Schegge, scritto da Gianfranco Staltari sfugge a una immediata catalogazione.
La provenienza dell'autore dei testi delle dieci storie, uno dei due curatori della nostra testata cugina, Horror Magazine, potrebbe fare pensare a questo genere.
Anche il primo racconto del volume potrebbe sicuramente essere inquadrato nell'horror.
Viene da chiedersi però se questo sia importante.
La risposta è che non lo è. Quello che Staltari e soci hanno realizzato è una raccolta che omaggia i generi in quanto tali, proponendosi di raccontare delle storie. Schegge non meno taglienti di quelle famosissime di Alessandra Daniele su Carmilla, raccontate con un mezzo diverso.
Eh sì. Il fumetto, e spero che ormai tutti lo abbiano capito, non è un "genere", bensì una forma espressiva per raccontare storie, che possono essere di qualsiasi genere.
E non è un media "povero" figlio minore di altri, come il cinema, l'illustrazione o le arti figurate. Ha un suo specifico e un suo linguaggio.
Staltari e il gruppo di disegnatori questo linguaggio dimostrano di conoscerlo e ci mostrano un percorso di dieci racconti concepiti per essere narrati a fumetti.
C'è horror, thriller, explotation, zombi, fantascienza, fantasy, erotismo in questi racconti, e nel giudicarli non si può prescindere dalla valutazione della capacità del narratore per parole di integrarsi con quella del narratore per immagini, il disegnatore.
A tutti gli effetti, mi sto lamentando del fatto che nessuno dei dieci disegnatori sia con il proprio nome in copertina. Sono coautori di ciascuno dei racconti, e responsabili tanto quanto lo sceneggiatore del risultato finale.
La lamentela non è rivolta ai curatori, che sono convinto che abbiano preferito dare risalto ai loro nomi all'interno, per non sovraffollare la bella copertina di Dario Viotti, che è anche uno degli autori di una delle storie all'interno.
E' solo il rammarico che proprio la numerosità degli artisti coinvolti abbia costretto a questa soluzione.
I nomi di Stefano Fantelli, Valerio Nizi, Michele Arcangeli, Paolo Massagli, Luigi Criscuolo, Giovanni Timpano, Veronica Baeli, Ilaria Tomasi, Onofrio Cirillo, Cristian Sbattentini e il già citato Dario Viotti, sono in alcuni casi delle promesse, in altre delle piacevoli conferme.
Forse a chi ama il fumetto, e ne conosce le potenzialità intrinseche, questo discorso apparirà banale, ma preferisco farlo a scanso di equivoci.
Testi e disegni sono due elementi inscindibili al fine della valutazione del risultato finale.
La vignetta, la costruzione della tavola e della sua percezione spaziale, sono narrazione.
Gli autori compiono insieme questo percorso che è un omaggio alla narrazione in quanto tale, con apparente eterogeneità.
In realtà un filo rosso che lega i racconti c'è: suscitare nel lettore inquietudine, stuzzicare il timore dell'ignoto, del diverso, di ciò che non nella nostra esperienza.
L'esperienza da fare è lasciarsi trascinare dalle diverse opportunità presentate dagli autori: riconoscere le esplicite e implicite citazioni per esempio, con rimandi a tanti autori dell'immaginario collettivo, come Matheson o Brown, o a cineasti più o meno pulp; osservare come icone della cultura popolare possano diventare mostri, se non lo sono già, morti viventi di una società morta vivente già ora; lasciarsi semplicemente trascinare dalla storie, apprezzando quelle che si ritengono più vicine alla propria sensibilità, storcendo il naso davanti a quelle con le quali il proprio gusto non ci ha fatto entrare in sintonia.
Con dieci storie dieci sono infinite le combinazioni. Lascio al lettore il compito di scoprire il proprio percorso, che consiglio spassionatamente di intraprendere.
E' divertente.
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