Avevamo lasciato Tengo e Aomane in un punto di svolta della storia. Il primo, deciso a ritrovare la compagna delle elementari dopo aver visto la sua immagine da bambina attraverso una crisalide d’aria. La seconda, pronta a sacrificarsi purché non accada nulla all’uomo che ama.
Due persone così vicine che basterebbe un niente perché si incontrassero, ma che rimangono bloccate, in attesa che il destino gli mostri un segno per fare il primo passo. Ma mentre entrambi tentennano, indecisi sul da farsi, c’è chi si muovendo deciso sulle loro tracce.
A differenza del volume precedente, i capitoli non s'alternano più solo con i punti di vista di Tengo e Aomane, ma viene aggiunto quello di Ushikawa, l'investigatore privato già incontrato lungo le vicende dei due protagonisti. Figura sfuggente e inquietante, non tanto per l'aspetto fisico non proprio aggraziato, quanto per il suo agire nell'ombra; ingaggiato dal Sakigake, è l'incarnazione della minaccia "concreta" che aleggia sulla storia (quella non visibile è, ovviamente, dei Little People).
Con l’avanzare della trama, Ushikawa perde la veste di "cattivo" di turno indossata nella prima parte: attraverso la narrazione Haruki Murakami sfuma i confini tra bene e male. Non che li abbia mai marcati con decisione: con il suo modo di scrivere delicato, Murakami mostra come il confine tra i due elementi sia davvero labile, spesso solo una questione di punti di vista, con il mondo che è un campo dove sono in gioco diverse energie e ognuna di esse cerca di avere la sua fetta, di ricavarsi il proprio spazio. Proprio come fanno i protagonisti della storia, impegnati a sopravvivere, a ricercare uno scopo, una ragione per la propria esistenza.
Pagina dopo pagina si scopre il passato di Ushikawa, delle vicende che l'hanno reso l’uomo razionale, in apparenza privo di sentimenti, che é: ed è normale che sia così, dato che è uno dei tanti bambini cresciuto in un ambiente, familiare e scolastico, privo di affetto, di amicizia; quegli aspetti che avrebbero permesso di sviluppare la propria parte emozionale. Lentamente l'antipatia provata inizialmente per questo personaggio sfuma perché si conoscono le sue miserie, una vita priva di veri contatti umani: si capisce che non è altro che un pezzo che viene usato da qualcosa che lavora dietro le quinte e che non vuole essere scoperto. Da persona intelligente qual è, Ushikawa ne è cosciente e non gli dà neppure troppo importanza: l'unica cosa che gli importa è dimostrare il proprio valore, le capacità che lo rendono in certi frangenti utile e che le persone comuni non hanno. Un distinguersi che lo rende un isolato, un emarginato: un individuo che è lontano dai suoi simili, con i quali non riesce a provare empatia, a stringere legami.
Quello che fa Murakami con 1Q84 è raccontare le vicende di diverse solitudini che per un caso del destino trovano a intrecciarsi tra loro. Aomane, Tengo, Ushikawa, Tamaru e la signora per la quale lavora: sono persone sole, con un modo di vivere creato per fare da corazza ai colpi inflitti dall’esistenza. Protagonisti di un copione che sembra preparato da tempo, come se il Karma spingesse con forza verso un punto prestabilito. Niente di tutto quello che accade però, accade per caso: anche il dettaglio più banale ha il suo significato.
Attraverso questi personaggi, la narrazione di Murakami procede fluida e piacevole come un torrente montano. Nella sua placidità rivela il mondo nascosto che si cela dietro le semplici azioni di una persona: un mondo, quello dei pensieri, che rimarrebbe segreto, sconosciuto, se non ci fosse una penna a descriverlo. E Murakami sa farlo magnificamente sia quando narra la vita ripetitiva che Tengo fa al capezzale del padre malato d'Alzheimer (un tocco di poesia la similitudine che Tengo fa tra il mondo in cui vive e il Paese dei Gatti, un paese che si deve lasciare alle spalle, proprio come il passato legato alla sua infanzia), sia quando descrive la monotonia della vita isolata cui Aomane è costretta dopo l'omicidio del Leader; una quieta dolcezza descrittiva che delicata va a mostrare le miserie, le apatie, la ripetitività del vivere comunitario, dove l'individuo non è nulla agli occhi degli altri, solamente uno dei tanti che s'incontra per strada.
I colpi di scena non mancano, anche se non sono esplosivi, ma vengono mostrati con una calma serafica. Fossero altri a descrivere certi eventi, si rimarrebbe perplessi o si storcerebbe il naso per certe svolte inverosimili. Niente che tuttavia si sia già visto: Stephen King ha fatto qualcosa di molto simile nella serie della Torre Nera. Ma dopo l'iniziale spaesamento, ci si accorge che tutto ha un senso e che non è stato creato solo per fare sensazione. Scelte che non rovinano l'atmosfera magica di un mondo che presenta due lune e forze misteriose di cui si riesce solamente a sfiorare la loro vera natura: la daugther e la mother, gli oscuri Little People la cui presenza non deve essere svelata perché continuino a elargire i loro servigi.
Un volume che conclude degnamente la storia ideata da Murakami, con solamente due nei, ma che non riguardano l'autore, quanto la realizzazione italiana. Il primo è inerente la divisione in due parti: l'attesa di mesi per leggere la conclusione spezza l'atmosfera, facendo perdere parte del gusto della lettura; visto che in Giappone l’opera aveva trovato conclusione nel 2010, si poteva realizzare un unico volume. Il secondo, lo spoiler messo dall'Einaudi nella sinossi del libro, rivelatore di un evento che si trova verso il finale del libro, determinante per l'epilogo; un errore che a simili livelli non deve essere commesso.
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