Conclusioni
Moltissimi giocatori considerano D&D Quarta Edizione un ottimo gioco (di ruolo o di schermaglie che sia), coinvolgente, bilanciato, veloce e divertente. Le semplificazioni adottate, le novità introdotte, i ruoli e i poteri, permettono di creare e sviluppare eroi straordinari che affrontano missioni terribili e prodigiose in un rutilare di avventure senza fine. La grafica e la qualità delle illustrazioni è quasi sempre eccezionale, anche se vira spesso verso l'eccessivo “sbrilluccicamento”. D'altra parte, il testo e il livello dei contenuti mi paiono troppo semplificati e colloquiali, adatti (tanto per dire) all'adolescente statunitense alle prime esperienze con i giochi di ruolo, piuttosto che al trentenne europeo dalla lunga carriera ludica. A volte si ha l'impressione che interi capitoli e manuali siano pieni di fuffa e servano solo per gonfiare il numero delle pagine e, secondo molti, dopo tre anni sembra che si sia ormai spremuto il limone fino alla fine e non vi siano più idee valide a sostenere le tirature o la cadenza delle pubblicazioni delle prime uscite.
Al di là del giudizio personale, dopo lo straordinario successo di D&D 3 e 3.5, il salto alla Quarta Edizione è stato per molti versi un cambio travagliato che non ha ottenuto tutti i risultati sperati, nonostante il prodotto abbia portato a casa introiti più che dignitosi e attirato migliaia di giocatori.
Il passaggio a questa versione del gioco e il conseguente abbandono di quella precedente per quanto riguarda pubblicazioni e supporto hanno causato una lunga “edition war” tra gli appassionati che si registra ancora oggi ad anni di distanza in discussioni più o meno oziose e motivate.
Senza voler entrare nella polemica, un dato di fatto è a mio parere incontrovertibile: mentre la Terza Edizione partiva da una situazione in stazionario declino ed è riuscita a espandere la clientela degli appassionati e a dare nuova linfa al gioco di ruolo in generale, suscitando una ricaduta probabilmente maggiore del previsto, la Quarta Edizione partiva da una situazione di attesa, crescita e interesse ed è riuscita ad allontanare molti giocatori dell'ondata precedente, che si sono dispersi verso altri marchi e altri giochi. Inoltre, i giocatori “fidelizzati” a Dungeons&Dragons 3 si sono trovati di fronte a un gioco dalla concezione radicalmente diversa dal loro prodotto preferito e la loro reazione è stata eterogenea, frazionando la clientela in molti rivoli diversi:
quelli che sono passati senza problemi alla nuova edizione;
quelli che hanno continuato a giocare a quella precedente, di cui è uscito talmente tanto materiale da garantire partite potenzialmente infinite;
quelli che son passati ad altri giochi o sono tornati alle edizioni più vecchie o ai retrocloni;
quelli che sono passati a Pathfinder, un altro gioco di ruolo che prometteva di proseguire lo stile di D&D 3.5.
Pare ormai che si sia cominciato a lavorare a una Quinta Edizione, che dovrà recuperare il distacco con Pathfinder e riprendersi la corona di “Gioco dei Giochi”.
Un po' di sana competizione non guasterà neanche nel mondo dei rolegame e porterà verosimilmente alla nascita di prodotti sempre nuovi e migliori per la gioia di tutti gli appassionati, qualunque sia il loro marchio preferito.
6 commenti
Aggiungi un commentoMi trovo d'accordo con Palin.
Ho giocato sia ad AD&D sia alla terza edizione e a prescindere dai sistemi di gioco, non c'è più lo spirito presente almeno inizialmente: questa è la percezione che ho quando guardo i manuali. Adesso sembra tutto basato su regole (dalla 3° edizione in poi), mentre con l'AD&D, sfogliando le pagine dei manuali c'era qualcosa di magico: sarà stato per l'impaginazione, lo stile dei disegni e delle spiegazioni, ma c'era un'atmosfera diversa.
Così anche per i manuali d'ambientazione, che ora sembrano un'optional, mentre gli scenari e le storie erano il cuore di questi giochi: a mio avviso memorabile e stupenda, oltre che ricca e dettaglia, quella di Ravenloft, per dirne una.
Io invece ho iniziato a giocare a fine della 3.5 e ora gioco (da quando è uscita) alla 4a e mi trovo molto bene..I personaggi rispetto a prima a prescindere dalle razze e dalle classi sono più livellati, nel senso che se vuoi fare un personaggio forte non deve essere solo delle solite due razze e pochissime classi. Inoltre ai primissimi livelli è più facile sopravvivere, cosa non poco per chi inizia.. Poi le regole sono più dettagliate e questo evita che certi personaggi siano troppo forti. Ho degli amici con cui gioco tutt'ora che nella 3.5 avevano dei personaggi che il Master faceva veramente fatica a mettere in difficoltà. Infine sono convinto che se i giocatori e il master sono bravi, la storia, l'ambientazione, le scelte, la strategia e l'interpretazione siano ancora la cosa più importante..e non diventa solo uno scontro tra miniature.
Nella mia esperienza, in 3.5 è un master che segue troppe regole. Se un personaggio è sbilanciato gli metto contro un mostro più grosso e sono fatti suoi, così la prossima volta impara a min/maxare.
Questa versione di D&D è nettamente peggiore alla 3.5: la gestione degli scontri è puramente casuale, chiunque può interrompere le azioni degli altri giocatori generando il casino più totale e la parte di roleplay vieni praticamente eliminata, lasciando sostanzialmente solo il lato arcade "ammazzare i nemici". Ci ho giocato una volta sola e dopo sono tornato di corsa alle 3.5
Quando un gioco di ruolo fantasy non prevede lo gnomo illusionista, anche se nessuno ha mai avuto il coraggio di giocarlo, c'è qualcosa che non funziona.
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