La sensazione che si prova leggendo L'Ogam del Druido, romanzo breve, o racconto lungo forse sarebbe meglio dire, di Donato Altomare è quello di un tentativo di creare le atmosfere lovecraftiana con altra ambientazione.
Tutto inizia con il viaggio della protagonista, la milanese Elena Gherardi, in una provincia misteriosa, che stavolta non è il New England, ma la Sicilia degli inizi del '900, anzi del 1908.
Elena Gherardi andrà a Messina cercando la risposta a vari interrogativi su suo padre, e troverà un lovecraftiano orrore che cova nei meandri del sottosuolo. Ad aiutarla ad affrontare tale orrore sarà il Duca di Sanseverino, che la introdurrà ai misteri di una cosmogonia ignota ai non adepti.
Per quanto il finale cerchi di giustificare la scelta dei luoghi in un modo che dovrebbe essere inequivocabile, quando il "cattivo" si chiama Amhtthu, ed è apostrofato con l'appellativo di "Colui Che Dorme Sotto La Città", la sensazione del riciclaggio lovecrafiano cresce e non riesce ad abbandonare il lettore.
Diventa una certezza quando il lettore realizza che la storia continua a proporgli situazioni, personaggi dialoghi ed eventi talmente rispondenti al modello lovecraftiano da diventare stereotipi. Quasi il racconto di una partita del gioco di ruolo Il richiamo di Cthulhu, ma non di quelle belle e inventive, bensì scritta e condotta da un Master svogliato e senza idee.
Altro punto debole del racconto è pretestuosità dell'ambientazione.
La grande assente nel primo volume di un ciclo che si chiama "Dèmoni di Sicilia", è la Sicilia stessa.
La sensazione generale è che siamo di fronte a un racconto scritto magari per una antologia di apocrifi lovecrafiani, nel quale con il comando "trova e sostituisci" siano stati sostituti nomi di persone e luoghi in lingua inglese con omologhi siciliani.
Se è pur vero che il nome Sanseverino non è ignoto alla storia siciliana, e che i Celti misero piede nell'isola in varie epoche, anche molto remote, è un po' poco per fare sentire il lettore immerso nell'ambientazione, che rimane uno sfondo intercambiabile con altri, anche se l'evento del finale vorrebbe caratterizzarla in modo forte.
Purtroppo l'intento non riesce, altre città hanno visto nella loro storia simili accadimenti, e trasportare la vicenda di questo racconto in quei luoghi sarebbe possibile con pochi adattamenti. Non c'è niente nella narrazione che sfrutti in modo indissolubile l'ambientazione.
In conclusione siamo davanti a un libro che delude sia chi cerchi una ambientazione spiccatamente italiana, che i cultori del racconto fantastico in cerca di un racconto capace di destare orrore o meraviglia, per la sua assoluta prevedibilità.
4 commenti
Aggiungi un commentoSono inciampato per caso in questa terribile recensione. Mai avevo preso una sola stelletta, roba da suicidio.
Emanue'... manco t'è venuto un dubbio? Non stavi parlando di un principiante magari scarso di idee, ma di donato altomare che di idee ne ha da vendere.
Eppure la verità l'hai sinanco sfiorata.
Alla fine degli anni '80, De Turris riprese alcuni racconti inviati al Premio Tolkien per realizzare una antologia Lovecraftiana. Avevo già scritto l'Ogam. Lui mi disse di lovecraftizzarlo, insomma, di scriverlo emulando il grande. Io ero e sono capace di farlo (l'ho anche fatto con Conan, ad esempio), per cui l'accontentai forzando quella che era la stesura originale del racconto (più... come dire... italiano, sai che sono un feroce assertore dell'indipendenza culturale di noi autori dello stivale). Gianfranco fu soddisfatto e lo pubblicò insieme ad altri (Asciuti, Calabrse, Genovese, Petriniero ecc.ecc.) in una antologia edita da Marino Solfanelli (Chieti, 1990) che si intitolava Gli Eredi di Cthulhu.
Gesummariaetuttiisanti, ma per forza che doveva richiamare Lovecraft!
Riccardo da Sanseverino fu uno dei nobili che restò accanto a Federico II sino alla sua morte . Ne sposò tra l'altro la figlia Violante. Il suo casato era originario di Caserta, ma governò in Puglia e sarà stato (non ci sono dati certi) in Sicilia al seguito dell'Imperatore (alla faccia del 'non è ignoto') e la presensa dei Celti in Sicilia non c'entra nulla con la mia storia. L'Ogam, difatti, proveniva, come viene scritto nel racconto, dall'isola di Mona ed era stato razziato dai romani che fecero strage lì dei Celti (storia). Figlio mio, ma era tanto il sacro furore di lesa maestà che non l'hai neanche letto il racconto? Una stellina senza neanche mezza parola sull'idea, sulla trama, sulla narrazione.
Vabbè, ti perdono.
Un'ultima cosa. L'ambientazione. La ragione della scelta della Sicilia è tutta nella fine della storia. Non credo che quella stupenda Isola (che amo e conosco abbastanza bene) abbia bisogno di essere descritta per allungare il brodo (cosa frequente in molti autori). In seguito l'idea della storia mi è piaciuta tanto che ho scritto altre tre storie con quei personaggi e ne dovrei scriverne altrettante perché i pilastri su cui poggia la Sicilia è risaputo che sono sette e sette quindi sono i Rosicchiatori che li stanno corrodendo per farla sprofondare . Ma non è escluso che se dovessi divertirmi i pilastri potrebbero diventare nove non per altro per non essere accusato di emulare qulache altro grande scrittore con la storia dei sette pilastri...
Ti risponderò in ogni caso che quando Cesare Sterbini scrisse il libretto per il Barbiere di Siviglia (riprendendo Beaumarchais, come tutti sanno) di Rossini non sprecò mezza parola su Siviglia. Eppure l'opera è un capolavoro.
Senza rancore
d.a.
Donato, proprio perché non sei un principiante scrivere frasi come queste non ti fa onore. Una delle cose che contraddistingue il principiante da chi non lo è è proprio riuscire a incassare (che oovviamente è diverso dal condividere) una rece negativa, se adeguatamente e oggettivamente circostanziata.
Ricevere una critica negativa non fa piacere a nessuno, ma c'è modo e modo di ribattere. Il modo in cui è stato fatto non è appropriato, anche se non c'è stata volgarità: si può non essere d'accordo, ma se un recensore non è convinto della bontà di un romanzo, non ha bisogno bisogno d'essere perdonato; il perdono è per altre cose.
Inoltre, il fatto che tu sia scrittore già edito non è sinonimo sempre di bontà assoluta: un'opera è sempre una storia a sè stante. Che sia riuscita o meno viene valutata volta per volta: non è buona solo perché sono state pubblicate opere di buona qualità in precedenza. E questo è un discorso che vale per chiunque, nessuno escluso.
Che idea voler scrivere una recensione basandosi solo sulle proprie impressioni di lettore e di critico senza prima informarsi bene presso l'autore sul per come e per quando allo scrittore sia venuto in mente di scrivere quello che ha scritto...
S*
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