— Come è possibile, Xarshal? Questa notte ho guardato il cielo... e ho visto la luna e le stelle!
Sulla tolda della nave ammiraglia la voce del Re era sommessa, appena un respiro freddo nell'aria gelata dell'alba che si scioglieva sul mare ancora buio. Incurante del gelo, il sovrano fissava l'orizzonte che ancora nascondeva la loro meta.
— Nessuno sa perché il cielo resta pulito lontano da Hasgalen — rispose a voce altrettanto bassa l'uomo al suo fianco. — Nemmeno i Sapienti, mio signore.
— Mio signore? Da quando hai smesso di chiamarmi con il mio nome?
— Helvdan, tu sei il mio Re — protestò l'uomo, ma si zittì al cenno del sovrano.
— Xarshal, amico mio, noi siamo qui per un pensiero malsano nato nel cuore della notte — riconobbe il Re con un sospiro. — Una delle tanti notti buie e senza sonno della mia vita. E tuttavia non possiamo negarci questa speranza.
— Il signore dell'Isola non accetterà — replicò l'uomo.
— Chi ti spinge ad una certezza così assoluta?
— Dinesh dice…
— Dinesh? Dovrebbe limitarsi a quello che la sua veste di Sapiente gli permette! In ogni modo prenderemo con la forza ciò che abbiamo già chiesto con l'umiltà, se non ci sarà dato.
Xarshal serrò le labbra e non rispose.
— Non angustiarti. I venti non ci avrebbero portato fin qui, se per noi non fosse giusto esserci — lo rassicurò il Re, ma pensò: — Dovrò liberarmi di Dinesh. Così non spargerà paura e rimorso sulla mia gente anziché buone preghiere e conforto.
Ma, forse proprio per la forza del risentimento che stava provando, i suoi pensieri sembrarono trascinare su di sé lo sguardo del Sapiente. L'uomo era dritto e immobile nel punto più alto del ponte e il vento gli attorcigliava il lungo mantello attorno al corpo, che aveva la forza e la struttura armoniosa di quello di un guerriero addestrato nelle antiche discipline. I capelli grigi cortissimi incorniciavano un volto che celava bene gli anni e gli occhi, più chiari della spuma bianca sulla cresta delle onde, erano fissi sul Re con un'intensità che Helvdan non poteva intendere come amichevole.
Così il Re appena sorrise, alzando a mezzo un mano, quasi a rassicurarlo e a placare i suoi timori. Se davvero aveva percepito i suoi pensieri…
— I tuoi avi hanno abbandonato la via della Dea Madre, e tu perseveri nell'errore! — era l'accusa del Sapiente: sempre la stessa. Sempre senza attenuanti.
— La Dea Madre ha abbandonato noi… ci ha abbandonato da così tanto tempo che nessuno potrà riportarla indietro… — mormorò Helvdan, e tornò a guardare davanti a sé. Il vento trascinava ora un pulviscolo di neve ghiacciata, che feriva la carne.
L'immensa flotta di Hasgalen riempiva di vele l'orizzonte orientale. Vele gialle, scarlatte, azzurre, verdi … gli unici colori che restavano alla terra di Hasgalen erano quelli delle vele delle sue navi. Era un detto già in uso ai tempi del nonno di suo nonno, e anche allora era già vecchio. Tutti quei colori danzavano ora nella luminescenza di un'alba gelata. Il freddo mare del nord era scuro, quasi nero.
— L'Isola… — lo avvertì Xarshal, e tese la mano, ad indicare la terra apparsa all'improvviso davanti a loro, con le alte scogliere e l'ampio golfo riparato dai venti e riscaldato dalla corrente segreta nella profondità del mare: l'unico punto in cui era possibile approdare.
Sul golfo si affacciava la Città d'Oro e anche adesso, nella luce opaca e nel pulviscolo di neve, i suoi tetti e le sue mura splendevano, oro e ghiaccio a ricordare che era stata un luogo benedetto per la sua fedeltà – poi si era detta sudditanza - agli Immortali.
E ancora lo era, al confronto con il resto della Terra. E sembrava indifesa. Quanto un sogno, o la consolazione di un folle.
— Che cosa sto per fare? — mormorò Helvdan, ma quell'improvviso rimorso, quella terribile paura che gli spaccava il cuore, gli uscì dalle labbra soltanto con un sospiro, una nuvoletta di vapore che non mutò il silenzio.
La nave ammiraglia si ammutolì sulle onde che si facevano più basse e lunghe, e che la portavano verso il golfo.
Le prime cinquanta navi ormeggiarono quasi nello stesso momento al lunghissimo pontile che divideva in due l'ampia baia e che proseguiva, aprendosi come una mano, oltre la baia stessa. Le ultime navi della flotta di Hasgalen, quelle che portavano le donne, avrebbero attraccato su quegli approdi esterni coperti di ghiaccio, ma adesso erano ancora troppo lontane persino per essere viste.
Helvdan ordinò con un cenno a Dinesh di scendere al suo fianco.
— Seguirò i tuoi desideri: faremo ancora un tentativo — lo rassicurò con un lieve sorriso. — Tu che possiedi la conoscenza, che mi dici di questo giorno che si sta levando?
L'uomo lo fissò con i suoi occhi troppo chiari, che sempre avevano fatto sentire Helvdan a disagio, fin da quando era bambino. — La mia conoscenza non vede nel futuro altro che quello che il presente può costruire. Quello che avrai domani dipenderà da ciò che farai oggi.
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