In una Italia futuristica, giovani gruppi terroristici sono mine vaganti di una società ormai allo sbando. La guerra civile ha ridotto il nostro paese in una brodaglia di pensieri e concetti contorti, rendendo ogni ambiente invivibile. L’apocalisse sociale è presente ovunque, e una nuova religione che prevede l’amputazione degli arti per meditare in tranquillità e dimenticare la realtà circostante sembra togliere definitivamente ogni speranza di rivalsa e ricostruzione.
Non c’è alcuna ombra di positivismo in Zentropia di Adriano Barone. E’ questo il primo giudizio che si può dedurre una volta chiuso il libro. Non c’è scampo per niente e nessuno, e il finale rispecchia i connotati di un paese che si ritrova con poche, misere speranze per il futuro.
In Zentropia difatti un futuro non c’è, né prima, né durante, né dopo la guerra civile che l’autore de Il Ghigno di Arlecchino descrive con il suo stile crudo, provocatorio e viscerale, capace di catturare l’attenzione e tenerla viva a ogni pagina, anche con le immancabili citazioni e strizzatine d’occhio dislocate nei capitoli.
La tecnica di Barone è vitale se si considera l’assenza di una trama vera e propria. Il futuristico scenario italiano è infatti una raccolta di esperienze singole, la storia di giovani e ribelli protagonisti che si scontrano con l’apocalisse vigente. Queste deprimenti realtà sono raccontate anche attraverso l’uso di dialoghi prolungati, una serie di botta e risposta efficaci che non hanno bisogno d’altro.
Pur mancando di appeal, la storia così cruda e surreale risulta paradossalmente pregna di realismo. Il punto forte e nevralgico di Zentropia ruota attorno alla capacità di Barone di presentare determinate tematiche in scene ben precise: nell’Italia devastata dalle intemperanze dei fanatici ultraviolenti c’è tutta la realtà della nostra epoca. Questo romanzo breve diventa così una sorta di cartina tornasole, un manifesto grottesco che traccia bilanci negativi a trecentosessanta gradi.
Abbiamo davanti un romanzo di nicchia, una produzione comparabile alla cinematografia indipendente, sia per stile che per contenuti. La tecnica da sceneggiatore di Barone ben si presta alla scrittura concettuale, anche se Zentropia manca di quel quid presente e travolgente delle passate pubblicazioni (fumettistiche comprese) dell’autore lombardo.
1 commenti
Aggiungi un commentoPer me questo romanzo breve-racconto lungo non è affatto difettoso dal punto di vista della trama. Le vicende si intrecciano le une con le altre, secondo i punti di vista dei differenti personaggi, e non seguono un ordine cronologico essendoci salti nel passato più o meno remoto. Però non mi è stato difficile tirare le somme, dopo aver finito il libro, apprezzando la coerenza di questa narrazione, nella quale ognuna delle sottotrame ha un suo inizio, un suo interessante sviluppo, una fine.
Non manca di appeal "Zentropia". Soprattutto se si considerano i temi audaci della trama, e se si accostano le 128 pagine di questo libretto rosso alla più voluminosa, e criptica anteprima on line. L'attrazione verso questa singolare opera letteraria per me è stata irresistibile.
Certo, non è un romanzo per tutti i palati, ma, a mio parere, si tratta di un opera migliore, dal punto di vista della lingua e della "messa in atto", di "Il Ghigno di Arlecchino" (che ho comunque apprezzato).
L'autore è più duro e meno gigione.
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