Helvdan trattenne l'impulso di colpirlo. — Non ancora — pensò. — Sei uno stolto — disse invece. — Io ti chiedevo soltanto tutti i bambini nati da meno di cinque anni per farne i figli dei miei nobili e dei miei capitani; e tuo figlio per crescerlo come mio, e farne il Re di Hasgalen dopo di me. Tu avresti avuto altri figli, ma grazie a questo la pace sarebbe stata sigillata tra noi per sempre.
— Non ti daremo mai i nostri bambini. Conosco la tua terra. Conosco la sete di potere che vi muove, e la violenza che vi accompagna, e la distruzione che vi segue. I nostri figli hanno sangue antico. I nati dell'Isola sono benedetti.
— Mi addolora sentirtelo dire — mormorò Helvdan, e a quel segnale Xarshal scostò il mantello mostrando la corta balestra doppia e lasciando partire le due frecce scure, che trapassarono la gola del Re e la fronte dell'uomo al suo fianco con la rapidità di un lampo nero, e un sibilo lieve quanto un brivido.
— No! — urlò Dinesh, ma subito due degli uomini della scorta lo afferrarono per le braccia trascinandolo via a forza.
Il Re dell’Isola era caduto in ginocchio, le mani alla gola e un fiotto di sangue che si riversava pulsando a sporcare il mantello chiaro. Gli occhi conservavano una lucidità sorpresa. Poi i suoi uomini lo trasportarono all'interno, ed era già morto nel momento in cui il portello fu richiuso.
Helvdan ignorò l'uomo che era stato al fianco del Re e che giaceva con gli occhi aperti e la mano contratta sull'impugnatura della spada, ma non riuscì a liberare il proprio sguardo dalla scia di sangue che Lisbarth aveva disegnato sulle pietre rosa. Poi Xarshal lo afferrò per un braccio e i soldati di Hasgalen si chiusero loro intorno, alzando gli scudi per proteggerli dalla pioggia di frecce scagliate dall'alto delle mura.
— Stolti due volte — mormorò Helvdan. — Così non perderanno soltanto i bambini. La gente di questo luogo nemmeno sa che cos'è una battaglia!
Arretrarono così protetti fino al quartiere del porto, che già era stato occupato; mentre Xarshal ordinava l'incendio delle basse case scure, Helvdan raggiunse Dinesh.
— Che cosa voleva fare il più Sapiente tra i miei Sapienti? — esclamò, trattenendo nella voce quell'ira che così facilmente ormai lo dominava.
— Impedirti una follia — replicò Dinesh fermamente.
— Eppure hai detto che quello che avrò domani dipenderà da ciò che farò oggi! E questo giorno può essere il primo di una nuova era, per la nostra Terra.
— Ma la violenza non è fonte di vita! — protestò il Sapiente, incurante di osare più di quanto gli era permesso.
— La vita di Hasgalen merita ogni mia azione. Ma vedo che non mi sei più di alcuna utilità qui; tuttavia, quando le navi delle donne saranno in porto, dovrai destinare i bambini.
— Se prenderai i piccoli con la forza non potrai lasciare indietro padri e fratelli che verranno a rivendicarli, né madri e sorelle, che non ti daranno pace.
Helvdan sorrise appena. — Non lo farò, amico mio, non lo farò… Terremo in vita le fanciulle e i ragazzi dai cinque ai quindici anni, per farne degli schiavi che ci daranno altri schiavi. Maschi e femmine al di sotto dei cinque anni li cresceremo come nostri figli. Tutti gli altri moriranno. Lisbarth avrebbe fatto meglio ad accogliere la mia offerta… Portatelo alla nave ammiraglia, e assicuratevi che vi resti confinato! — ordinò infine.
— Non macchiarti di tanta morte! — scongiurò ancora Dinesh.
— Quello che accadrà qui oggi non sarà mai ricordato, e quello che non è ricordato non è accaduto.
Fece un cenno con il capo, e i due uomini che ancora lo tenevano incamminarono il Sapiente verso il pontile. Tutte le navi avevano riversato il loro carico di armati, e ancora altre navi si affacciavano all'imbocco del golfo. Un tremore colpì il suolo in quel momento, e un bagliore si levò ad est, di là dai boschi di pini e di larici.
Uno degli uomini che scortavano il Sapiente sorrise, dandogli una spinta incoraggiante verso la nave ammiraglia. — Corri, Dinesh! Vai a metterti al sicuro sottocoperta. Lo spirito del fuoco ci sta aprendo le porte. Dovresti essere orgoglioso della tua invenzione!
Dinesh si eresse; sovrastava di tutta la testa gli altri due, che istintivamente fecero un passo indietro. — Lo spirito del fuoco doveva servire per aiutarci a vivere... non per aprire il cammino alla morte.
— Vai sull'ammiraglia, come ha ordinato il Re! Noi dobbiamo tornare al suo fianco — il tono non era proprio di comando, perché l'uomo all'improvviso si era ricordato di dover essere cauto con il Sapiente che aveva dato al fuoco tanto potere. Così sembrava piuttosto un consiglio, quasi dettato da una sincera preoccupazione per la sua incolumità.
Dinesh annuì appena, e in quel momento lo stesso tremore, e lo stesso riverbero, si levò ad ovest. Anche la seconda porta era saltata.
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