Sarà meglio fermarsi e riflettere prima di riproporre Ghost Rider al cinema. Se il relativo fallimento del primo tentativo non ha scoraggiato la produzione di questo seguito non seguito è stato solo perché la Sony sta cercando di non mollare i diritti di un franchise potenzialmente remunerativo.
Le potenzialità c'erano tutte. E non si può dire che i registi Mark Neveldine e Brian Taylor non ce l'abbiano messa tutta per girare qualcosa di dignitoso.
Ma non si va a nozze con i fichi secchi.
Dal punto di vista visivo è evidente che il 3D (inutile riconversione) e le scene d'azione adrenaliniche si sono mangiati quasi tutto il budget, di 57 milioni di dollari.
Saremo pure in tempi di crisi, ma per produrre un film spettacolare e in 3D, forse qualche soldo in più serve.
Il film ha una povertà nelle location che fa pensare più al pilota di una produzione televisiva a medio budget, che a un prodotto cinematografico.
Tutte le scelte di risparmio e di economia, accettabili alla TV, non reggono sul grande schermo.
Per fortuna la bellezza della Cappadocia suscita ammirazione, merita un viaggio, perché è veramente mozzafiato, ma è meglio prenotare un volo e andarci che sorbirsi quanto accade in primo piano solo per la bellezza degli sfondi.
Ogni film dovrebbe avere poi una storia, una sceneggiatura con una sua coerenza. L'esile storia del film è quella di un road movie, il viaggio del tormentato e sofferente Johnny Blaze, il solito inespressivo Nicolas Cage, messo a confronto con l'artefice del suo stato, il Diavolo, interpretato dal solito professionale Ciarán Hinds, che è in cerca di un ennesimo corpo umano in cui rinascere. Il metodo è il solito, ossia ingravidare una bella fanciulla, Nadya, una Violante Placido che sembra capitata sul set per caso. La prole generata è a questo punto oggetto della caccia spietata del Diavolo che, ovviamente, ha un piano.
Poteva, nell'anno 2012, il Diavolo non avere un piano per trasformarsi nell'Anticristo e mettere a ferro e fuoco, soprattutto fuoco temo, la Terra?
Potevano nel calderone non esserci dei monaci, tra i quali Moreau, ossia il bravo Idris Elba, che non sono affatto d'accordo?
Se volete poi sapere quale sia il ruolo dell'irriconoscibile Christopher Lambert in questo pasticcio stereotipato ve lo lascio scoprire da soli.
Sempre se riuscirete a non sbadigliare o a irritarvi ascoltando dialoghi che alternano battute vere, anche divertenti e argute, che da sole danno senso a parecchi minuti di noia, a momenti di comicità involontaria.
Le sequenze di stunt, che dovrebbero poi essere l'altra fonte di possibile divertimento di questo genere di film, pur se spettacolari, suscitano ammirazione solo per il buon lavoro dei cascatori impegnati, ma non sono niente che non si sia già visto nell'articolato panorama dei film d'azione.
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