Coperto di ferro, ma affatto goffo, Hreon il rinnegato avanzò nella vasta sala del trono di Enniagenda addobbata a festa. Enniagenda, città di nascita dell'imperatore Eshant, completamente ricostruita dopo la sua ascesa al trono, era una perla splendente di oro e arte. L'austera Ur-deiana era rimasta la sede del potere, ma ogni volta che Eshant decideva di celebrare sé stesso e il suo sangue era a Enniagenda che riuniva la corte.
La sala del trono era una enorme ovale, grande abbastanza da poter accogliere tutti i notabili dell'impero e i loro seguiti. Una foresta di colonne di cristallo la attraversava in ogni direzione cosicché, tirano dei teli da colonna a colonna, la si poteva spezzare e dividere in più stanze, come un accampamento. Il trono era appoggiato su una collina di marmi per metà scolpiti in una scala e per metà sagomati in forme mostruose, secondo la follia e l'estro dell'artista che vi aveva lavorato.
Il soffitto era forato da un reticolo di lucernari, distribuiti in modo irregolare, ma secondo un preciso disegno ed era così alto che quando lo si guardava sembrava di trovarsi di fronte a un cielo stellato di pietra.
E Hreon il rinnegato avanzava per la sala coperto di ferro, mentre intorno a lui coloro che erano vicini all'imperatore ostentavano le vesti più preziose e raffinate a loro disposizione. Erano un esercito, una teoria senza fine di parassiti, politicanti, cugini invidiosi e burocrati. Fissavano tutti Hreon, la sua armatura di ferro e il sacco di tela che teneva in mano. Il sacco era umido, qualcosa di scuro gocciolava trasudando dal fondo.
Hreon alzò lo sguardo sul trono. Non si era accorto che quando era entrato nella sala tutto si era fermato, non si era accorto che la corte dell'imperatore si ritraeva da lui. Quando però alzò lo sguardo sul trono e in cima alla collina di marmo vide solo quattro uomini coperti di vesti grige si fermò, stupito. - Dove si trova l'imperatore? - chiese.
Ikaress, la figlia dell'imperatore, vestita anche lei di metallo, il corpo nudo avvolto solo in una raffinata rete di oro e preziosi andò verso di lui, tintinnando, anche lei affatto goffa. - L'imperatore non si mostra ai non umani. Chi sei tu per chiedere di lui? - indagò.
Hreon, il nano rinnegato, abbassò il capo riconoscendo il sangue nobile. - Mi ha chiesto di portare un dono per il compleanno di sua figlia. Ho il dono qui con me.
Ikaress sorrise. - Sono io che devo ricevere quel dono. Dammelo.
Hreon aprì il sacco e lo capovolse, due teste rotolarono fuori, sul pavimento bianco osso. Teste non umane, troppo allungate, dai lineamenti troppo fini, dagli occhi dorati e le orecchie appuntite, dalla pelle di un grigio perlaceo che rifletteva la luce.
Ikaress guardò la testa e non si scompose. Nessuno, nella sala, provò disgusto. Era l'epoca del sangue e del fuoco e l'impero aveva già mostrato altri massacri.
- Ecco il dono. - esclamò la principessa, sprezzante.
Hreon appoggiò un ginocchio a terra, metallo dei nani contro il pavimento bianco. - Tre stregoni degli elfi infestavano da lungo tempo la foresta a est di Enniagenda. L'imperatore ha chiesto che per il compleanno di sua figlia la foresta ne venisse liberata. Queste sono le teste di due di loro.
Ikaress si passò una mano sul ventre, lasciato nudo dall'abito d'oro, fissando negli occhi gli occhi morti delle teste. - Queste sono le teste di solo due di loro.
Hreon non si scompose. - Chi porterà la terza avrà fatto metà del mio lavoro.
La principessa rise, sembrava che l'intervento del nano la divertisse, sembrava apprezzare il regalo del padre. Fece due passi in direzione di Hreon finché il nano non avvertì nelle narici il suo profumo, uno strano misto di essenze dolciastre e incenso. La donna si abbassò su di lui, i suoi seni, costretti in coppe di metallo sagomate come teste di leone, oscillarono. - Mio padre si è ritirato appena sei entrato nel palazzo. Sai chi sono quelli davanti al trono?
Il nano non capì dove la principessa volesse arrivare. - Chi sono?
- Sono i Cappi. Sono la guardia scelta dell'Imperatore. Ma il loro è un compito facile perché la profezia dice che sono uno che non è nato umano può uccidere Eshant. Dimmi, nano, sei qui per uccidere mio padre?
Hreon si ritrasse disgustato dalla donna, dal suo corpo, dal suo profumo e soprattutto dalla lascivia con cui aveva pronunciato quelle parole. Era detto il rinnegato, ma aveva un onore. - Tuo padre mi ha dato una missione e io l'ho portata a termine.
- Recuperando. Solo. Due. Teste.
Cadde un attimo di silenzio, gelido. Poi Ikaress fece un passo indietro, allargò le braccia e rise apertamente guardando la folla. - Il tuo regalo è accettato, nano. Farò si che ti venga dato quanto hai pattuito con l'impero!
Hreon batté nuovamente il ginocchio a terra, metallo su osso, accettando le parole della principessa, dopodiché indietreggiò fino a uscire dalla sala del trono.
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