Eliogabalo cerca di affrontare, a modo suo certo, anche i problemi pratici dell’impero e delle genti che vi vivono. Per esempio, il problema del grosso indebitamento di una fetta della popolazione, esposizione finanziaria che porta molti al suicidio o a ridursi in schiavitù. Da un approfondimento, scopre che la causa principale è l’editto di Caracalla, che conferiva la cittadinanza romana a tutte le persone libere. Con l’imprevista conseguenza di costringerli a pagare le pesanti imposte sulle successioni.
È storico, come l'inflazione monetaria e tutti gli altri problemi della crisi economica di una superpotenza in declino. Quel particolare momento dell'impero romano presenta inquietanti analogie con il nostro tempo. Recentemente ho letto un filosofo spagnolo, Ortega y Gasset. Dice che l'attuale stato di cose si è verificato nel mondo una volta sola in tutta la sua evidenza: a Roma sotto la dinastia severiana.
Eliogabalo eleva due donne al rango senatoriale. Nomina a cariche pubbliche anche plebei e giovani. Si lamenta che la sue corte è “piena di vecchi imbecilli presuntuosi, ma non c’è un solo saggio.”
Per i romani portare donne in Senato era un crimine (in seguito avrebbero introdotto la pena di morte per questo reato), e sicuramente avrebbero amato Avito di più se avesse lasciato le donne a casa e ammazzato più gente. Lui si lamentava veramente dell'imbecillità da cui era circondato. Non ha avuto un filosofo, un legittimatore intellettuale delle sue idee e delle sue scelte. Non ha avuto un Aristotele come Alessandro, per esempio. Ci sarebbe stato Plotino, ma dopo di lui.
Claudia: cos’era “la libertà” per il tuo Avito Eliogabalo? Cos’è, per te?
Per il "mio" Avito la libertà è uno stato di felicità che lui, essendo al vertice, vuole (e crede di poter) emanare da sé e distribuire fra tutti. Per me, che sono al lato opposto rispetto al vertice, può essere qualche istante di felicità, qualche frammento di dignità, la possibilità di poter continuare a contrabbandare la mia visione del mondo attraverso i libri, e la gioia creativa che sopravvive alla fatica e all'amarezza.
Alla fine, però, anche il regno della libertà s’incrina, soggetto a troppe pressioni. Ed anche Eliogabalo cede per un momento alle scelte tiranniche, per contrattaccare i suoi nemici. Anche se la sente come un “dovere”, come una costrizione. In fondo, come la strada verso cui “il destino, il Senato e il popolo di Roma e” – non certo ultime – “le sue madri” lo hanno spinto.
Vuol dire che cambia, cresce, diventa adulto. Senza la tragica fine predestinata, diventerebbe un politico in più.
Tra gli avversari di Eliogabalo c’è n’è uno che emerge come personaggio sostanzialmente postitivo: Ulpiano. Che, alla fine, avrà il coraggio di rivelare la sua verità: “Sbagli anche tu a credere di non piacermi. Ti confesso una cosa che domani negherò. Mi è piaciuto veder governare Roma come una bordello, un teatro e un circo. Naturalmente, non posso accettare, né approvare che mi piaccia. Io ti amo, ma non ti voglio.”
In Ulpiano ho rappresentato la normalità intelligente: il tipo di avversario che combatte la "follia" di Avito in nome di un ordine e di una stabilità sociali, ma segretamente adorerebbe impazzire, ed è abbastanza onesto da ammetterlo. Un tipo umano piuttosto raro.
Il sole invincibile è il secondo libro che hai scritto per la collana Il romanzo di Roma. Il precedente è stato Il Mago e l’Imperatrice, imperniato prettamente sulla figura di Valeria Messalina. Anche in questo caso, la lettura di Messalina è fuori dagli stereotipi.
Messalina è un vuoto circondato da una fitta rete di gossip storico che ne fa più o meno una ninfomane idiota (anche nelle fiction più recenti la rappresentano così). Bisognava lavorare in quel vuoto. A giudicare dalle personalità che erano legate a lei, giustiziate in seguito alla sua caduta, pare che lei abbia tentato un colpo di stato pacifico. Non voleva uccidere Claudio: avrebbe potuto farlo un milione di volte. Voleva sostituirlo. Doveva avere un suo progetto. Ho provato a partire da lì.
Messalina è l’imperatrice del titolo. Ma il Mago, chi è?
È Simone il mago, quello degli Atti degli Apostoli e della Divina Commedia, da cui deriva il termine "simonia". Non credo che il Simone storico sia stato un simoniaco, un venditore di cose sacre. È la prima importante figura del cristianesimo gnostico, in un contesto in cui le sette cristiane erano già rivali fra loro. Alcune fonti lo danno attivo a Roma intorno al 40 d.C., altre più tardi, all'epoca di Nerone. Il suo incontro con Messalina è frutto d'invenzione, ma non è improbabile, e questo è l'importante. Molti cambiamenti erano nell'aria in quel particolare periodo, e chi era al governo, se intelligente e responsabile, non poteva non coglierli.
Gli altri attori principali?
Fra i personaggi storici Claudio e Caligola. Soprattutto quest'ultimo, molto meno pazzo di quanto la tradizione non lo tramandi, e non più crudele di quanto non sia necessario esserlo per autodifesa. Mi è stato d'aiuto un bel saggio su Caligola scritto da uno studioso tedesco, Aloys Winterling. Fra i personaggi d'invenzione Aion, un mimo britanno cresciuto alla scuola del mimo romano Mnestere (questo sì, storicamente documentato). Lo spettacolo di mimo, a Roma, era simile al nostro musical, e comprendeva recitazione, canto, danza, satira… e molto altro.
Nello svolgere il mandato primario di raccontare uno spaccato della storia romana, quali altri obiettivi ti sei data nel redigere Il Mago e l’Imperatrice.
Da certi indizi (il carisma, la venerazione di cui era oggetto, il seggio accanto a quello della Prima Vestale) sembra che Messalina sia stata una figura di un certo spessore spirituale. Mi affascinava cercare di far capire cosa potesse essere stata una regina antica, ripulita dal fango di secoli di avversione vendicativa. Mi affascinava anche, attraverso Aion e Mnestere, indagare il rapporto fra l'immaginario e la storia. Gli attori impersonavano dei ed eroi, ma potrebbero aver inventato miti che in seguito qualcuno ha vissuto in carne e ossa.
Aion per Messalina, Ierocle e Severina per Eliogabalo. Oltre agli eccessi, qualcuno da amare veramente. Altrimenti tutto è niente…
Mi piace pensare che una realtà, un tempo solidi permettano anche all'amore di stabilizzarsi e durare. Oggi siamo all'opposto storico, e l'amore dura da mezz'ora/due settimane fino a due mesi/tre anni, al massimo.
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