Il Medio-Mondo della Torre Nera è “andato avanti”, insidiato da creature mostruose e magie infide. Roland Deschain e il suo ka-tet si sono appena lasciati alle spalle la Città di Smeraldo ma la strada che li attende è ancora lunga. A complicare le cose c’è una terribile tempesta in arrivo, lo starkblast, quindi è necessario trovare un riparo fatto di mura spesse, altrimenti si rischia la fine dei tre porcellini.
Una volta al sicuro nell’unica casa solida di un villaggio morto da tempo, cosa c’è di meglio del raccontare vecchie storie? Eddie, Susannah, Jake e Oy ascoltano la voce dell’Ultimo Cavaliere che svela un altro frammento della sua lontana giovinezza, dove trovano posto vicende di sangue e violenza ma anche una dolcissima fiaba fantasy.
La leggenda del vento è l’ottavo volume della saga La Torre Nera, scritta da Stephen King nell’arco di trent’anni; più precisamente, uno spin-off collocabile fra il quarto e il quinto volume.
Leggere dopo anni una nuova puntata di questa lunga epopea fantasy ha un effetto strano: molta aspettativa ma anche una specie di malinconia perché sappiamo che comunque la storia è finita. Eppure, è più che comprensibile il desiderio dell’autore di dire ancora qualcosa e di non abbandonare il suo ka-tet. King nella prefazione afferma che non è necessario conoscere l’opera nel suo complesso per leggere il nuovo libro, ma questa è una comprensibile piccola bugia: in realtà apprezzare questo volume senza il quadro d’insieme richiederebbe una buona dose di pazienza.
Il titolo originale, The Wind Through The Keyhole, ha un duplice significato. E’ una fiaba dell’infanzia di Roland - legata al doloroso e conflittuale ricordo della madre - ma anche il significato che anima l’intero libro, l’idea germinale di base: a volte è possibile guardare dentro la serratura che si apre sullo scorrere del tempo e in quel particolare momento il Ka, ovvero il destino, ci travolge con violenza, apre una porta e racconta passato e futuro.
Probabilmente sai-King ha sbirciato spesso nella serratura dove soffia il vento del Ka e alla fine, dopo sette libri e tanti romanzi correlati, non ha potuto fare a meno di tornare in quella che è ormai divenuta la sua ambientazione cardine per raccontare un’altra storia. Anzi, più storie una dentro l’altra, tenute insieme dal filo rosso che porta ogni mondo verso la Torre.
Il romanzo è infatti come una matrioska, con tre vicende una dentro l’altra: il viaggio degli eroi che affrontano la tempesta (nel capitolo intolato Starkblast), il racconto horror attorno al fuoco (Lo Skin-Man, parte prima e seconda) e la fiaba nel racconto (La leggenda del vento).
Roland narra di sé, del giovane Bill - unico superstite di un terribile massacro - e del leggendario bambino chiamato Tim Strongheart, capace di affrontare sia la Foresta Infinita che il nemico di sempre, il Covenant –Man, alias L’Uomo in Nero, alias Marten, alias…
Quest’ultima parte è il cuore del romanzo: un fantasy simile a Gli occhi del Drago - che King scrisse per la figlia Naomi - con un eroe bambino, una lunga quest, la sconfitta del cattivo, il Nome che resta nella storia di Gilead e dell’Eld.
Troviamo creature magiche e mostruose, antichi incanti e l’eterna lotta Bene Vs Male, ma anche quegli aspetti fantascientifici e apocalittici caratteristici dell’intera saga: i cenni agli Antichi e ai loro dispositivi senzienti molto ghost-in- the-shell, il decadimento della realtà, le creature mutate da veleni e radiazioni, l’incombere di poteri inquietanti. Se il romanzo La leggenda del vento è uno spin-off della Torre Nera, il capitolo dal titolo omonimo è di sicuro un prequel.
Ci sono due modi per approcciare La Leggenda del Vento: quello del Nuovo Lettore, che non conosce ancora questo universo, e quello dell’Affezionato Lettore, ormai scafato, che forse nei confronti del primo prova un po’d’invidia e la sensazione d’innocenza perduta.
Nel primo caso, l’incontro con Roland, i suoi compagni e il mondo della Torre Nera è “morbido”, supportato dall’abilità di King nel raccontare storie e dal fascino surreale dell’universo Dark Tower.
Il morso originario che tanto ci ha sconvolto e deliziato negli anni si è smussato alquanto, però il Nuovo Lettore non lo sa: troverà mostri e vicende sanguinose, ma capirà da subito che il cattivo sarà smascherato e i buoni vinceranno. Il lato consolatorio prevale su quello spietato tipicamente kinghiano, nel bene e nel male.
Cosa pensa invece l’Affezionato Lettore? A quanto il Re del Maine sia cambiato dopo il 1999 e di come cerchi di “sistemare gli affari in sospeso” e dare al suo eroe non tanto un passato quanto un perdono: per questo motivo, costruisce un romanzo che romanzo non è, attorno a ciò che, in un altro quando e in un altro dove, sarebbe stato semplicemente un delizioso racconto limitato alla storia di Tim, della Foresta e della Tigre che porta al collo le chiavi del destino.
L’impressione è che King abbia grattato il fondo del barile: occorreva fare un romanzo ma a disposizione c’era un racconto, come rimediare? Con altri spunti magari rimasti nel cassetto e rielaborati in modo più o meno felice: nella vicenda dello Skin-Man, Roland vince la sua sfida contro un mostro del Fuori e riesce a placare il demone che si porta Dentro, ma nonostante le tinte horror-splatter il lettore prova solidarietà non certo brividi di paura. Infine, come cornice troviamo la condivisione di questi ricordi fra il Pistolero e i compagni del ka –tet, un contentino per ribadire “oh sì, questo è il mondo della Torre Nera, chi può resistere?”
Infatti nessuno di noi Affezionati ha resistito, tantomeno la sottoscritta, che ha letto e anche sospirato, alla fine. Perché la saga è finita, perché questo romanzo non aggiunge niente alla storia, perché forse sarebbe stato più onorevole pubblicare un semplice racconto senza bisogno di allungarlo a tutti i costi, costruendo un puzzle dove il disegno finale mostra tasselli troppo grezzi.
Tuttavia, anche se può sembrare una contraddizione… lo sforzo è stato apprezzato.
Lo stile dell’autore non perde colpi (grazie anche alla traduzione del grande Tullio Dobner) e la fascinazione della saga è forte: siamo felici di essere tornati nell’universo Dark Tower e comunque sia andata diciamo “grazie sai - King, quando ne scriverai ancora?”
2 commenti
Aggiungi un commentoE' una lettura gradevole, che non aggiunge nulla alla saga.
Voglia di scrivere ancora di quel mondo e di quei personaggi o spinta per sfruttare un prodotto che ha un certo pubblico?
Forse tutte e due le cose; sta di fatto che La Leggenda del vento fa passare piacevoli ore di lettura, specie se si è seduti vicino a un fuoco
Io credo che pubblicare il raccondo de La leggenda del vento senza la doppia cornice sarebbe stato uno sbaglio. Non sarebbe stato giusto tornare nel mondo della Torre Nerra senza almeno vedere di sfuggita Roland e i suoi, tanto più che in questa ambientazione tutto può succedere e non per forza tutti gli eventi devono trovale la loro giusta collocazione spazio-temporale in modo razionale.
Comunque è vero che il racconto non aggiunge nulla alla saga, ma anche in questo caso sono convito che sia giusto così, la storia del Ka-tet di Roland è già stata scritta, il cerchio si è chiuso (chi si ricorda il finale ultimo del settimo libro capirà cosa intendo ).
La storia di Tim ha il fascino, il ritmo e le situazioni della fiaba, davvero una grande prova di scrittura per chi non deve dare nessuna prova delle sua capacità come King.
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