l'uomo che in un battito di ali di farfalla ha causato la disfatta di un intero regno, come puoi sopravvivere? In che modo respirare la coltre d'orrore senza soccombere al peso della responsabilità?
- Forse dovrei consegnarvi a Kahalan. In questo modo, forse, avrà pietà di Erasian.
Non lo crede davvero. Nessuno sarebbe così stupido da credere che Kahalan, il dominatore dell'Ombra, dopo essere stato recluso per millenni in un buco più oscuro della sua stessa ombra, provi pietà per qualcheduno, anche soltanto per se stesso. E Magdael, la strega più potente di tutti i tempi, non è affatto una stupida.
Ugualmente penso stia per uccidermi.
Osservo le sue mascelle contrarsi in una smorfia di rabbia, i pugni serrarsi fino a sbiancarle le nocche. Sospinti da un vento inesistente i lunghi capelli vaporosi, di un rosso più vivo delle lingue di fuoco che bramano la città, iniziano a ondeggiarle intorno al viso. Uno spettacolo magnifico e al tempo stesso terrificante. Bella da fermare il respiro, o togliere la vita.
Proprio ciò che intende fare, mi dico, vedendo la sua mano sollevarsi verso di me. Immagino che la collera prenda il sopravvento e decida di scagliarmi un'altra volta contro un muro. Proprio come ha fatto poco prima quando mi ha rotto le costole, nel momento in cui, entrando come una furia nella stanza, mi ha trovato sopra di lei.
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